I bambini non si toccano se non con le ali dell’amore, con le carezze dell’anima e la dolcezza delle parole.
Ma qualcuno pare se lo sia dimenticato. O forse non lo ha mai saputo. Qualcuno che probabilmente non ricorda di essere stato bambino, o più semplicemente qualcuno a cui non frega niente di tutto ciò.
Non ci sono parole né altri termini degni da poter riportare su un articolo di giornale per poter definire senza cadere nell’offensivo più estremo un uomo che di umano non ha niente.
Perché non si può definire uomo, né tanto meno umano qualcuno che arriva a offendere rasentando la pedofilia, un esserino innocente e puro, la cui unica colpa è quella di essere figlia di un giocatore di una squadra avversaria.
Quanto successo a Ciro Immobile e a sua moglie Jessica è quanto di più meschino, orribile, osceno si sia mai letto fra tutte le offese rivolte alle famiglie di calciatori.
Ma non è l’unico caso. “Soltanto” l’ultimo di una lunga storia di esempi di un tifo malato, malsano, vile, che va intaccare l’innocenza e il candore dei bambini.
Ricordiamo sgomenti gli insulti ignobili rivolti al bambino di Leonardo Bonucci, piccolo guerriero che ha superato una brutta malattia.
Ricordiamo gli impietosi insulti a chi non è più con noi. Come se offendere Astori, le vittime dell’Heysel o di Superga rendesse più figo sui social e più divertente insultare le squadre avversarie.
Quando in realtà non si rivela altro che la pochezza (dis)umana, lo scempio di un gioco che non si può più definire tale.
Il calcio di oggi è diventato un gioco al massacro, ma anche lo specchio di una società sempre più allo sbando. E di un mestiere, quello del giornalista sportivo che ha toccato il suo punto più basso. E di non ritorno.
Si definisce infatti aspirante giornalista Pasquale Alessandro Dell’Apa, la persona che ha rivolto quelle frasi pesantissime a Immobile. Un “presunto collega” che dovrebbe solo raccontare il gioco più bello del mondo, ma che invece oggi l’ha fatto diventare ancora più brutto.
Sarebbe bello parlare con i bambini che eravamo e chieder loro cosa ne pensano degli adulti che siamo diventati.
(Juan Felipe Gabanhia)
Chissà se dopo la giusta gogna mediatica suddetto Pasquale se lo stia domandando…
Giusy Genovese