Wenger, un amore lungo 22 anni

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Il calcio è strano, può succedere tutto e il contrario di tutto. La cosa più immediata, poiché più attuale, che viene da pensare nominando Arsene Wenger sono  le proteste ormai troppo note alla cronaca dei Gunners a secco di trofei “Importanti” da tanto, troppo tempo. Un macigno diventato troppo pesante per essere ancora tollerato perché a tutto c’è un limite, pure alla sopportazione e alla benevolenza. I tifosi questi tanto intransigenti, eppure neanche così biasimabili se solo si badasse a quanto tempo sia passato da quando l’Arsenal ha alzato il suo ultimo trofeo e se a tanto patimento si addizionano dati di stretta attualità: un’esclusione dalla Champions per la prima volta da quando il signore in questione sedeva su quella panchina, un’attuale posizione in classifica che determina una seconda esclusione dalla competizione e una stagione troppo altalenante e discontinua per poter essere ritenuta, nel complesso, una buona annata. Almeno finora; perché i Gunners, malgrado una stagione al di sotto delle aspettative e degli auspici sono ancora in corsa per l’Europa League nonostante i difficili matches (tra andata e ritorno) contro l’Atletico Madrid di Simeone in semifinale. Forse pensandoci, magari, non tutto è scontato e non tutto è perso e magari uno sguardo al passato, al di là degli inflazionati “Wenger Out”, stanchi biascichi di chi sente l’esigenza di rinnovamento, c’è un passato che vale la pena osservare, per rispetto e per amore di quello che è ed è stata la storia del calcio moderno.

22 anni fa, ottobre 1996 approdava all’Arsenal uno sconosciuto Arsene Wenger, un 47 francese fino ad allora alla guida del Nagoya Grampus, club giapponese con il quale è stato necessario contrattare parecchio prima di ottenerlo. L’Arsenal, era una squadra “boring” che non entusiasmava a prescindere dai risultati, mancava bellezza, divertimento e un pizzico di genio. Bisognava cambiare osando: Da lì è divertimento, da lì è Wenger, da lì è storia.

11 Titoli in 9 anni

Record:

1422 panchine, 2722 punti in 22 stagioni inglesi è:

L’allenatore più longevo e vincente dell’Arsenal.
Il secondo allenatore straniero, insieme ad Ancelotti, ad aver realizzato un double
L’allenatore ad aver vinto più Coppe d’Inghilterra
L’unico mai sconfitto, per 49 partite consecutive e per una stagione intera
L’unico ad aver perso una finale di UCL, Coppa delle Coppe e Coppa Uefa.

Wenger l’innovatore

Al Monaco, al quale è stato allenatore prima di trasferirsi in Giappone, aveva scoperto George Weah.
Quando arriva in Inghilterra, il calcio britannico non conosceva altre soluzioni al 4-4-2 passando, tra i sospetti dei colleghi e di chi lo osservava, al 4-3-3  l’apertura a diversi moduli tra cui il modernissimo 4-2-3-1. Il suo era un calcio che doveva puntare a divertire non soltanto a vincere. Non solo agonismo ma anche divertimento.
Puntò, anche in questo caso osservato con diffidenza, su giocatori stranieri quali Thierry Henry che rivalutò dopo un’esperienza non così memorabile alla Juve, Petit, Vieira, Van Persie, Bergkamp rivalutato dopo un’esperienza all’Inter simile (o quasi) a Henry. Lanciò Fabregas ma soprattutto capì l’importanza dei numeri nel calcio e la possibilità, diventata necessità di studiare il calcio attraverso i dati per affinare strategie, giocare bene e vincere. L’esplosione di innovazione che sconvolse il calcio britannico che però, con il tempo, finì per essere vittima di se stessa.

 

Anche i grandi si smarriscono

Il ciclo vincente, quello del massimo Wenger e dell’imprendibile Arsenal, definiti i Gunners non a caso “Invincibili”, si interrompe sul più bello e proprio nella sua terra, da lì Arsene Wenger non sarà più lo stesso, né la sua Arsenal. Da quella finale persa, restando forse il più grande rammarico della sua carriera, Wenger alla guida dei Gunners vince altre 3 FA Cup 2013/2014, 2014/2015; 2016-2017 e 2 Community nel 2015 e 2017. Le due Community Shield vinte recentemente non sono bastate a placare gli animi dei tifosi che, lontani dal trono d’Inghilterra da ormai 14 anni non ce l’hanno più fatta a sostenere il loro leader, quel giovane pieno d’ideali che li ha resi grandi e l’altro ieri, all’annuncio del suo ritiro, tanti di loro hanno esultato come una liberazione da un tiranno d’altri tempi, arrivato da liberatore e crocifisso da dittatore, reo di non riuscire o non voler abbandonare lo scettro o semplicemente la sua gente, non da perdente almeno. Ma c’è un tempo a tutto e talvolta la rinuncia è essa stessa una vittoria e la decisione è presa, e tutto questo è ormai passato. E’ passato, scritto e memorabile, ma pur sempre tale; lo è l’Arsenal degli invincibili, lo è la prima Premier vinta nel ’98, il tempo degli applausi e dei plausi, è tempo di pensare al futuro e il futuro, quello più imminente si chiama Simeone, per scrivere un altro pazzo e utopico pezzo di storia per chiudere un’epoca di cui, domani, tutti noi saremo nostalgici.

Wenger lascia l’Arsenal dopo 22 anni: Cosa ne pensano i colleghi

 

Egle Patané