Home Russia 2018 Ivan Perisic l’interista silente diventato eroe

Ivan Perisic l’interista silente diventato eroe

Perisic il nerazzurro silente, il cui nome non riempie gli spalti di San Siro, trascinatore nonché protagonista di un Mondiale. Quel campione diventato eroe, settimo nerazzurro a segnare in Finale.

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Arrivato all’Inter nelle ultime battute della finestra di mercato estivo nel 2015 dal Wolfsburg per un’operazione tra i 16 e 19 mln (con i bonus), operazione definita all’epoca “da buttare”. 

Al Wolfsburg aveva collezionato 21 gol e 17 assist in 88 presenze totali, utilizzato in diverse posizioni, è la corsia sinistra la sua zona prediletta: 14 reti e 14 assist su 55 presenze infatti le colleziona da ala sinistra, più del doppio le presenze a sinistra rispetto a quelle sul versante opposto, il doppio dei gol, e 12 assist di differenza.

In nerazzurro dal 2015 ad ora ha disputato 118 partite, segnato 31 reti e servito 29 assist. Nei primi inserimenti Mancini ha provato ad adattandolo a diversi ruoli facendolo partire da diverse posizioni rispetto al suo ruolo prediletto, finché la fascia sinistra è diventata terreno di sua proprietà indiscussa.

perisic-icardi

Dalic lo porta in Russia e con Rebic, anche lui con le predilezione a giocare a sinistra, è stato provato anche sul versante destro non rendendo allo stesso modo. In questo Mondiale 3 delle reti messe a segno dai Croati sono state timbrate dal 44 nerazzurro e metà della finale porta il suo nome. In semifinale contro l’Inghilterra infatti oltre ad aver segnato la rete del pareggio ha fornito l’assist a Mario Mandzukic per il gol del vantaggio, lasciandosi “bollare” come uno dei migliori della competizione.

Perisic sì Perisic no?

A giugno erano veramente in pochi ad aver pronosticato la finale tra Francia e Croazia e fra le due compagini quella croata era quella che faceva specie, l’outsider che tutti speravano arrivasse a Mosca e le scelte di Dalic – che “favoriva” Perisic a sinistra ai danni di Rebic sacrificato a destra – qualche volta contestata anche dal bel Paese. Sì perché il nerazzurro non è mai entrato nel cuore degli italiani nè entrato particolarmente nei cuori degli interisti.

Il Croato infatti spesso bollato come incostante e svogliato, lo scorso anno aveva spaccato la piazza tra chi avrebbe incassato i 50 mln offerti dal Manchester United e chi avrebbe preferito tenerlo. Il saluto a bordo campo con il figlio in braccio dopo il match contro l’Udinese sembrava un eloquente addio ma Luciano Spalletti appena arrivato si impunta e punta sull’esterno sinistro e lo convince a restare lasciando sospirare in molti.

Sospiro che però viene quasi riveduto nell’inverno nero della Beneamata quando la corsia sinistra era tra le zone di campo più vacanti e a registrare assenteismo proprio il Croato che per qualche tempo è caduto in flessione di rendimento. Almeno in fase di attacco, perché dopo una tripletta, la prima della carriera, rimane a digiuno di gol per più di tre mesi faticando parecchio a segnare quanto ad esprimersi in fase propositiva continuando ciò malgrado ad essere uno dei punti forte degli uomini di Spalletti in fase difensiva e di non possesso palla. 

Trovata la quadra con Brozovic in mediana, che volge all’attacco più che alla difesa, e con il quale ha un’intesa particolare, Perisic torna a farsi applaudire dai suoi tifosi a Genova dopo essersi sbloccato tornando al gol e replicato la settimana successiva in casa contro il Verona. La svolta, almeno con i tifosi, c’è stata durante Inter Juventus, durante il quale il croato malgrado i crampi e stanchezza che visibilmente ne hanno compromesso la prestazione, è rimasto in campo per il contributo difensivo che avrebbe potuto e dovuto dare ai compagni in difficoltà per l’inferiorità numerica. 

La convocazione tra i 23 di Dalic non ha sorpreso, a sorprendere al contrario l’entusiasmo con il quale ha trascinato i tifosi nerazzurri nel vortice della simpatia croata. Idolatrato in Patria più del compagno di squadra Brozovic e addirittura più di Rakitic, ha definitivamente convinto pure i più scettici. La sua versatilità e agilità dei movimenti, la velocità e la lettura di gioco, i cross sempre – o quasi – perfettamente calibrati alla ricerca di Mario, avversario in Italia e alleato croato con cui si è caricato il peso dell’impresa storica, non hanno lasciato indifferenti neppure il più cinico dei critici. 

