Il presidente Tavecchio ha rassegnato le dimissioni che devono rappresentare una svolta per il futuro del calcio italiano
La mattinata in Via Allegri, sede romana della Federcalcio, è stata movimentata. Nessuno si aspettava che dopo appena un minuto dall’inizio del consiglio federale, il presidente dell’Aia, Marcello Nicchi sarebbe uscito dando la notizia che molti, in Italia, reclamavano. Colpo di scena, la notizia è arrivata, il presidente Carlo Tavecchio si è dimesso. Lo ha fatto leggendo un messaggio, poi si è alzato e se n’è andato.
“Sono rammaricato. Vado via perché ho perso. Mi scuso con tutti gli italiani…”
Dopo un intervento commosso ha lasciato l’incarico e ha chiesto le dimissioni di tutti i consiglieri. Richiesta prontamente accolta che ha indotto il presidente del Coni Giovanni Malagò, ha annunciarne il commissariamento per mercoledì.
“… Le ambizioni e gli sciacallaggi politici hanno impedito di confrontarci sulle ragioni di questo risultato e ho preso atto del cambiamento di atteggiamento di alcuni di voi”.
Con queste parole si evince che l’ ex presidente ha preso tale decisione quando ha capito che non aveva più i numeri perchè anche la sua Lega Dilettanti gli aveva voltato le spalle.
In carica dal 2014 e riconfermato il 6 marzo di quest’anno, finisce così l’era Tavecchio. Fatale l’esclusione dell’Italia a Russia 2018 che ha portato il paese a richiedere “la testa” del sovrano -dopo quella del tecnico da lui scelto- ma anche, per fortuna a delle riflessioni.
“Testa del re” equivale a rivoluzione: questa serve al calcio italiano. A gran voce un popolo che vive di questo sport reclama un sistema nuovo e uomini nuovi capaci far tornare il calcio ad essere lo sport del quale ci siamo innamorati: le dimissioni di Tavecchio devono essere l’occasione per voltare davvero pagina.
Caterina Autiero