Il buon Renato Zero cantava nella celebre “Il triangolo”:
“Quale eventualità, trovarmi una collocazione…”
Che collocazione ha Sarri nei cuori, nella testa e nei fegati dei suoi ex e/o attuali adepti!?!?!
Arrivato a Napoli dall’Empoli, con un esonero nientepopodimenoche dal Sorrento, il buon Maurizio fu accostato al ben più illustre sconosciuto Carneade.
Primo anno, secondo posto.
Secondo anno, terzo posto.
Terzo anno, secondo posto, sempre dopo la prima della classe.
E non parliamo di Champions League e compagnia cantante (esclusa la breve e infelice parentesi dell’Europa League).
Un quasi anonimato che, pian piano, diventa apprezzamento e poi amore.
Quell’amore passionale e carnale che una piazza come Napoli riesce a trasmettere continuamente e fortemente.
Quel gioco-videogioco meraviglioso, unico nel suo genere, conquista fan e detrattori della prima ora.
Nasce il Sarrismo, nuova filosofia del pallone e non solo
Napoli è così, coriacea nel bene e nel male.
Finisce il ciclo con tanta amarezza e per motivi che solo il buon Maurizio e The Presidentessimo, Aurelio De Laurentiis sanno.
Campionato nuovo, club nuovo: il Chelsea.
Soldi, potere, prestigio, blasone.
Sarri mette il giocattolo in valigia e va.
E ad oggi, oggi oggi, ovvero fine aprile, si appresta a giocare una semifinale di Europa League ed é quarto in Premier League, a 24 punti dal Manchester City, con il quale ha pareggiato nell’ultimo match, dopo essere andato in svantaggio.
Annata non costante per risultati e rendimento; forse quel giocattolo non piace alla rosa dei Blues e ai tifosi che, severi giudici, rispondono ai nostalgici sarristi partenopei che lo rievocano, con un perentorio “Riprendetevelo e dateci Ancelotti“.
Roba da spalti, ovvio, ma si ha il sospetto che per il buon Maurizio sarà questa l’unica stagione in quel di Londra.
Chi vivrà, vedrà… Certo l’Europa League metterebbe una pezzona sul buco della Premier ma anche lì c’è da attendere… il campionato inglese è sorprendente e gustoso come il cioccolato fuso all’interno del tortino spolverato di zucchero a velo.
Simona Cannaò