“Siamo i custodi di una memoria, lo facciamo per amore”: intervista a Iuliana Bodnari

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In occasione di Fiorentina-Juventus abbiamo voluto dar voce a Iuliana Bodnari che cura, isieme al marito Rossano Garlassi, il “Comitato per non dimenticare l’Heysel” di Reggio Emilia

Si avvicina Fiorentina-Juventus. Si comprende purtroppo dai cartelli sparsi in giro per il capoluogo toscano, che inneggiano tristemente alle povere vittime della tragedia dell’Heysel, con quel -39 a mo’ di proclama ignaro del sangue, delle lacrime, del dolore di cui si fa carico. Un gesto scellerato che va avanti da anni ormai senza che si riesca a sradicare, a eliminare. Accomunato al semplice sfottò calcistico, ma che di ironia ha solo quello della sorte di tutte quelle sventurate persone, travolte dalla follia di un gruppo di hooligans nella notte del 29 maggio 1985.

Per l’occasione abbiamo dato voce a chi ogni giorno si batte affinché si porti rispetto alla memoria di quel sanguinoso evento: Iuliana Bodnari che, insieme al marito Rossano presiede il “Comitato per non dimenticare l’Heysel”, con sede a Reggio Emilia.

Iuliana, come nasce l’idea e la realizzazione del Comitato?

“Il Comitato nasce nel 2007, per salvaguardare il Monumento alla Memoria dell’Heysel. Una singolare opera d’arte realizzata da un artista fiammingo, Gido Vanlessen, e presentata  durante i Campionati del Mondo del 1990 a Verona, città che ospitava il Belgio. La particolare scultura, che ricalca i piletti dello stadio Heysel, fu poi esposta a Reggio Emilia in memoria di Claudio Zavaroni, concittadino rimasto vittima quella maledetta sera del 1985. Non avendo il Comune la possibilità di acquistare l’opera, ci pensarono le Cooperative di sinistra: fu così che il Monumento trovò definitiva collocazione di fronte allo stadio Mirabello, nel 1991″.

Voi però entrate in scena nel 2007…

“Sì. Dopo tutti quegli anni all’ aperto, esposto a pioggia, vento, neve il monumento era completamente rovinato. Ci sono voluti due anni soltanto per farci ricevere in Comune e mettere le autorità con le spalle al muro. Mio marito ed io ci siamo fatti carico di tutte le spese di ristrutturazione -il Comitato infatti non ha alcuno scopo di lucro- e il 1 Novembre 2008 abbiamo celebrato la prima commemorazione”.

Come è cresciuto il Comitato?

“Soprattutto con la partecipazione della gente. Le persone sono attirate dall’unicità del monumento, dalla particolarità che inevitabilmente chiama visite e curiosità, e per questo ce ne prendiamo molta cura: nel 2013 abbiamo persino realizzato una copertura per la neve (per la pioggia è un po’ più complicato, perchè penetra comunque). L’attenzione deve essere sempre vigile: basta anche solo una coccarda bianconera dimenticata a offrire il pretesto di danneggiare l’opera.  Quando abbiamo aperto la pagina Facebook, la generosità dei tifosi ci ha sorpresi e emozionati: nel giro di due anni erano rientrate tutte le nostre spese! Noi avevamo preventivato con ottimismo cinque anni…”.

Cosa si può fare per evitare situazioni come questa recentissima di Firenze?

“Noi cerchiamo sempre di sensibilizzare l’attenzione delle autorità. In questo caso ho inviato una mail al Sindaco di Firenze, per chiedergli di intervenire affinché l’episodio non si ripeta. Addirittura per le strade di Firenze c’erano turisti che chiedevano informazioni ai cittadini riguardo ai cartelli con i numeri delle vittime, non è una cosa normale. La verità è che se non si è colpiti da vicino dalle tragedie, queste non si capiscono. E’ disumano usare la morte come un semplice sfottò calcistico, è una cosa che mi addolora profondamente”.

Veramente esistono tifosi che non conoscono la storia del 29 maggio?

“Sì, può sembrare assurdo ma anche tra gli stessi tifosi della Juventus! Per questo è importante il lavoro di tutela e di conservazione della memoria, un lavoro fatto con amore. Bisognerebbe vederli, i familiari delle vittime. Bisognerebbe vedere la mamma di Claudio Zavaroni che non manca mai a una commemorazione: suo figlio, un appassionato fotografo, lottò fino alla fine per cercare di salvare qualcuno nella ressa, ma quando crollarono le transenne fu travolto. E identificarlo per la famiglia fu un’agonia: aveva l’abitudine di girare sempre senza cartà d’identità…”.

E’ stata veramente una maledizione per la Juventus quella serata?

“La verità è che quello che è accaduto poteva succedere a qualunque squadra: l’anno precedente, durante Roma-Liverpool, dopo che un tifoso inglese fu accoltellato gli ultras giurarono vendetta. E così è stato: purtroppo è capitato alla Juventus. Queste tragedie devono essere ricordate non per deridere, ma per capire che quando viene a mancare la sicurezza pubblica la rovina è dietro l’angolo, per tutti. E’ quello che cerchiamo di trasmettere soprattutto ai più giovani”.

Che rapporto avete con la società Juventus?

“Prima della dirigenza di Andrea Agnelli, non abbiamo mai neanche osato interpellare la società. Per la triade, ad esempio, il tema Heysel era considerato un tabù. E’ stato solo con l’avvento di Andrea alla presidenza che è iniziata una comunicazione: per il venticinquesimo anniversario della tragedia ci ha invitati alla commemorazione a Torino, noi non potendo mancare alla nostra abbiamo mandato dei membri. Ogni anno per il 29 maggio ci invia una lettera che leggiamo in pubblico e dei fiori; inoltre ci ha donato diversi gadget firmati dai giocatori da vendere alle aste, partecipando così in qualche modo alle nostre spese. E’ stata importante questa apertura: sinceramente, il silenzio della Juventus osservato in passato ci aveva fatto male”.

Partecipate a altre iniziative simili alle vostre?

“Partecipiamo a ogni evento, manifestazione o altro che ricordi le vittime dell’ Heysel: è un modo per conoscere e comunicare sempre di più. A Meda, in diverse occasioni è andato in scena un monologo teatrale molto toccante dal titolo ‘ Heysel, tutti sapevano tranne loro’. L’intento è sempre lo stesso: tutelare la memoria. Oggi dimentichiamo troppo facilmente, tutto passa a grande velocità e non vogliamo più fare lo sforzo di ascoltare, di leggere. Ma la memoria è troppo importante: bisogna proteggerla, quasi coccolarla”.

Parole piene di rispetto, di sensibilità  e consapevolezza quelle di Iuliana. Una donna che ha capito il dolore a contatto con i familiari, che lotta per fare in modo che questo dolore non sia infangato, irriso e prostituito su cartelloni in giro per le strade di una città. Perchè lo ha detto lei stessa: soltanto noi possiamo essere  gli amorevoli custodi della memoria.

Daniela Russo