Il Manchester City di Pep Guardiola sembra ormai un ricordo lontano della squadra che dominava in Inghilterra e in Europa fino a pochi mesi fa. I quattro titoli consecutivi in Premier League, il triplete storico e la Champions League conquistata nel 2023, sembrano ormai fatti di un’altra epoca, come se appartenessero a una squadra che non c’è più. Ma cosa sta accadendo al City? Come è possibile che, dopo aver raggiunto l’apice del calcio mondiale, i campioni d’Inghilterra si trovino ora nel bel mezzo di una crisi senza fine?
Novembre è stato senza dubbio il mese più buio della gestione Guardiola, un periodo che l’allenatore catalano non aveva mai conosciuto nella sua lunga e vittoriosa carriera. Mai prima d’ora aveva affrontato una serie di sconfitte così pesanti, e per la prima volta la sua squadra sembra incapace di reagire. Se il periodo natalizio fosse contraddistinto dal panettone come in Italia, Pep rischierebbe di non assaporare nemmeno una fetta di dolce in questa stagione. Eppure, per uno come lui, l’idea di un esonero resta ancora un’ipotesi lontana. Piuttosto, Guardiola sembra determinato a trovare una soluzione a questa crisi, ma sembra che il rimedio non sia così facile da trovare.
I motivi della crisi
La caduta del Manchester City è avvenuta in maniera improvvisa e imprevista. La squadra di Guardiola è passata dalla vetta della Premier League, pronta a consolidare il dominio inglese per la quinta stagione consecutiva, all’eliminazione per mano del Tottenham in Carabao Cup, senza nemmeno lottare fino alla fine. Era il 30 ottobre quando il City ha subito il primo campanello d’allarme, ma inizialmente molti avevano ignorato quel passo falso, pensando che si trattasse di una semplice battuta d’arresto. Nulla di grave, si diceva. In realtà, quella sconfitta ha segnato l’inizio di una discesa verticale che sta segnando uno dei momenti più bui non solo del club degli ultimi anni, ma dell’intera carriera dell’allenatore spagnolo.
Ad oggi i numeri parlano chiaro. Il Manchester City ha perso 5 partite consecutive in tutte le competizioni. La situazione è diventata insostenibile, con una crisi che non accenna a fermarsi. Non solo i campioni d’Inghilterra non vincono da settimane, ma il pareggio ottenuto contro il Feyenoord in Champions League, dopo essere stati in vantaggio di tre reti, è stato il colpo finale. Guardiola, visibilmente provato, si è presentato in conferenza stampa con la testa coperta di graffi, come a voler simboleggiare le ferite profonde che il suo City sta subendo. Per fare un paragone crudo, se San Marino ha trovato una vittoria in novembre, il City non ha fatto lo stesso. Le statistiche sono impietose: tre sconfitte in Premier League, a -8 dalla vetta occupata dal Liverpool. E proprio con i Reds domenica ci sarà un importante scontro diretto ad Anfield.
La domanda che tutti si fanno è quale sia la causa della crisi della squadra e se l’assenza di Rodri sia il motivo principale del momento di difficoltà del City. È vero che lo spagnolo è l’elemento che dà equilibrio e solidità a questa squadra, ma ridurre la crisi del City alla sola mancanza del Pallone d’Oro sarebbe troppo semplice. È chiaro che l’assenza di Rodri ha avuto un impatto importante, ma non può essere ricondotta solo a lui.
Gli infortuni sono certamente un altro fattore determinante. Guardiola ha dovuto fare a meno di giocatori fondamentali come De Bruyne, Grealish, Doku, Savinho, Akanji e addirittura Stones e Ruben Dias, con la difesa che ha subito ben 17 gol nelle ultime 6 partite, un dato da incubo per una squadra che è sempre stata abituata a non concedere nulla. Senza di loro, il City ha sofferto tanto, ma la gestione di Guardiola in questa crisi è stata tutt’altro che perfetta. L’impianto di gioco è rimasto quello abituale, senza quel necessario adattamento che avrebbe potuto aiutare a colmare le lacune. La squadra è diventata prevedibile, vulnerabile e ha sofferto enormemente nei momenti di difficoltà, mostrando una fragilità mentale a cui nessuno era abituato. E forse la parola “abitudine” ha una rilevanza importante nella crisi. I giocatori del City non sono abituati a dover gestire così tante sconfitte e così tanta pressione negativa, e di fatto quest’ultima componente rappresenta una novità in casa Manchester e soprattutto nella testa della squadra.
Anche l’attacco è entrato in crisi. Haaland, nonostante i suoi 17 gol stagionali in tutte le competizioni, sembra essere sempre più isolato, senza un vero supporto da parte dei suoi compagni. Il collettivo, infatti, è incapace di creare occasioni da gol come nel passato. Foden è fermo a soli 3 gol, mentre Grealish non ha ancora trovato la via della rete in questa stagione. Ma forse l’errore più grande di Guardiola è stato quello di non rimpiazzare adeguatamente Julián Álvarez, ceduto all’Atletico Madrid per cercare maggiore spazio. L’argentino, che al City era stato la perfetta alternativa ad Haaland, ha già segnato 9 gol in campionato e coppe con i Colchoneros, mentre il City ha perso un punto di riferimento importante in attacco.
Il Manchester City è una squadra che sta attraversando una fase critica, e Guardiola è consapevole che il suo futuro potrebbe dipendere dalle prossime settimane, se non già nei prossimi giorni con lo scontro con il Liverpool. I continui passi falsi possono compromettere non solo il titolo in Premier League, ma anche la stagione nel suo complesso. La domanda che ora tutti si pongono è: cosa deve cambiare per evitare che questa crisi diventi irreversibile? Staremo a vedere.
Martina Giuliano
*Immagine in evidenza presa dai canali ufficiali del Manchester City