#notinmyname: la voce dei calciatori di fede musulmana

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Confondere fischi per fiaschi è sempre stato facile come cadere. In entrambi i casi si tratta di perdere l’equilibrio. Il tragico episodio di venerdì notte ha terrorizzato allo stesso modo in cui ha fomentato l’opinione pubblica. Dimenticare non si può; capire, probabilmente ancora meno, nel dubbio si generalizza. Generalizzare è il percorso più semplice; l’adrenalina, la paura, lo sgomento, la rabbia del momento e dei giorni successivi, momenti in cui provi a capire pur volendo dimenticare, portano a cercare un capro espiatorio.

La medaglia però ha sempre due lati e chi viene additato, insultato, macchiato di un crimine che non ha commesso vuol far sentire la sua voce. Da qui parte l’iniziativa #Notinmyname: campagna nata sui social tramite la quale il mondo islamico esprime il dissenso nei confronti di chi generalizza, nei confronti della violenza e dei crimini commessi dietro l’infamia. Migliaia di bambini, donne e uomini di ogni età e di ogni nazionalità sottolineano il fatto che Isis non è sinonimo di Islam e Islam non è sinonimo di Isis ancor meno di terrorismo.

Il mondo del calcio, e dello sport in generale, si stringe in un abbraccio a testa chinata durante il minuto di silenzio per commemorare le vittime, innocenti civili ai quali è stato tolto con una brutalità disumana il privilegio della vita.  Un mondo, quello del calcio, che prima d’oggi si accorgeva dell’esistenza di giocatori di fede musulmana nel periodo del Ramadan, spesso visto come problematica e fonte di prestazioni non di livello. Eppure, loro esistono, giocano da sempre sui campi di calcio d’Europa e  in una circostanza che li tocca da vicino esprimono il loro dolore e dissenso.

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Scrive il centrocampista della Juve sul suo profilo Facebook: “Non lasciare che la religione abbia la meglio sul tuo buon senso. Uccidere le persone e la violenza non è mai la risposta. Non importa quello che dicono un libro o il tuo capo religioso“.
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Il centrocampista del Napoli e della nazionale marocchina, Omar El Kaddouri, ha scritto un messaggio su Instagram per ricordare le vittime delle stragi di Parigi e per ricordare a tutti che essere musulmano non significa, ovviamente, essere anche un terrorista. E nemmeno un simpatizzante:
«L‘umanità è stata attaccata da assassini fanatici, nulla hanno a che fare con l’Islam e con noi musulmani! Chi ora dissemina messaggi di razzismo verso tutta la comunità islamica forse non ha capito nulla di ciò che è veramente l’Islam…».

Anche Faouzi Ghoulam ha reso noto la sua posizione riguardo gli attentati di Parigi di venerdì scorso tramite i suo profilo Twitter: «la stupidità umana non ha limiti: uccidere persone innocenti che sono le nostre madri i nostri padri, nostri fratelli, le sorelle è codardia».

Duro lo sfogo su Facebook di Ousmane Dabo (ex giocatore di Inter, Lazio, Atalanta e Parma). “Quando leggo amici italiani fare tanti commenti anti musulmani su facebook – scrive il francese – sono veramente disgustato. La mia mamma è cattolica ma mio papa è musulmano. Tantissimi familiari e amici miei sono musulmani. Quando capirete che non sono terroristi? Loro sono contro ogni forma di violenza e soffrono di essere assimilati a questi pazzi che utilizzano l’Islam solo come scusa. Quando capirete che fanno questi attentati apposta per DIVIDERCI, per creare tensioni o guerre civili ? Pure venerdi a Parigi dei musulmani sono stati assassinati tra cui la cugina di Lassana Diarra. E sono loro a morire in Iraq, Libia, Libano o Siria. I terrorristi sono una setta di matti e basta fare amalgami stupidi abbiate un po di rispetto“. Rabbia e invito a non generalizzare, il tutto accompagnato da una foto esplicativa.

Egle Patanè