Ha dell’incredibile quanto succede sui campi di Serie A e se tutto sembrava essersi delineato, gli esiti dei match della 33’ giornata abbattono muri di certezze e, spiragli di luce trapelano dalle crepe. C’è chi ritrova la speranza, chi la ripone via e chi non intende mollare perché al 15 maggio mancano ancora cinque giornate.
Matematica di parte, la Vecchia Signora può quasi definitivamente sedersi sul trono d’Italia per la quinta volta consecutiva; anche quest’ anno, nonostante la partenza decisamente tardiva, il podio è bianconero. Come disse Vucinic a riguardo a inizio campionato, i cavalli si valutano a fine corsa. Chiaroveggenza? Sensazioni? Consapevolezza? Fatto sta che alla sua Juve le sue parole portarono fortuna ed eccoli lì i bianconeri, dopo mezza stagione di assenteismo, a un passo dal podio, “Allegri” e spensierati. Non si lasciano impensierire più, ormai, visti i 9 punti di vantaggio sul Napoli.
Il Napoli ha gettato la spugna (?!?) Una delusione grande una città intera se non, addirittura, un’ intera nazione. Era il 30 novembre 2015 quando, gli azzurri di Sarri hanno fatto capolino, per la prima volta, in vetta alla classifica. Ci aveva pensato il solito, immenso Higuain a stoppare e scavalcare l’allora capolista Inter e incendiare la miccia di un sogno durato 18 giornate. Il Bologna aveva riportato i partenopei con i piedi per terra ma non era bastato lo stop rossoblù a fermare la corsa azzurra e, complici le disfatte casalinghe dei nerazzurri contro Lazio e Sassuolo, il titolo di Campioni d’inverno era precipitato in un batter baleno da nord a sud e ai piedi del Vesuvio l’ilarità più generale sfociò in festa, una festa attesa 26 anni. E furono caroselli. La rimonta della zebra aveva però allarmato i partenopei e il trionfo della Vecchia Signora a Torino ha sfumato di bianco e nero il tricolore. Inversione di marcia: da sud, l’ago del tricolore pare iniziasse ad indicare Torino ma gli azzurri non ci stanno e se c’è una cosa che non fa parte dell’indole napoletana è la resa. Tutto vano, però, perché a gettare al vento gli sforzi, i sacrifici, il lavoro, lo spettacolo, il sogno di un’intera stagione ci pensa il Pipita; proprio lui, l’uomo più determinante della serie A, l’uomo dai più svariati gol, l’uomo diventato idolo al punto da essere designato come degno erede di Maradona: perde la testa; commette fallo e Irrati estrae il secondo giallo, espulso. Higuain non ci sta abbandonandosi in una nevrotica e nervosa protesta nei confronti del dirigente di gara. Pena la squalifica di 4 giornate, ridotte a 3: Higuain salta la sfida contro il Verona, salta la sfida di San Siro e salterà anche la prossima gara contro il Bologna.
Il cerchio si richiude. Lì da dove tutto è iniziato, tutto è finito; tutto, compreso il sogno scudetto. Se la sconfitta di Udine era stata sintomatica di uno scudetto che si allontanava, la dolorosa conferma è arrivata a Milano ed è inflitta proprio dalla stessa squadra che, dopo essersi fatta strappare la vetta, frantuma in mille pezzi, quasi definitivamente, il sogno scudetto.
I nerazzurri di Mancini, dopo aver rischiato di rovinare la festa partenopea al San Paolo nella gara di andata (complici due pali) e dopo aver trionfato ai quarti di Coppa Italia (sempre al San Paolo), entra in campo con la voglia di rivalsa. Caduta tante, troppe volte, l’Inter decide di rialzarsi; a prendere le redini del gioco ci pensa il capitano, l’imprescindibile numero 9, il ragazzino viziato, come in molti lo descrivono, e avido di gol, il 23enne forse troppo piccolo e immaturo (dicevano) per sopportare il peso di una fascia che trascina con sé i ricordi di un capitano diventato un supereroe, se non della Marvel, sicuramente di Milano e di San Siro. Se Zanetti era superman, l’uomo dal ciuffo sempre intatto e dalla velocità inarrestabile, Maurito (seppur di un pelino, o meglio di un mezzo ginocchio, oltre la linea) si veste da Spiderman e a 180 cm d’altezza aggancia uno splendido lancio lungo servito da Medel e la mette dentro; 1-0 Inter. A rendere tutto più epico tocca, non a caso, al numero 77 Marcelo Brozovic che, su assist di un attentissimo Icardi, scavalca Reina con un pallonetto angolato, raddoppio Inter, partenopei in stop: #Epicbrozo.
