Non solo l’Italia…
Non solo lo Stivale mostra limiti e lentezza nell’accettare fino in fondo l’esistenza del calcio femminile, tanto da avere remore nell’equipararlo (a livello di diritti, investimenti, contratti…) a quello maschile.
Parliamo tanto e da tanto di professionismo. Una parolina magica che, dopo il Mondiale di questa estate, è stata pronunciata a più parti (da chi come Bertolini lo rivendica giustamente fino a chi ha il compito di agire) … siamo in trepidante attesa che qualcosa accada…
Ma, non è un problema solo del nostro Bel Paese.
Anche in Spagna le calciatrici vivono una condizioni di “svantaggiate”.
E così, si è arrivato allo scontro.
Da una parte le società, dall’altra le atlete che richiedono un contratto nazionale che dia loro la possibilità di esser pagate per l’intera giornata lavorativa e non solo part time (sottolineando che si allenano, giocano e vivono il calcio e la maglia che indossano per l’intera giornata, come delle professioniste).
Siamo calciatrici tutto il giorno, e non per mezza giornata. Da quando ci alziamo a quando andiamo a dormire. Ci alleniamo, siamo sempre a disposizione per questioni promozionali, facciamo attenzione a ciò che mangiamo e beviamo, viaggiamo. Non siamo delle kamikaze nelle nostre richieste, ma vogliamo essere riconosciute per ciò che siamo: calciatrici al 100%.
Alle parole di Ainoa Tirapu, dell’Atletico Madrid, rispondono i club che dal canto loro affermano che l’adeguamento contrattuale comporterebbe una spesa eccessiva per loro e così propongono un contratto al 50%.
Le parti si sono incontrate già 18 volte senza mai trovare un accordo e così…
Le calciatrici sono pronte a scioperare chiedendo un salario minimo e di essere riconosciute come atlete al 100%
Inizalmente lo sciopero era previsto a dicembre ma la decisione di usare il ‘pugno duro’ già da questo novembre è arrivata in seguito a una riunione che ha avuto luogo in un albergo alla quale hanno partecipato 200 calciatrici che hanno firmato un manifesto di protesta.