Secondo cannoniere della Serie A, terzo classificato per il CIES, miglior giocatore del nostro campionato: è la storia di Paulo Dybala, sempre criticato ma sempre tra i migliori
Per il secondo anno su tre in bianconero, Paulo Dybala è il cannoniere della Juventus. Ventidue le reti realizzate, secondo alle spalle della coppia ex aequo formata da Mauro Icardi e Ciro Immobile. Ventisei le reti totali, se si contano anche le altre competizioni.
Il tutto in mezzo a un campionato che lo ha visto più volte accomodarsi in panchina e fuori dai giochi per quarantacinque giorni a causa di un infortunio muscolare; in mezzo alle critiche pesanti di chi lo ritiene inadatto a giocare nel modulo prescelto quest’ anno da Massimiliano Allegri, alle sarcastiche affermazioni di tutti coloro – bianconeri compresi – che non si accorgono di come Paulo Dybala, soprattutto in questa stagione appena conclusasi, non abbia pressocché mai ricoperto il ruolo di attaccante.
Ventidue reti realizzate da centrocampista, un po’ come quel Michel Platini che centrocampista lo era sul serio (con caratteristiche assolutamente differenti dall’argentino), ma col vizio del gol, contrariamente a Paulo che invece nasce attaccante puro, animale da area, sebbene con fattezze atipiche che lo rendono estremamente versatile – e parimenti ingovernabile. E che malgrado qualsiasi tentativo di trasformazione, resta e resterà un attaccante.
Non se ne sono accorte le platee bianconere, che hanno eletto “MPV of the Year” il suo connazionale Gonzalo Higuain reduce invece da una stagione al di sotto delle sue reali possibilità ; non se n’è accorto granché Massimiliano Allegri, che lo ha messo a girare in mezzo al campo per tutto l’anno sbattendolo un po’ qua un po’ là, nell’attesa che Paulo Dybala si trasformasse in un Tevez 2.0.
Cosa che ovviamente non è avvenuta, perchè tra l’ “Apache” e la “Joya” vi è un abisso; perchè Paulo Dybala è un attaccante molto più simile a un pezzo di seta che a un tessuto sintetico. Per quanto intelligente e dotato di visione di gioco, il Diez ha una priorità assoluta, una sorta di droga: il richiamo, per lui impossibile da ignorare, della porta.
In compenso si è accorta di lui la Lega Serie A, che lo ha eletto il miglio giocatore del campionato maggiore.
Si è accorto di lui anche il CIES, l’osservatorio calcistico secondo il quale l’argentino, in una classifica stilata tra cento giocatori appartenenti ai maggiori cinque campionati europei, si è classificato al terzo posto: un podio di tutto rispetto (ma anche di orgoglio), che apre un perenne quesito a riguardo della Joya.
Un quesito che da tanto aleggia: là dove aspetti una consacrazione, arriva la bocciatura; fino a quando lui non ti stupisce ancora con qualcosa di incredibile. Quello che fa non basta mai: l’asticella sale sempre più in alto. Sempre. Sempre diviso tra una promessa incompiuta e un Eletto di difficile comprensione: salvo quando tira fuori dal suo inesauribile cilindro creazioni così perfette da abbattere qualsiasi forma verbale.
Fortunatamente alla Lega e al CIES c’è qualcuno che sa leggere l’insieme, che sa valutare in base a numeri che la piazza non possiede, che studia l’apporto di un giocatore al di là del singolo gol solitamente preteso da chi sul profilo ha la connotazione “attaccante”. Ci sono persone che osservano, scrutano i movimenti, le cuciture, le illuminazioni che portano un calciatore a costruire un percorso utile e redditizio anche quando non è sotto i riflettori della ribalta. Lavoro di sacrificio, eseguito anche oltre i limiti fisici talvolta, con risultati che se non sono brillanti come ci si aspetta – perchè un 10 deve sempre dare il massimo – si è pronti a castigare attribuendoli a una mancata personalità da leader che viene perennemente messa in discussione.
Al contrario, il gioiello bianconero è dotato di una personalità così spiccatamente singolare che non si può dirigere, nè imbrigliare facilmente. Una personalità che gli ha consentito di superare un vero e proprio terremoto socio-mediatico tra novembre e dicembre, quando non si parlava di altri che di lui.
Ben lo ha compreso Sampaoli, che ha esordito dapprima con una bocciatura, poi ha deciso di provare a trasformare l’anomalia in ricchezza per l’ Albiceleste. Difficilmente invece lo comprenderà il tecnico bianconero, nella sua incorreggibile testardaggine di trasformare i suoi uomini in qualcosa d’altro da ciò che la natura ha preconfezionato. Senza comprendere che nell’ animo del ‘dieci’ è insediato un bimbo che ama troppo disubbidire e che, per sua sfortuna ma per nostra salvezza, continuerà a farlo.
Paulo Dybala, al termine di un campionato in cui più di una volta è stato considerato come un ostacolo, è risultato invece una risorsa. E adesso, tra quanche settimana, comincerà la sua avventura al Mondiale di Russia, con buona pace di tutti quelli che ancora oggi non lo ritengono un top player.
Creare un tale scompiglio di opinioni, nel calcio come nell’arte, è tipico solo di chi siede (o siederà, un domani) nell’Olimpo dei più Grandi.
Daniela Russo
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