Quando Paulo Dybala approdò alla Juventus, ormai quattro anni or sono, molti dei bianconeri con qualche anno di tifo i più sulle spalle riscontrarono una stretta similitudine tra le movenze della Joya e quelle del grandissimo Omar Sivori, storico connazionale del giovane di Laguna Larga.
Tanto che il dieci venne ribattezzato anche “Sivorino”.
A oggi, mi dico, che non c’è nulla in comune tra Paulo e Omar: ma attenzione, il mio è un giudizio totalemente avulso da paragoni tecnici e tattici.
Paulo Dybala ha lasciato – come oramai tutti sappiamo, visto che da giorni non si parla d’altro – con qualche minuto d’anticipo il campo durante Juventus-Parma, recandosi negli spogliatoi prima degli altri. E ne conosciamo anche il motivo. Lungi da me, in questa sede, riportare l’indisponente risposta di Massimiliano Allegri a chi ha chiesto il perché di questo gesto, o tantomeno imbastire una tavolata fatta di moralismi diretti a Paulo stesso.
Sì, perché quei moralismi, quella voglia di creare un caso continuo sul numero dieci, mi fanno sorridere.
Mi fa sorridere la portata di un volto scuro alla sostituzione, di una ‘fuga’ di disappunto negli spogliatoi per un mancato ingresso in campo, paragonati alle continue pretese che vengono avanzate a Dybala dal suo allenatore, che nel giro di un anno e mezzo ne sta mettendo pericolosamente a rischio la carriera.
La Joya è sbattuta a desta e a manca come una trottola impazzita, e noi stiamo qui a montare su un caso, se – di tanto in tanto e in maniera molto ovattata – accenna a qualche protesta, a qualche ribellione.
E allora mi piacerebbe veramente immaginare Omar Sivori, col suo carattere di fuoco e con le sue sfuriate, cosa sarebbe stato capace di fare in una tal situazione.
Inviterei tutti a andare a rivedere i vecchi filmati in cui Omar, espulso, si rifiutava di uscire dal campo lasciandosi andare in una – buffussima – scenetta tanto che poi alla fine dovette intervenire Charles a farlo ragionare ( con uno schiaffo!). Oppure racconterei di quella volta in cui a microfoni si schierò palesemente contro Herrera, a sua detta incapace di condurre la Juventus.
Questo era Omar Sivori, ma aveva a che fare con un altro mondo e con altri media.
Oggi non guardiamo mai dall’altra parte, ma da quella che ci fa più comodo guardare.
Certi atteggiamenti in Sivori sono stati simbolo di forza, di carattere, lo hanno reso tanto amato – o anche tanto odiato – e ne hanno infine fatto l’ “Angelo dalla faccia sporca”, che come tale è passato alla storia del calcio. Seriamente ci scandalizziamo e puntiamo il dito verso chi fa solo la centesima parte di quello che potrebbe – o dovrebbe – fare?
Forse, non sarebbe male se anche Paulo si sporcasse la faccia d’angelo, ogni tanto. Forse – e sottolineo forse – sarebbe meglio, se fosse veramente come Omar Sivori.
Daniela Russo
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