“Ricordate tutte le volte che avete detto “non vedo l’ora”?
Ecco, l’ora è arrivata”
Detto e ridetto, ripetuto così tante volte da sembrare inverosimile, eppure Vecino quel 20 maggio a Roma l’ha presa davvero; quello scatto dell’esultanza diventata icona è l’emblema di un’impresa aspettata sei lunghissimi anni e mai realizzata davvero, almeno fino alle 19.00 di ieri quando dagli altoparlanti del Meazza è tornato a suonare l’inno della Champions e a centrocampo sventolava il pallone stellato.
Chi ha scritto quest’inno merita solo stima.
E i tifosi dell’Inter lo onorano sprigionando un “The Champions” tenuto dentro per troppo tempo #InterTottenham pic.twitter.com/Th0rBFzf6U
— Renato Maisani (@RenatoMaisani) September 18, 2018
A inizio stagione dicevamo partire lì da dove ci eravamo interrotti, da quel giorno in cui prima Icardi, poi Vecino decisero di rendere onore ad una promessa. Europa sia. La sconfitta casalinga con il Parma necessitava una scossa e l’esordio in UCL non poteva che essere quello giusto se non fosse che il primo impegno prevedeva un appuntamento con una delle squadre più attrezzate della Premier, il cui centravanti ha aggiunto di recente al CV il trofeo di miglior marcatore del Mondiale. Ma l’Inter doveva dimostrare a se stessa quanto meritava di essere lì e quanto davvero fosse diventata grande: il Tottenham sarebbe potuto e dovuto servire per una ri-partenza, sotto tanti punti di vista.
Il timore era quello di caricare la partita di troppa pressione psicologica in senso ottimistico del termine, caricando troppo le aspettative sul campo e fuori sbilanciandosi troppo in avanti, abbassando la guardia e finire ad insaccare gol e delusioni come contro il Parma ma molto peggio. L’Europa è un’altra storia, direbbero i nonni, e il primo tempo inizia con piede e atteggiamento giusto, più Inter che Tottenham: i padroni di casa mantengono alti pressione e baricentro, chiudono bene gli spazi e possesso tramite rapidi movimenti del pallone, concedono poco agli inglesi che si difendono dalle incursioni. Dovendo fare di necessità virtù a causa delle indisponibilità di D’Ambrosio e Vrsaljko, Spalletti schiera Skriniar come esterno difensivo di destra che spesso si accentrava mentre dal lato opposto Asamoah spinge in avanti fungendo anche da assistman.
Nella ripresa è il Tottenham ad entrare meglio rispetto all’Inter che necessita di rifiata dopo aver sprecato tantissimo nella prima parte della partita. Al 53′ Eriksen su assist di Lamela sblocca il match spiazzando l’Inter che ne stava comunque avendo qualcosina in più senza però riuscire a segnare. Dopo il gol, i ragazzi di Spalletti subiscono anche un contraccolpo psicologico sembrando cedere il passo agli Spurs che per un po’ prendono le redini della partita mentre l’Inter si perde in qualche disordinata e convulsa ricerca di se stessa. Agli occhi sbarrati di Spalletti che teme un Sassuolo 3.0 urlando “Radja” con l’incredulità di stare in svantaggio e il nervoso di chi non riesce ad accettarlo pretendendo una reazione, risponde Mauro Icardi.
In campo stabilità ed equilibrio venuti meno dopo il gol si ristabiliscono con l’inversione di Keita e Candreva entrati rispettivamente al posto di Politano e Perisic ed entrambi fuori posizione alle prime battute. All’86’ Vecino innesca un contro-attacco nerazzurro, da centrocampo scarica su Asamoah a destra che dal limite dell’area vede Icardi rimasto arretrato, piazzato totalmente libero e lo serve regalandogli uno smoking da indossare per il primo appuntamento. Il capitano nerazzurro si presenta all’Europa con una bordata da fuori area a volo che supera Vorm, riapre le danze e risveglia dal torpore la sua Benamata.
Icardi segna, l’Inter si riprende: cavalcando l’onda dell’entusiasmo continuano le incursioni e al 92′ guadagnato corner, dalla bandierina va Antonio Candreva che la spedisce in area dove trova la testa di De Vrij che la allunga trovando ancora una volta, incredibilmente la testa di Matias Vecino che, così come quel 20 maggio in cui decise che l’Inter ci sarebbe dovuta essere, la (ri)prende (ri)spedendola in porta e facendo esplodere San Siro.
Che esordio: si presenta a volo Mauro Icardi
Il capitano nerazzurro ha disputato un ottimo primo tempo durante il quale ha esibito un Icardi atipico, muovendosi insieme alla squadra, arretrando in fase di copertura senza mai andare troppo sull’uomo ma disturbando continuamente la linea difensiva, pronto a scattare o ad attirare su di se i difensori e aprire qualche varco, veloce, attento e a servizio del gruppo. Abbassati i ritmi nella ripresa si muoveva con minor duttilità arretrando meno rispetto ai primi 45 minuti cercando di risparmiare fiato ed energie, specie dopo l’uscita dal campo di Perisic suo miglior alleato.
Se c’è qualcosa che manca al Capitano nerazzurro per essere un vero top player, quel qualcosa è proprio l’esperienza in ambito internazionale e infatti Maurito per la prima volta ieri mise piede in Champions League, quella leggendaria isola del tesoro ove un qualunque calciatore sogna di giocare. “La differenza tra l’esserci e non la sanciscono i gol, gli stessi che il capitano nerazzurro non era ancora riuscito a segnare in questo inizio di stagione”. Mai perdonatogli i vari episodi sprecati la scorsa stagione, spesso si è detto tanto di lui, rimproverandogli quella freddezza ad intermittenza che veniva meno quando non avrebbe dovuto. Si è detto tanto su di lui specie adesso che l’Inter fatica a decollare nell’avvio di stagione che sarebbe dovuta essere quella della svolta, ancora a 0 reti segnate, l’imminente apocalisse era presagita da molti, ma gli interisti capaci di imprese straordinarie lo sono persino rovinare le feste ai più e dopo quattro giornate di astinenza e venticinque anni di attesa, il centravanti argentino ha esordito in Europa nel migliore dei modi possibili, con un gol meraviglioso e superando se stesso (l’anno scorso Icardi, in 29 reti segnate non ha mai realizzato un tiro in porta da fuori area). E mentre c’è chi pensa che ha già fatto flop prendendolo al fantacalcio, Mauro sorride non si cura di loro ma guarda e passa.
Tutto sembra improvvisamente magico, l’inverosimile diventa realtà tangibile e incontrovertibile e gli uomini che a Roma consegnarono a Spalletti l’Europa ancora una volta si impongono leader-guida indiscussi di questa Champions che oggi non è più un sogno ma realtà.
E allora sì, la partita di ieri sera è stata l’eccezione che ha confermato la regola e nel match in cui a scendere in campo c’erano i grandi, sono stati i piccoli ad essersi imposti da grandi e persino Harry Kane, salvo un guizzo che ha fatto sussultare la nord al 35′, ha dovuto ridimensionarsi davanti a Skriniar e De Vrij e ad un solito silenzioso ma attento Joao Miranda, (malgrado la parziale dose di colpa sul gol di Eriksen).
E allora Inter, time is over, l’attesa è finita: Icardi la apre, Vecino la chiude, Inter welcome back, you are here!
Egle Patanè
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