L’uomo dal doppio passo e dai tiri acrobatici, il più versatile insieme a Modric, svariava da destra e sinistra senza mai perdere di vista il pallone neanche quando, difendendo, allarga troppo il braccio dando la possibilità a Griezmann di capitalizzare il vantaggio dagli undici metri dopo averla riportata, sempre lui, in parità qualche minuto prima.

Parte di questi elogi a tanta maturità forse si devono anche all’uomo di Certaldo che da Appiano Gentile non ha mai demorso né ceduto, neanche quando a puntare il dito contro Perisic erano in parecchi, dando sempre massima fiducia e forse non a torto. Sempre quel Luciano ci aveva visto lungo ritenendo il numero 44 un campione senza mezzi termini e che non a caso qualche giorno fa, ironicamente o meno, ha definito il “nostro Ronaldo”. Paragone azzardato, sorridendo penseremmo.

Eppure Ivan Perisic il cui nome non riempie gli spalti di San Siro, sul quale non si è mai mai concentrata una faraonica campagna di merchandising e il cui profilo Instagram conta soltanto 1,5 mln di follower, ha regalato un sogno andato oltre vittoria e risultato, diventando l’eroe che fino ad ora nessuno aveva notato. 

Giocatore silente in campo e fuori, specie sui social sui quali si limita a pubblicare qualche post e qualche storia diventati più frequenti a ridosso del Mondiale, raramente polemico e rissoso, protagonista di un episodio di fair play discutibile durante una situazione insolita rimasta nei memoriali del Derby d’Italia durante il quale agguantò per il collo Cuadrado, esternazione d’ira più unica che rara mai ripetutasi. Giocatore che malgrado la tipica pecca comune a molti suoi connazionali – Rakitic e Modric compresi – quale l’improvviso calo di rendimento stagionale, ha sempre tenuto alto lo standard della professionalità, senza mai sentirsi in dovere di ostentarlo, fino a diventare quasi in sordina protagonista indiscutibile di un Mondiale che ha cambiato i tratti di una Nazione e di una competizione, trascinando un popolo intero in un’emozione difficilmente riassumibile: una finale di Coppa del Mondo, per la prima volta.

Inter ancora tu

L’Italia grande esclusa del Mondiale mai stata veramente fuori, Ivan Perisic infatti, spesso ritenuto sacrificabile dai tifosi, anche e soprattutto in chiave di mercato, ha tenuto alta la bandiera nerazzurra.

La sua incidenza nella finale di Mosca ha fatto intascare al Club milanese altri record anche bizzarri. Se contro l’Inghilterra ha disputato la sua partita migliore, complice l’acrobazia con la quale ha messo in rete la palla, con il gol segnato alla Francia è il 7mo  giocatore interista ad aver segnato in finale di un Mondiale. Cosa ancora più bizzarra, così come Marco Materazzi (anche lui contro la Francia, nel 2006), ultimo nerazzurro a segnare in finale, è stato croce e delizia, segnando il gol – del pareggio – e causando un fallo da rigore.

Come da copione iniziano le mega offerte sul mercato nonostante Spalletti difficilmente si farebbe privare del suo pupillo, specie dopo questo Mondiale durante il quale a mettersi in mostra anche il rivitalizzato in casa Inter Marcelo Brozovic diventato Cigno dopo esser stato a lungo brutto anatroccolo. I giornali pullulano di cifre e c’è chi azzarda sugli 80 mln, e chissà cosa ne penserà Ivan a riguardare quel “Perisic, 16 milioni buttati” che cinque anni fa era titolo di una transazione di mercato. Ottanta milioni che, qualora venissero offerti, difficilmente lascerebbero indifferente la società meneghina che intanto si gode lo spettacolo e ad onor dei fatti può dormire sogni tranquilli.

Da un lato Cristiano Ronaldo e Messi fatti fuori agli ottavi, Neymar e Coutinho ai quarti, dall’altro Perisic e Brozovic in finale di Mondiale.

Inter è il karma, chi di Coutinho perisce, di Perisic ferisce. 

 

Egle Patanè

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