E’ scandalo nel calcio femminile afghano coinvolto in presunti abusi sessuali inflitti alle giocatrici da allenatori e dirigenti federali.
“Fammi vedere quanto sei bella perché
solo le ragazze splendide faranno parte della squadra”
Pare sia questa la frase ripetuta alle atlete, afagane ricattatate.
A scoperchiare “il vaso di Pandora” è Khalida Popal, ex capitano della Nazionale che parla di un vero e proprio sistema che coinvolge i vertici del calcio nazionale.
Il «responsabile del calcio femminile» e il «vice allenatore», allungavano le mani, minacciavano, comandavano e soprattutto si chiudevano nelle camere d’albergo con le ragazze.
Non una voce fuori dal coro ma l’inizio di una serie di conferme da parte di altre calciatrici.
Le sue parole hanno dato coraggio a altre colleghe che hanno denunciato i soprusi subiti confermando di essere state costrette a offrire il loro corpo come merce di scambio per giocare nella Nazionale.
Khalida Popal ha riferito di aver denunciato anni fa alla Federazione le violenze subite da alcune sue compagne ma “invece di essere puniti o rimossi i responsabili sono stati promossi”.
Quelle che hanno tentato di denunciare pare siano state escluse dalla squadra con l’accusa di essere lesbiche o è stato proposto loro un nuovo accordo per giocare gratis e senza possibilità di ricevere sponsorizzazioni.
La FIFA indaga e nel frattempo in Afganistan il caso ha coinvolto a macchia d’olio tutto lo sport nazionale, come se l’abuso sessuale verso le sportive di sesso femmnile fosse la norma.
Triste ma vero, #MeToo, è un qualcosa che non ha ambito circoscritto ma si fonda sul sesso visto come dominio e potere… di una donna vista come oggetto e corpo da barattare…
Le donne però non si arrendono e, quelle afgane sono scese in campo per giocare una delle gare più importanti.
Caterina Autiero