Zlatan Ibrahimović , ospite fisso della kermesse musicale,
ha dato spettacolo mettendosi in gioco con ironia
Verrebbe da dire: “E anche sto Sanremo, ce lo siamo tolto…”
Continuate voi, se volete.
Fatto sta che il Sanremo delle mascherine, del distanziamento, delle poltrone vuote (speriamo il primo ed ultimo in modalità Pandemia), ha regalato parecchi spunti di riflessione che, in barba alle solite polemiche che accompagnano la tradizionale manifestazione musicale (da ben 71 anni!), si presume si porteranno avanti ancora per un bel po’.
Tra la conduzione 2.0 di Amadeus e Fiorello, l’avvicendarsi di sera in sera delle co-conduttrici, gli ospiti, le mise sgargiati, le performance eccentriche, i fiori donati “anche” agli uomini (cosa peraltro carinissima), ha rappresentato un’assoluta novità la presenza fissa di Zlatan Ibrahimović.
Accompagnato ad ogni suo ingresso sul mitico palco dell’Ariston dal brano “Jutro Je” di Nada Topcagic, con un fare da “STABILIAMO SUBITO CHI È CHE COMANDA”, Ibra, già dalla prima sera, ha mostrato una candida sobrietà.
Con il suo cognome accorciato piazzato sulla giacca a mo’ di marchio di fabbrica, col capello tiratissimo che nemmeno la migliore ballerina avrebbe saputo fare meglio per realizzare il classico chignon con la retina…
…Con quella faccia un po’ così e quell’espressione un po’ così (da Zlatan, appunto), e con una gara di nasi persa in partenza (“Non sempre si può vincere”, cantavano i Rokes) contro l’imbattibile Amadeus, l’attaccante del Milan, trentanovenne instancabile padrone e dominatore assoluto del campo, si è saputo far valere anche sull’insolito palco ligure.
Ok, è stato più anni in Italia rispetto a Ronaldo, ma almeno parla in maniera molto comprensibile, col tocco di inclinazione slava che non guasta.
Presenza scenica imponente, da buon leader e catalizzatore di attenzione quale è sempre stato, non si è risparmiato.
Tra siparietti con i due vulcanici conduttori, un’azzeccatissima e astutissima mossa degli autori è stata quella di far interpretare a lui e all’altro campione di origini ex-jugoslave Siniša Mihajlović la mitica ed intramontabile “Io vagabondo” dei Nomadi
(Dio benedica l’ironia e il sarcasmo e condanni sempre ogni forma di intolleranza e razzismo!).
Ancora, l’incredibile avventura per tornare a Sanremo da Milano, l’essere stato “rimorchiato” da un motociclista nel mezzo di un ingorgo stradale dovuto ad un incidente ed essere accompagnato da quest’ultimo in quel di Sanremo, appunto, con tanto di testimonianza dell’improvvisato (e fortunato) centauro.
Tra battute interpretate col suo solito fare da “Se te lo dico io, è così e non si discute”, risposte secche, essenziali e ad effetto, l’uso del termine Ibra per parlare di sé, e il toccante monologo nella serata finale, Zlatan ha catalizzato la scena, con la sua personalità dirompente, capace a tratti di offuscare i presentatori, con una imponenza statuaria invidiabile, risultando addirittura simpatico a chi magari è sempre apparso come troppo egocentrico.
Per carità, sarà anche vero, ma si sta sempre parlando di un grande campione, di uno che ha vinto, di uno che ha girato tante squadre in tutto il mondo e visto e vissuto tante realtà.
Ci sta che porti il suo essere e il suo “essere diventato” in un contesto in cui, oltre alla musica, si fa tanto ma tanto spettacolo e lui, pur non essendo un uomo di spettacolo nell’accezione classica, è e rimane senza dubbio un personaggio.
Tornando al monologo dell’ultima serata, Ibra ha esternato qualcosa che a molti sembra apparentemente non appartenergli: l’umiltà.
Quel “Se sbaglia Zlatan puoi sbagliare anche tu. La cosa importante è fare ogni giorno la differenza. Ognuno di voi – nel suo piccolo – può essere Zlatan”, ha avuto forte eco in un teatro vuoto ma pregno di emozione.
Uno sprono a fare la differenza nonostante i fisiologici errori.
Non si è infallibili, nemmeno Ibra lo è stato o lo è.
E magari nei momenti di sclero, si potrà anche urlare in stile Aiello ma poi si deve fare la differenza pe diventare un vincente, per esserlo.
Ok Ibra, partecipazione approvata.
Magari la prossima volta una giacchetta meno impegnativa ma sì, sei stato bravo, e alla fine, sicuramente, ci sarà stato più di uno che avrà pensato: “Però, lo facevo più insopportabile!”.
Simona Cannaò