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Sarò con te, intervista al regista Andrea Bosello: “Ho voluto rappresentare la bellezza dello sport come occasione di solidarietà collettiva”

il regista Andrea Bosello ci ha raccontato com'è nato il progetto di Sarò con Te, quali erano le sue aspettative, com'è stata accolta l'idea in Casa Napoli e tantissimo altro

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Sarò con Te - Andrea Bosello

In occasione dell’anniversario del 4 maggio, è arrivato nelle sale cinematografiche Sarò con te, il film dedicato allo Scudetto del Napoli conquistato nella stagione 2022-23 e prodotto da Aurelio De Laurentiis.

Proiettato in oltre 150 sale in tutta Italia, Sarò con te è schizzato subito al primo posto al box office con oltre 850 mila euro d’incasso.

Contattato dalla redazione di Gol di Tacco a Spillo, il regista Andrea Bosello ci ha raccontato com’è nato il progetto di Sarò con Te, quali erano le sue aspettative, com’è stata accolta l’idea in Casa Napoli e tantissimo altro!

Ciao Andrea, benvenuto sulle pagine di Gol di Tacco! Vorrei iniziare la nostra chiacchierata partendo dai numeri pazzeschi di Sarò con te. Ci avviamo verso il milione di euro al box office. Ti aspettavi tutto questo calore quando hai deciso di metterti dietro la cinepresa?

Sapevo che avevamo una responsabilità e che ci eravamo presi un impegno importante: raccontare un’impresa attesa da un intero popolo per così tanto tempo. Sportivamente parlando, uno degli eventi più importanti nella storia di questa città. Era una considerazione che ha dato molta energia a tutto il team. Quindi mi aspettavo che avremmo avuto l’attenzione di molti, ma una risposta così straordinaria non poteva immaginarla nessuno di noi.

Quali sono secondo te i motivi di questo successo? Dati i numeri non crediamo che stiano andando al cinema solo i tifosi del Napoli. Forse gli appassionati di questo sport, considerato il periodo storico in cui viviamo, hanno bisogno di queste favole?

Io credo, ed esprimo solo il mio punto di vista su questo, che i tifosi veri del Napoli siano usciti dal cinema dicendo: “non me lo aspettavo così!”. Molti erano scettici e forse temevano un film di propaganda. Superato questo scetticismo il passaparola ha convinto gli altri a oltrepassare alcune diffidenze, visto anche il momento della squadra.

Perché il documentario pur celebrando l’impresa sportiva, vuole essere innanzitutto integro e onesto nel racconto dei fatti e soprattutto rappresentare, oltre la vittoria, la bellezza dello sport come occasione di solidarietà collettiva e unità tra le persone di ogni origine e ceto.

Questa cosa è avvenuta sotto i nostri occhi e forse nella fretta non ci siamo accorti di quanto importanti siano questi sentimenti in un momento dove il mondo sprofonda ogni giorno di più negli abissi dell’odio e delle guerre. Ma questa ovviamente è un’altra storia.

E a proposito di favole, cosa ti ha spinto a raccontare la splendida cavalcata del Napoli 33 anni dopo lo scudetto di Maradona?

Sono stato invitato a raccontarla da Luigi De Laurentiis dopo aver scritto una storia che spero veda la luce quanto prima: I sette anni di Diego a Napoli. Una vera epopea sportiva e culturale, visto che ormai quei sette anni sono scolpiti nella storia del calcio e della città.
Per me raccontare la storia dello scudetto dopo trentatré anni ha subito avuto un sapore speciale.

Io sono stato adottato dalla città proprio quando Diego vinceva il primo scudetto e le celebrazioni di quei giorni di maggio del 1987 sono state un’esperienza indescrivibile e sconvolgente per un bambino di 11 anni che veniva dal Friuli.

Dopo oltre venti anni di lavoro su film, serie tv, documentari di ogni tipo, potete immaginare che essere chiamato a produrre proprio questa storia sia stata un’emozione molto molto forte. Un cerchio che si chiude e una delle coincidenze più belle della mia vita professionale.

Sappiamo che Sarò con te è nato come progetto seriale. Puoi dirci qualcosa di più? Quali saranno le principali differenze?

La storia è stata concepita come una serie di 4 episodi. Le interviste sono state costruite e raccolte pensando a questa struttura, quindi le testimonianze sono molto più ampie e complesse di quelle viste nel film. Il film racconta la stagione del Napoli, dalla famosa frase del presidente “Faremo di tutto per riportare lo scudetto a Napoli” al finale d’obbligo con il capitano e la squadra che alzano la coppa alla fine del campionato.

Il film termina con questa grande vittoria e con le immagini dello stadio in festa. Non poteva essere altrimenti, si intuisce però qualcosa del futuro solo nell’immagine finale del doc, l’immagine che io amo di più, con Luciano Spalletti che attraversa il campo da gioco nel buio, incredibilmente da solo, quasi nascosto in un istante di tregua tutta per se stesso, in mezzo a una città letteralmente impazzita.

La serie va oltre questi confini, si allunga nel passato: la lunga gavetta per tornare in alto dopo il doloroso fallimento delle gestioni precedenti, le stagioni trascorse a tornare una squadra competitiva, quelle dove lo scudetto sembrava una chimera irraggiungibile, fatte di sconfitte cocenti a pochi centimetri dal traguardo. Infine la vittoria del 4 maggio, ma il finale è tutto dedicato al doloroso addio di Spalletti.

Il Mr che sceglie di andare via dalla città che lo ha reso immortale. Molti lo davano per certo, nessuno lo desiderava. Tutti lo hanno pianto. Chissà se riusciremo a spiegarne pienamente le motivazioni!

