Quando la Fede diventa il dodicesimo… in squadra

Dal Trap a Baggio, passando per Kaka a Salas: la Fede entra nei campi di calcio, influenzandone in positivo la vita dei giocatori

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Ci sono i quasi apostoli, come Marcelo Salas: leggono la Bibbia, fanno apostolato, recitano i Salmi.

Ci sono i tiepidi, come Paolo Maldini e Dino Zoff: dichiarano di essere credenti ma di applicarsi poco, di non essere praticanti.

Ci sono i folgorati da una qualche illuminazione, come Claudio Taffarel: si convertono allo spirito abbandonando senza rimpianti il pallone.

Sono numerosi i calciatori e gli allenatori fedeli a una religione, cattolica ma non solo, che manifestano una qualche forma di religiosità anche in campo.

Alcuni pregano prima del calcio d’inizio, altri ringraziano con le mani alzate verso il cielo quando segnano un gol, altri ancora fanno il segno della croce quando entrano in partita.

Perché in fondo un’assistenza spirituale dall’alto è spesso invocata e sicuramente ben accetta.

Ne sa qualcosa Giovanni Trapattoni, il Trap per tutti, rimasto impresso nella memoria collettiva anche per la sua acqua santa versata a ogni incontro, sotto la panchina, un rito religioso e scaramantico al tempo stesso che, considerate le numerose vittorie, ha dato i suoi frutti (tralasciando quel Moreno del Mondiale 2002…).

Tra i primi ad aver fatto parlare di se per il cambio di religione (con l’approdo al Buddismo) ma non di fede è stato però Roberto Baggio.

I suoi compagni di squadra Di Canio e Schillaci furono sconvolti quando lo scoprirono in meditazione, scambiando il rituale per lamenti dovuti a problemi di salute.

Baggio medita ancora oggi, almeno un paio di ore al giorno, e dichiara: “Mi basterebbe vivere sempre come ora, con tutta la felicità che ho dentro. Non sono mai stato bene come ora, la mia condizione vitale è ottima, riesco a creare valore nelle cose che faccio”.

L’ex attaccante del Lazio e della Juventus Marcelo Salas è sempre stato fortemente religioso. Celebri le sue esultanze con un solo ginocchio a terra in segno di preghiera e riconoscimento. Tanto da dichiarare più volte di amare molto parlare con Dio e sin da bambino.

Ma la storia forse più significativa riguarda Claudio Taffarel.
Lo storico portiere brasiliano è noto in particolare per un episodio avvenuto nel 2003; Taffarel decide di passare dal Parla all’Empoli ma proprio quando è in viaggio verso la città toscana la sua auto va in panne.

Chiedo scusa alla Società e ai tifosi e perdono a Dio ma la chiamata all’Empoli e il guaio all’auto mi hanno fatto riflettere, ho fatto un esame di coscienza profondo e ho capito di aver chiuso con il calcio. Da ieri l’Empoli ha un tifoso in più”. Chissà come sarebbero andate le cose se l’auto lo avesse portato senza intoppi a destinazione…

Altrettanto significativa la vicenda di Kakà, campione Milanista e uno dei primi “Atleti di Cristo” (di cui vi diremo dopo). 

Arrivato al matrimonio vergine, il campione brasiliano ha studiato teologia per diventare pastore evangelico.
La motivazione di fondo della sua forte religiosità risale a un infortunio subito da bambino la cui guarigione fu definita “miracolistica” dai medici e gli consentì di diventare un professionista.

L’associazione no profit “Atleti di Cristo”, composta da sportivi professionisti di tutte le discipline che promuovono la cultura dello sport sano ed onesto e la conoscenza cristiana, ha tra le sue fila anche Nicola Legrottaglie, difensore cresciuto nel Chievo, che in seguito a una forte conversione alla fede cristiana ha visto la sua vita cambiare radicalmente.

Dio è gioia e rifugio. L’unica certezza che possiamo avere. E’ un padre a cui chiedere sempre aiuto” ha dichiarato.

Demetrio Albertini, uno dei maggiori registi tra gli anni ’90 e il 2000, non ha mai nascosto il suo essere credente.

Noto soprattutto per l’impegno a sollecitare i compagni ad abbassare il livello di bestemmie, tanto che se a qualcuno scappava qualche improperio si sentivano in dovere di chiedergli scusa.

Degna di nota anche la storia dell’attaccante Milienko Kovacic, deceduto alcuni anni fa in un incidente stradale, che per la fede aveva abbandonato il calcio: “Lo stile di vita che si pretende dai calciatori è lontanissimo dai miei valori cristiani”. Per questo motivo era tornato in Croazia: “Faccio il contadino, lavoro per la famiglia e prego il Signore. Ci può essere felicità più grande?”.

Concludiamo la nostra carrellata citando Abel Eduardo Balbo, attaccante argentino: “Ci sono colleghi che amano farsi vedere con modelle o rockstar mentre io parlo della Madonna. Capisco che non andrò mai di moda ma ciascuno ha il proprio stile di vita. E il mio, a me, va benissimo”. Amen.

Silvia Sanmory