Maurizio Sarri da un anno a questa parte vive un momento d’oro. Ma non ha ancora imparato a curare l’estetica…
Non è certo uomo che guarda le sottigliezze Maurizio Sarri. Chi lo conosce dai tempi del Perugia e dell’Alessandria può confermare: il tecnico del Napoli non è uno che facilmente “passa alle cose formali” (per citare una frase oggi assai di moda). E’ un concreto, uno per il quale la strada per vincere non conosce raffinatezza né convenevoli.
Però bisogna anche considerare alcuni aspetti. La genuinità va bene, come anche essere diretti: tanti allenatori vincenti lo sono stati e lo sono tutt’oggi. Il punto è che una squadra che mira alla vittoria del campionato, che esprime un gioco convinto e convincente, che riceve in Europa i complimenti di un certo Pep Guardiola, a un certo punto deve curare anche un po’ l'”estetica”.
Non chiediamo a Maurizio di smettere di fumare, e nemmeno di presentarsi in giacca e cravatta anche se pienamente convinti che il cambiamento di look non potrebbe che giovargli: ma evitare dichiarazioni circa l’orientamento sessuale dei suoi colleghi (chi ricorda la bagarre con Mancini?), frasi del tipo: “Il turn over? Masturbazione mentale italiana” o altre parimenti eleganti, qualche innocente scaccolamento (!) e un eccesso di scaramanzia che lo fa esordire con: “Mi gratto le …..” in piena conferenza stampa, questo magari sì.
Per non parlare poi dell’atteggiamento lamentoso sfoderato ampiamente negli scorsi campionati: non si può giocare a quest’ora, non si può giocare ogni tre giorni, non è possibile questo calendario, in Lega sono impazziti, eccetera eccetera. Ecco: da un allenatore Panchina d’Oro che guida la squadra capolista faremmo volentieri a meno di sentire affermazioni di tal genere.
Non è retorica la nostra: sappiamo bene che la sostanza conta, e Sarri sta ampiamente dimostrando le sue ottime capacità di guida sulla panchina partenopea. E’ piuttosto un “salto di qualità” non obbligato ma quanto meno richiesto, dal quale anche la stessa sua compagine trarrebbe un discreto beneficio a livello di immagine, soprattutto in un contesto europeo. E se è vero indiscutibilmente che l’abito non fa il monaco, lo è altrettanto che anche l’occhio (e l’orecchio) vuole la sua parte.
Daniela Russo
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