Come è stato accolto il progetto in Casa Napoli?

Con le naturali difficoltà di comprensione di un progetto di cui non si afferrano fino in fondo i confini e le finalità. Fare un documentario richiede un accesso ampio ed esclusivo ai luoghi più riservati. La squadra e l’area tecnica hanno patito un’ingerenza, lo dico con chiarezza, non è piacevole farsi osservare mentre sei in mutande con il cuore e i muscoli a pezzi dopo un’eliminazione dalla Champions, o dopo aver fallito il match point scudetto in casa, davanti a milioni di tifosi.

Sono momenti in cui ti senti l’elefante nella stanza dei cristalli. Però siamo andati avanti con la consapevolezza che i ragazzi avrebbero capito, in un secondo momento, solo dopo aver visto il film. Ci avrebbero capito anche perché abbiamo sempre avuto il massimo rispetto per questi atleti e il loro lavoro.

Il protagonista indiscusso è Spalletti. Cosa è riuscito a dare a Napoli e al Napoli rispetto agli altri tecnici?

Luciano Spalletti è una figura enigmatica e commovente. Ci sono tecnici più vittoriosi, tecnici più famosi dal punto di vista mediatico, ci sono personalità straordinarie come Guardiola, Klopp, Mourinho, ma nessuno raggiunge l’intensità e il pathos calcistico di quest’uomo. Con la sua sincera umiltà vorrebbe farsi passare per un uomo semplice, un uomo di campagna come lui stesso ama definirsi, ma in realtà è un carattere complessissimo, pieno di qualità e imperfezioni in contrasto tra loro.

Personalmente ho imparato tanto da Luciano e spero anche di avergli restituito qualcosa in cambio. Alla squadra ha trasmesso una forza stabile e serena, fiduciosa nei propri mezzi, come un padre che protegge e libera le energie migliori. A Napoli ha dedicato tutto se stesso, e in una maniera inedita. Un giorno Mimmo Carratelli, decano dei giornalisti sportivi napoletani, mi disse:Diego ha insegnato alla città ad essere se stessa, a non vergognarsi.Luciano ha insegnato alla città cos’è il sacrificio. La città lo sa e spero non dimentichi. Soprattutto le nuove generazioni devono prendere esempio anche da questo, nello spirito di un continuo miglioramento individuale e collettivo.

Il suo addio ti ha sorpreso?

Si mi ha sorpreso, io non sono un tifoso di calcio, ma dentro di me desideravo che rimanesse a Napoli per provare a vincere la Champions. Avevo questa convinzione fortissima. Dall’altro canto avvertivo i suoi sentimenti (i sentimenti di Luciano si avvertono nell’aria, è una caratteristica del personaggio) e non ho potuto che comprendere la sua scelta.

In Sarò con te a farla da padrona sono soprattutto i racconti dei calciatori. Quale ti ha emozionato di più e perché?

Tieni presente che di quei racconti sono stati montati pochissimi frammenti, ovviamente i più significativi, io li ho ascoltati tutti e sono decine di ore di dichiarazioni: ingenue, spontanee, impulsive, arrabbiate, commoventi, dolcissime e amare. I calciatori non sono abituati a questo tipo di linguaggio, vivono perennemente in un ambiente dove non possono esprimersi liberamente. Devono mantenere equilibrio nel linguaggio e nei contenuti di ciò che dicono, questo produce ogni domenica una serie interminabile di dichiarazioni fotocopia.

Non è facile uscire da quel solco per loro. E non è facile raccontarsi. Per noi ha richiesto un lungo lavoro di preparazione. A volte abbiamo colto nel segno e abbiamo liberato energie nuove, a volte non ci siamo riusciti. Fa parte del gioco. Personalmente avrei voluto passare più tempo con questi ragazzi, per riuscire a tirare fuori ancora più anima. Resto molto legato ai racconti di chi ha saputo comprendere che questo documentario era un’opportunità di comprensione ulteriore della propria vita come Simeone, Juan Jesus, Osimhen, Kvara, Anguissa, ma ne dimentico certamente qualcuno!

Parliamo dell’importanza dello spogliatoio…

Lo spogliatoio è un non luogo! Si espande, in appendici poco intuibili dai più, nella vita della squadra: lo spogliatoio parte in albergo, continua in autobus, si allunga durante il pranzo o la cena. Ognuno di questi momenti/rituali cementa il gruppo, ne chiarifica le energie, ne filtra i sentimenti.

E non vale solo per quelli che ovviamente scendono in campo. La presenza mentale di tutti, da Starace a Spalletti (dal magazziniere all’allenatore) è essenziale per l’intenzione collettiva finale.

Per concludere quale messaggio vorresti che il pubblico portasse con sé dopo la visione di Sarò con te?

Sogno tre cose: La prima che il pubblico comprenda la fatica e la determinazione di questi ragazzi giovanissimi, ne apprezzi l’umanità e la dedizione.
La seconda che comprenda anche l’impegno del nostro lavoro, fatto per restituire a tutti un’esperienza coinvolgente e autentica.

E poi che si diverta, si rallegri, si rattristi, insomma che viva un’emozione nuova attraverso le immagini, le musiche e il montaggio del film.

Il cinema, la sala, è fatto per vivere un’esperienza collettiva. Non aspettate di vederlo a casa, lì ci sono i telefoni che squillano, il divano che ti addormenta, la pubblicità che interrompe, diciamocelo una volta ancora, il cinema è un’altra cosa! A casa ci sarà tempo per godersi la serie che presto finiremo con tante novità esclusive! E come dice il Mr: forza Napoli sempre!

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