Rino Gattuso e l’Hajduk Spalato: una storia di calcio e di profonda etica morale e professionale

Il tecnico calabrese Gattuso, primo in classifica con la squadra croata, dà al mondo del calcio una lezione di alto profilo umano e professionale

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Gennaro Gattuso

Gennaro Ivan Gattuso, classe 1978, calabrese purosangue che più purosangue non si può, professione allenatore ma prima ancora centrocampista, leader, campione d’Italia e d’Europa per club svariate volte, campione del mondo con la memorabile nazionale del 2006.

Gennaro Ivan Gattuso, per tutti Rino o meglio ancora “Ringhio”, è più di tutte queste cose sopra elencate, UN UOMO.

Negli anni in cui è stato alla ribalta come macinatore di chilometri in campo, si è sempre distinto per il suo forte temperamento, per il suo essere coriaceo, devastante in campo, guida e mentore per i compagni di squadra, lavoratore del pallone instancabile e proficuo.

Oggi che ha appeso da tempo ormai le scarpette al chiodo per passare alla panca, non ha di certo perso lo spirito guerriero che lo ha sempre contraddistinto.

A volte ruvido, forse burbero ma senza ombra di dubbio, sempre sincero, leale, reale.

Con la sua attuale esperienza professionale, quella sulla panchina croata dell’Hajduk Spalato, Gattuso sta facendo molto parlare di sé per due motivi.

Il primo, sicuramente riguarda l’andamento della squadra.
Otto vittorie su undici, squadra prima in campionato a sette lunghezze dalle avversarie.
Un cammino finora inarrestabile e trionfale che potrebbe, e noi lo speriamo, portare Rino a vincere il campionato.

Ciò che però, negli ultimi tempi sta catalizzando l’attenzione dei media, dei social e della stampa, è la situazione gestionale della società croata.

Ultimamente ci sono, infatti, problemi con gli stipendi dei giocatori e questa situazione di disagio e incertezza ha portato alle dimissioni del direttore sportivo Nikola Kalinic, ex compagno di squadra proprio di Gattuso ai tempi del Milan (stagione 2017-2018) e che aveva fortemente voluto il campione calabrese sulla panchina dell’Hajduk.

“Sarebbe facile mollare, lasciare ma deluderei i miei ragazzi. Ho deciso di rimanere e di continuare a combattere”.

Queste le parole di Gattuso alla fatidica domanda delle 100 pistole.

Gattuso è per tutti, nell’immaginario collettivo, in quello del calcio romantico, l’eroe senza macchia e senza paura che non teme tempeste.

E così lui, in mezzo alla deriva societaria, ha deciso di restare, di continuare sul campo e fuori, a sostenere i giocatori e a condurli ad alti traguardi.

Anzi, ha fatto di più: è notizia recentissima il dono da lui fatto ai giocatori di 35 iPhone.

E Rino non è certo nuovo nell’affrontare crisi societarie.

L’esperienza da allenatore del Pisa, portato dalla C alla B con la società a cui all’epoca mancava davvero tutto a livello perfino di rifornimenti per gli allenamenti, è la prova che Ringhio è stato ed è rimasto l’uomo con la U, quello che si dà, che si spende anima e corpo nella vita come nel lavoro.

Un esempio di altissima professionalità e senso del dovere che, in una realtà oggi molto tendente al vacuo, alla perdita dei valori sociali e civili, può rappresentare un esempio fulgido di correttezza, una spalla forte e solida a cui appoggiarsi in un momento di difficoltà.

Del resto, una capatosta è per sempre e, se noi conosciamo il famoso proverbio “Il lavoro nobilita l’uomo”, in questo caso si potrebbe pure fare un’eccezione e affermare che “L’uomo nobilita il lavoro”.

Simona Cannaò