La morte di Re Cecconi è una ferita ancora aperta per la tifoseria laziale perché avvolta da una fitta rete di misteri che a distanza di 40 anni non si riesce a sbrogliare. Il caso è stato archiviato come “tragica fatalità”, senza colpevoli, e molti continuano a definirla “morte stupida” oppure “morte senza un perché”.
Re Cecconi era uno dei simboli del primo storico scudetto della Lazio del 1974, ma prima di tutto era un bravo ragazzo che fuori dal campo era apprezzato per le sue caratteristiche umane. Era soprannominato “il saggio” perché criticava gli atteggiamenti un po’ goliardici dei suoi compagni di squadra; era soprannominato “angelo biondo” perché era amico di tutti.
Quel tragico evento del 18 gennaio del 1977 ha lasciato tutti sgomenti, perché avvenuto in un momento storico e sociale molto particolare, in cui la capitale viveva nel terrore di attentati e di assalti criminali. Ma la morte di Re Cecconi era estranea a queste situazioni malavitose, e se così fosse stato almeno ci sarebbe stato un perché per quella morte assurda.
Invece, dopo 40 anni, quel “perché” non c’è ancora e in pochi credono alla versione ufficiale dei fatti, secondo la quale il gioielliere Bruno Tabocchini ha sparato al centrocampista biancoleste per “legittima difesa putativa” pensando che fosse in atto una rapina nel suo negozio. In pochi secondi si è consumata la tragedia ma sono stati sufficienti per far sorgere una serie di dubbi: perché Re Cecconi avrebbe simulato una rapina? Perché Tabocchini non ha riconosciuto il centrocampista laziale nonostante fosse molto noto? E poi, quella frase incriminata “Fermi tutti … questa è una rapina” è stata pronunciata dal giocatore oppure no?
Queste domande tengono vivo il ricordo di Re Cecconi nel cuore della tifoseria laziale. Una morte improvvisa, prematura ed assurda che ha segnato indelebilmente la storia del club biancoceleste e che ogni anno ricorda il campione in questo triste anniversario.
Gisella Santoro