Home Primo Piano Tra gioie e dolori, ecco il 2016 del Milan

Tra gioie e dolori, ecco il 2016 del Milan

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Il nuovo anno è ormai arrivato tra festeggiamenti, rimpianti e valutazioni su questo 2016 che  ci ha appena lasciato. Quando un anno finisce, tutti si chiedono come sarà quello nuovo, se sarà migliore oppure no. Sicuramente è meglio guardare avanti, soprattutto se gli ultimi 365 giorni non ci hanno dato grandi soddisfazioni. Diverso è il discorso se l’anno che sta morendo è partito male e finito bene, perché è di buon auspicio per quello che sta nascendo. Tutte queste “regole” vanno bene nella vita, ma nel calcio? Vale lo stesso, perché se una squadra inizia male e termina bene, si galvanizza per l’anno successivo in vista degli impegni in programma. L’esempio del Milan calza a pennello. Se valutiamo l’andamento dei rossoneri dall’inizio dell’anno, troviamo un settimo posto e 28 punti alla fine del campionato, che ha significato niente Europa. Al timone Brocchi, che a giugno ha deciso di lasciare Milanello alla ricerca di fortuna altrove. I tifosi infuriati, hanno fatto sentire la loro rabbia con striscioni di protesta verso chi, secondo loro, è il principale colpevole del disastro: la società.

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Come se non bastasse, la stagione del club meneghino è stata caratterizzata dalla fine dell’era Berlusconi dopo 30 anni con l’ingresso in società dei cinesi.

Dopotutto era quello che tutti volevano e chiedevano. Un nuovo inizio, che ha portato anche il cambio della guardia in panchina con l’ingaggio di Vincenzo Montella. Ed ecco la svolta. Si perché l’allenatore napoletano, oltre a una ventata di novità e freschezza, ha portato in società anche passione e la ritrovata voglia di vincere, che ha permesso ai suoi ragazzi di volare nelle prime posizioni in campionato e di battere la prima della classe, la Juventus nella finale della Supercoppa Italiana.

Insomma, tutto fa ben sperare nel futuro perché il Milan giovane e italiano che ci ha fatto sognare negli ultimi mesi, è pronto per continuare la scia positiva degli ultimi mesi e perché no, aprire un ciclo.

Barbara Roviello Ghiringhelli

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