E’ alto un metro ed ottantanove centimetri, veloce a tratti velocissimo, abile, tecnico e ha una personalità importante quanto la sua stazza: a Roma se dici difesa pensi a Kostas Manolas.
Arrivato nella Capitale quattro stagioni fa, sembra esserci cresciuto per l’affetto che la gente nutre nei suoi confronti e per le manifestazioni di attaccamento alla maglia che lui ha saputo dimostrare. Lo stadio lo acclama, lui risponde sul campo: un colpo di fulmine capace di riconfermarsi di partita in partita e in grado di divenire ancora più luminoso quando i gol non li nega soltanto agli avversari ma li realizza.
Difficile, impossibile dimenticare la rete del 3-0 valida per il passaggio alla semifinale della scorsa edizione della Champions League contro il Barcellona.
Difficile dimenticare l’esultanza, quella corsa tra la gioia dell’Olimpico, ma ancora più difficile dimenticare le sue lacrime seduto in panchina, dettate dalla felicità, dall’incredulità, da una pressione trasformatasi in amore, il suo. Le stesse che tempo prima gli avevano bagnato il viso durante l’addio di Totti quando, irrimediabilmente, si è accostato ai suoi tifosi.
Per comprendere la sua crescita esponenziale in giallorosso, basta pensare che è stato acquistato il suo cartellino dall’Olympiacos nell’agosto del 2014 per 13 milioni di euro: oggi il suo valore è pari a 40.
Prima di arrivare a questi livelli in Serie A, Kostas è passato principalmente per tre squadre.
Dieci anni fa ha iniziato in Super League con il Thrasyvoulos per poi per due stagioni vestire la maglia dell’AEK Atene con la quale ha anche disputato le qualificazioni prima e le partite ufficiali poi in Europa League.
E’ nella stagione 2012-13 che con l’approdo all’Olympiacos sente per la prima volta la musica della Champions League, incosciente di come qualche tempo dopo e con una divisa dai colori differenti ne sarebbe stato protagonista. E’ sempre qui che vince due campionati greci e ripete il successo in Coppa dopo esserci riuscito con il precedente club ma, collezionate 74 presenze, per Manolas era giunto il momento di prendere un volo direzione Capitale italiana ed iniziare una parte importante della sua vita calcistica e non solo che dura da quattro anni con la Roma.
Dal suo arrivo sono cambiati ben tre allenatori, ha visto partire ed arrivare nuovi compagni di squadra e amici ma una cosa è rimasta inalterata: la sua centralità nella e per la squadra.
Centoottantatre presenze, otto reti e sei assist: queste le sue rese con la Roma fino ad oggi. Solamente ieri sera ha realizzato un altro gol importante in Champions League contro il Cska Mosca, sbloccando il risultato in un match che potrebbe svelarsi cruciale per la prossima qualificazione ai gironi.
Una presenza fissa la sua, salvo infortuni, per il tecnico, per chi gioca con lui ma anche per i tifosi che inconsciamente quando gioca e un avversario si lancia verso la porta pensano” tanto ci pensa Manolas”. Un presenza “scomoda” per gli avversari che sono costretti a giocarci contro perchè non è solo fisico ma anche corsa e tanta sostanza.
Dal febbraio del 2013 la nazionale maggiore della Grecia ha fatto di lui una certezza in 38 occasioni con una rete all’attivo.
Lo sguardo scostante che si scontra con le espressioni che lo caratterizzano in grado di raccontare un mondo, una corporatura che può intimorire ma un cuore grande capace di far breccia in quello dei tanti: lo idolatrano i tifosi, lo adorano i compagni. In fondo Manolas è un muro, difensivo, solo sul campo.
Chiara Vernini