C’è chi dice che l’Inter di sabato sia stata una delle migliori Inter della stagione, se non addirittura la migliore, chi invece, rimbalza la tesi sottolineando lo spirito con il quale ha giocato la gara di andata, la forza e la tenacia del ritorno di semifinale di Coppa contro la Juve, l’attenzione nel match in casa contro la Roma e l’altrettanta scrupolosità con la quale si è andati all’Olimpico. Insomma, questa Inter fornisce tanti segnali positivi che lasciano auspicare in una stagione migliore di quella in conclusione, confidando altresì in un finale che possa ripagare quanto di bello fatto nella prima parte di campionato.
Il trionfo sui partenopei tinteggia, quindi, di leggera malinconia Appiano Gentile: Mancini, sul quale sono piovute pesanti e perpetuate critiche circa la costruzione di gioco, le scelte tattiche, l’organizzazione della squadra, la mentalità, il gruppo, e chi ne ha più ne metta, ha dimostrato quanto cinico e volenteroso possa essere l’organico di cui dispone e, i rimpianti stanno proprio in questo: chissà come sarebbero andate le cose se la squadra non fosse caduta proprio sul più bello, quando da blindare c’era, se non lo scudetto, almeno la qualificazione in Champions. Qualificazione che però non sembra, a questo punto, una visione estremamente utopica considerate le bizzarrie del calcio. La vittoria di sabato è una nota positiva in questo senso; lascia entrare piccoli barlumi di speranza e chissà che non sia un buon incentivo a lottare. Perché come in curva nord è solito dire #Dobbiamocrederci.
Se Mancini grida ai suoi di lottare pur mantenendo il senso della realtà, a far sognare un tantino in grande i tifosi nerazzurri ci ha pensato la Roma. O meglio, l’Atalanta. Il pari a Bergamo, pari conquistato grazie all’ormai quasi ex Capitano, ha fatto infuriare Spalletti che pretendeva la vittoria, necessaria ad accorciare sul Napoli e allungare sull’Inter che, invece vola -4. Si complica la situazione a Trigoria: alle porte, infatti, seppur in sfide casalinghe ci sono Torino ma soprattutto Napoli che, peraltro, disporrà di Higuain e cercherà a tutti i costi la vittoria per sopperire ai punti persi nelle ultime partite e per non lasciarsi ferire ancora una volta nell’orgoglio. I punti interrogativi sono tanti, le incognite da svelare altrettante e i nodi da sciogliere ancor di più; dopo la partita di ieri, infatti, Spalletti non esprime elogio alcuno al Capitano, asserendo, al contrario, che il gol del pareggio non è affatto nulla di straordinario se non lo svolgimento di un compito che gli spetta di dovere. I tifosi non la pensano esattamente allo stesso modo e un’ulteriore scissione in casa Roma è ormai avvenuta: da un lato i sostenitori di Spalletti, dall’altro coloro che, storicamente, rendono omaggio al proprio capitano schierandosi dalla sua parte.
La lotta alla conquista dell’Europa, però non si esaurisce ai primi quattro posti, la Fiorentina sentitamente riconoscente al Consigli meno in forma di tutta la stagione, vince per 3-1 sul Sassuolo nella giornata più nera del campionato per gli emiliani. I viola tornano a sorridere e accorciano sui nerazzurri che, vincendo sabato, si erano portati a +5; la vittoria contro gli emiliani riduce le distanze e a -2 dagli uomini di Mancini, Sousa cerca di ingranare la marcia nel tentativo di un sorpasso. Dopo sei giornate aride di pieno risultato e prive, appunto, di bottino, ci pensa il magico Ilicic ad incantare il suo pubblico per poi raddoppiare con Alonso. Il resto è affidato alle mani, o meglio, ai piedi di Consigli che più che stupore, desta clamore e shock. I viola guadagnano terreno in zona Europa e seminano il Milan indietro 7 punti.