Jesolo, fra le vittime Riccardo Laugeni tifoso biancoceleste con il mito d Milinkovic Savic
Lo stadio, luogo di urla e di sorrisi. Di ritornelli e di sfottò. Di abbracci e di gioia.
Come diceva Albert Camus, “non c’è un altro posto del mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio”.
Qualche giorno fa invece lo stadio Renato Davanzo di Musile a Jesolo si è vestito a lutto. Nessun sorriso, nessuna gioia, nessuna felicità.
Ma quattro bare bianche a ricordarci la fugacità del tempo, la brevità della vita.
E la bestialità del genere umano.
Quattro giovani vittime di una tragedia che si poteva evitare se solo chi l’ha causata avesse usato un po’ di buon senso.
Quattro giovani nel pieno della loro vita. Nel pieno dei loro amori e delle loro passioni. Una di queste il calcio.
Passione che gli amici hanno deciso di portare avanti, come ha scritto Giorgia, l’unica sopravvissuta, al suo Riccardo.
Ciao amore, realizzerò tutti i tuoi sogni, fino a quando ci rivedremo.
Uno dei sogni di Riccardo era conoscere Milinkovic Savic, il suo idolo e così gli amici si sono spinti fino ad Auronzo di Cadore, dove è in ritiro la squadra, per farsi firmare una maglia dal calciatore.
La maglia è stata poi appoggiata sulla bara del ragazzo.
Le persone non muoiono immediatamente, ma rimangono immerse in una sorta di aura di vita che non ha alcuna relazione con la vera immortalità, ma attraverso le quali continuano ad occupare i nostri pensieri nello stesso modo di quando erano vivi.
Marcel Proust