Zlatan Ibrahimovic, il leone ruggisce ancora
Negli ultimi sei mesi ho giocato senza un legamento crociato al ginocchio sinistro. Ginocchio gonfio per sei mesi. Sono riuscito ad allenarmi con la squadra solo 10 volte negli ultimi sei mesi. Ho fatto più di 20 iniezioni in sei mesi. Svuotato il ginocchio una volta a settimana per sei mesi. Antidolorifici ogni giorno per sei mesi. Ho dormito a malapena per sei mesi a causa del dolore. Mai sofferto così tanto dentro e fuori dal campo. Ho reso possibile qualcosa di impossibile. Nella mia mente avevo un solo obiettivo, fare i miei compagni di squadra e allenatore campioni d’Italia perché gli ho fatto una promessa. Oggi ho un nuovo crociato e un altro trofeo.
Questo lo sfogo personale di Zlatan Ibrahimovic riportato dal Corriere dello Sport. Per vincere uno scudetto è risaputo che bisogna remare tutti dalla stessa parte. Dal magazziniere a finire al Presidente. In mezzo c’è un mondo. E quando in mezzo a quel mondo è presente un calciatore dello spessore di Zlatan, allora si può star certi di essere in ottime mani. Ibra, uomo squadra, uomo spogliatoio, uomo. Molto si è detto, si dice e si dirà di lui, perché personaggi simili faranno sempre parlare di sé anche quando si congederanno dal terreno di gioco. Non sembra per ora essere il caso dello svedese che ormai 40enne, ha ancora voglia di dare spettacolo. Lui, che sembra aggiungere vita agli anni e non anni alla vita.
Il Benjamin Button del nostro calcio. Malmo, Ajax, Juve, Inter, Barcellona, Milan, Psg, Manchester United e Los Angeles Galaxy, sono le squadre dove Ibra ha militato, regalato spettacolo e giocate da vero fuoriclasse. Oltre ovviamente alla sua Nazionale. Dopo aver influenzato positivamente il calcio americano, Zlatan sente il bisogno di cambiare aria. Come i veri guerrieri, sa che un’altra missione lo attende e che da qualche parte nel mondo, c’è una squadra che ha bisogno di lui. E chi più del Milan necessita di essere salvato dopo la pesante sconfitta per 5-0 in casa dell’Atalanta? Bussola orientata verso Milano e si parte. Quell’anno i tifosi rossoneri troveranno sotto l’albero di Natale un regalo assai gradito.
È il 27 dicembre del 2019 giorno in cui il Milan annuncia di aver trovato un accordo con Zlatan Ibrahimovic per un contratto di sei mesi, con opzione di rinnovo per un ulteriore anno. L’intesa verrà poi formalizzata il 2 gennaio 2020. Da quel momento il Diavolo esce dall’inferno e riconquista la sua anima perduta in chissà quale girone. “Riporterò il Milan dove merita e quindi a vincere il campionato”. Detto fatto. Due anni dopo quella dichiarazione la promessa è stata mantenuta. A quanto pare nel calcio sembra che più ti danno del “bollito” e più l’effetto che si ha è totalmente l’opposto. Ma Zlatan si sa non ha mai dato importanza alle chiacchiere, lui preferisce i fatti. Fatti che lo vedono segnare, regalare assist ed essere decisivo nel momento del bisogno. Ai più esperti però non sarà sfuggito un dettaglio.
L’Ibra calcisticamente “egoista” che pensa solo alla giocata e a se stesso, ha fatto posto all’uomo squadra che non si lascia più ingolosire dal gol, ma con le sue “magie” manda in porta i compagni. Quando arrivi nel pieno della maturità calcistica, spesso è il momento di appendere gli scarpini al chiodo. Non per Zlatan che ha saputo collocare dentro sé, come il pezzo perfetto di un puzzle, l’animo da ragazzo ribelle e l’uomo. Quest’anno ha giocato appena undici partite da titolare in campionato segnando otto gol. Dalla fine di gennaio non è mai stato nell’undici di partenza causa ripetuti infortuni.
Il corpo, macchina perfetta, più passano gli anni e più tempo ci mette per recuperare. La maturità sta anche nel saperlo ascoltare. Ma uno come lui sa essere decisivo anche fuori dal campo. Sempre pronto a trascinare i suoi e lo stesso Pioli. “Tranquilli non smetto” e infatti non ha mai smesso. Come il leone che ha tatuato dietro la schiena, Zlatan Ibrahimovic ha ruggito spronando i compagni e dandogli la giusta carica. Ha preso per mano i giovani Theo, Leao e Tonali e li ha fatti diventare grandi. Ha ricordato ai veterani cosa significa combattere per la maglia che si indossa. Ha caricato Pioli, sempre “on fire”, ma che da essere umano avrà avuto anche lui i suoi momenti di debolezza. Ha fatto sognare il popolo milanista. Ora è tempo di ricaricare le pile. Ma una cosa è certa, un vincente non si dimenticherà mai come si vince.
Elisa Licciardi