Paolo Pulici, l’uomo che fece Grande il Toro

Rimasto nella storia del club granata, Paolo Pulici è ancora oggi il più prolifico marcatore della storia del Torino. 

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Paolo Pulici

Rimasto nella storia del club granata, Paolo Pulici è ancora oggi il più prolifico marcatore della storia del Torino. 

Quella di Paolo Pulici è un’epoca che non sbiadisce mai nei cuori dei tifosi granata, un tempo in cui il calcio profumava di fango e fatica. Per tutti i giovani torinesi cucirsi addosso la maglia numero 11 di Pulici era sinonimo di orgoglioChi l’ha visto giocare lo racconta con gli occhi lucidi, come si parlerebbe di un grande amore. Una vecchia storia, di quelle belle per davvero.

Paolo Pulici Torino

Pulici non era solo un attaccante ma il simbolo di un Torino che tornava a dire la sua nel calcio italiano. I suoi gol – 172 con la maglia granata – non erano solo numeri utili a gonfiare le statistiche, ma grida di battaglia, promesse d’amore per i suoi tifosi.
Bomber atipico, non elegante ma letale, sembrava nato per bucare le reti e far saltare in piedi i tifosi del Comunale.
Scartato dall’Inter in giovane età, Pulici passa letteralmente una vita con il suo Toro, fino al 1982. Dopo una brevissima parentesi all’Udinese e alla Fiorentina, decide di ritirarsi dal calcio giocato tre anni più tardi.

In coppia con Ciccio Graziani formava i “gemelli del gol”, un duetto all’insegna di sudore e poesia, tra colpi di testa e complicità. Insieme riportarono il Toro in alto, fino allo scudetto del 1976, il più bello e il più atteso dal Grande Torino.
C’era qualcosa di epico in Pulici: quella corsa sgraziata ma determinata, lo sguardo duro e buono insieme che spesso bastava a capire al volo i suoi compagni, il modo in cui si buttava su ogni pallone come se fosse l’ultimo. E poi i gol, tanti ma soprattutto importanti. Non esibizioni di tecnica ma esplosioni di volontà, di fame, di sangue granata. Era un destro naturale ma questo non gli impediva di giocare bene anche di sinistro. Il suo fisico possente lo rendeva particolarmente abile nel gioco aereo.

Paolo Pulici

Oggi, in un calcio sempre più patinato, il ricordo di Pulici è un ritorno alle origini, un sorso di vino nostrano.
Non era un personaggio da copertina, rimase umile anche dopo aver raggiunto il successo. Gran lavoratore, seppe prendersi tante porte in faccia: quando gli venne detto che non era abbastanza freddo sotto porta, quando arrivò un preparatore del settore giovanile per migliorare la sua tecnica individuale, definita carente per giocare in Serie A.

A distanza di decenni, il suo nome continua a risuonare nei cori della Maratona come una preghiera laica: “Puliciclone, uno di noi”. Il soprannome glielo trovò Gianni Brera.
Era talmente amato dal popolo granata che i tifosi del Torino, durante la sua permanenza all’Udinese, arrivarono a fischiare il giocatore che lo stava marcando.
Perché certi giocatori non invecchiano mai. Restano lì, impressi nei pomeriggi d’infanzia e nelle storie dei padri. E se chiudi gli occhi, lo vedi ancora: la maglia sudata, il pallone che rotola in rete e una città intera che esulta.



 

Federica Vitali