“Paolo Montero?
Un galeotto mancato, ma con un suo codice d’onore…”.
(Ancelotti)
E’ il giugno del 2006.
Gianluca Pessotto, dirigente della Juventus ed ex difensore, è in gravi condizioni in un letto d’ospedale del reparto Rianimazione delle Molinette di Torino.
Accanto a lui, da diversi giorni, ogni giorno, staziona su una seggiola per qualche minuto un suo vecchio compagno di squadra, venuto apposta dal Sud America per non lasciarlo solo.
Paolo Ronald Montero Iglesias, per tutti quel che si dice un uomo duro, da scazzottata alla “Fight Club”, collezionista impareggiabile di cartellini rossi, è li fedele al suo mantra, ribadito in poche lapidarie parole alla stampa: “Gli amici non devono giudicare. Gli amici devono esserci. Rimango sino a quando Gianluca ne ha bisogno”. Perché del resto é un luogo comune che i duri non conoscano la tenerezza.
Montero, nato a Montevideo, in Uruguay, figlio d’arte (il padre Julio è stato un calciatore, difensore come il figlio), nove stagioni alla Juventus con la casacca numero 4, inizia la sua storia calcistica diciasettenne nel Penarol, guidato da Luis Menotti che sin dagli inizi identifica in lui le potenzialità di un campione del calibro di Daniel Passarella.
E’ il 1992 quando riceve la chiamata dall’Atalanta, lo si vede esordire sui campi italiani con la maglietta sponsorizzata Lotto e riccioli al vento, allenato prima da Marcello Lippi poi da Guidolin e Mondonico.
A Bergamo Montero rimane anche con la retrocessione in B nel 1994 confermandosi in quella stagione un vero e proprio pilastro della difesa; ed è anche grazie a lui che l’Atalanta riconquista la Serie A dopo un anno.
Con la casacca della Dea rimarrà quattro anni, giocando 114 partite e segnando quattro reti; fedele alla sua fama, collezionerà 30 cartellini gialli, 7 espulsioni e 15 giorni di squalifica: “Io non ho mai commesso falli cattivi – commenterà a riguardo – le mie reazioni sono istintive. Del resto sono latino. E per i latini il calcio è anche furbizia”.
“Furbizia” si se si considera che nel corso della sua carriera di calciatore Montero arriverà ad avere un primato ad oggi imbattuto in Serie A, ossia 83 ammonizioni e 16 cartellini rossi.
Nell’estate del 1996, fortemente voluto da Lippi che nel frattempo è diventato allenatore dei bianconeri, passa alla Juventus.
Con la squadra torinese vincerà praticamente tutto, quattro campionati italiani, una Coppa Internazionale, una Supercoppa Uefa.
Quasi tutto ma non tre finali di Champions League giocate da titolare e il rigore sbagliato, nella finale del 2003 a Manchester, parato da Dida…
Nella Juventus rimane sino al 2005 accreditato come indiscutibile ed insostituibile perno della difesa in coppia con Ciro Ferrara; con la Madama la sua irruenza viene di nuovo a galla e sin dalla prima stagione in bianconero; uno degli episodi più significativi quello dell’ottobre 1996, partita persa immeritatamente contro il Vicenza, qualche flash di troppo di un reporter, Montero si inalbera e getta a terra il malcapitato fotografo; si beccherà una denuncia che innescherà una causa civile risarcitoria.
Espulsione invece il 9 marzo del 2000, partita di Uefa contro il Celta Vigo, con la qualificazione in bilico e la squadra bianconera già decimata (per l’espulsione di Conte), Montero da una gomitata a Karpin proprio davanti al guardalinee e all’arbitro… Tre turni di squalifica nel dicembre dello stesso anno, partita contro l’Inter e pugno sferzato in volto a Luigi di Biagio…
Anche nella vita privata torinese Montero fa parlare di se; le cronache riportano i dettagli delle sue serate ai Murazzi, in compagnia di Zidane, a bere sino a notte fonda o a scazzottarsi in discoteca e si soffermano sulle partitelle con i clochard di Porta Nuova, terminate sempre con una generosa elemosina o con biglietti per la Tribuna d’onore al Delle Alpi…
C’è un episodio che vale la pena ricordare e va nella direzione del duro dal cuore tenero; riguarda l’ex attaccante del Penarol Franco Ramallo che nel 2001 arriva a Torino con la promessa di essere acquistato dai Granata; promessa che non verrà mantenuta e Ramallo, senza soldi né dimora, verrà ospitato proprio da Montero.
Nel 2007 Paolo darà l’addio al calcio giocato, concludendo la sua carriera con un paio di stagioni nel San Lorenzo e nel Penarol; dopo una breve esperienza in Uruguay come procuratore, passerà alla panchina del Penarol nel 2014 chiamato a sostituire Jorge Fossati dimissionario il giorno successivo la sconfitta contro il Nacional.
Nel 2016 sarà ingaggiato dal club argentino Boca Unidos che milita nella Seconda Divisione. Ottenuta nel settembre del 2018 a Coverciano la qualifica Uefa A per allenare in Europa le giovanili e le prime squadre sino alla Serie C.
Il 6 giugno è stato nominato nuovo tecnico della Sambenedettese: “Pigna” torna così in Italia, da allenatore…
Silvia Sanmory