Nereo Rocco, storie di un calcio italiano di altri tempi

Nereo Rocco, una storia la sua di un calcio italiano di altri tempi: simbolo della città di Trieste e ricordo glorioso per il Milan

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fonte immagine: NL-HaNA, ANEFO / neg. stroken, 1945-1989, 2.24.01.05, item number 921-3775, CC BY-SA 3.0 NL , via Wikimedia Commons

Nereo Rocco è come la sua Triestina: italiano doveva non solo nascerci ma diventarlo, perché i fascisti cognomi stranieri non ne volevano.

Erano gli anni ’30 e lo spettro del fascismo incombeva sull’Italia; neanche la dittatura riuscì a spegnere i sogni di un ragazzino di Trieste di origini austriache.

Nereo organizzava i tornei di calcetto con i suoi coetanei con la spensieratezza e la mancanza di aspettativa di un quindicenne qualunque, fortunato a quei tempi già nell’essere un figlio di buona famiglia.

Trieste non era New York e un giocatore di talento viene notato facilmente.

A soli 18 anni Nereo Rocco diventa titolare nella Triestina, che da poco faceva parte della neonata Serie A.

Nel 1937 passa al Napoli e nella città partenopea Rocco diventa uomo dentro e fuori dal campo: nasce il suo primo figlio e lui si distingue come miglior marcatore degli azzurri. Vero uomo squadra, rialza il molare dei napoletani in momenti critici come l’esonero di Payer.

Poi scoppia la guerra e cambia tutto.

Cambia la vita, cambiano le priorità, improvvisamente il calcio sembra la meno importante delle cose meno importanti.

Con il cuore pesante Nereo sente di dover tornare nell’amata Trieste, dove tutto è cominciato e a cui sempre apparterrà, a nulla serve l’ultima grande esperienza nel Padova.

nereo roccoNereo Rocco lega indissolubilmente il suo nome alla città di Trieste, martoriata dal guerra, che ha bisogno della passione di un campione come lui per rialzarsi.

Lo stadio cittadino è, con orgoglio, intitolato a lui.

Lui, che con 69 reti in carriera in 11 campionati, portava (e porta) vanto al paese friulano.

Nonostante numeri di tutto rispetto con gli scarpini ai piedi, la vera croce e delizia di Nereo Rocco fu allenare.

Lo chiamano “el paròn” di Trieste e le squadre locali se lo contendono mentre lui, con spunti provenienti dalla Svizzera, lavora alla tattica che oggi conosciamo come catenaccio.

Nereo Rocco aveva l’occhio lungo per i campioni e l’Italia presto capì che quel potenziale non poteva restare chiuso tra le mura di Trieste.

Il Milan si fida di lui e Rocco non li delude: è ancora oggi l’allenatore più vincente della storia rossonera.

Tra i suoi trionfi vanno annoverate tre Coppe Italia, due Scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe delle Coppe, una Coppa Intercontinentale.

Numeri da capogiro. E se non vi sembra abbastanza, è a lui che si deve la consacrazione di Gianni Rivera, golden boy d’Italia.

Ci vorrà Carlo Mazzone per interrompere il suo record di presenze sulle panchine della Serie A.

Nessuna delle città che ebbero la fortuna di conoscerlo ha mai dimenticato il genio e l’umanità di Nereo Rocco.

Dallo stadio di Trieste, passando per il quartiere Secondigliano di Napoli fino ad arrivare al centro sportivo del Milan.

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fonte immagine: WikiMatt at Italian Wikipedia, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Un uomo con i piedi per terra, autoritario ma tremendamente buono, che prima di uno scontro tra la Juventus e il suo Padova, con tanta umiltà disse: “Speriamo non vincano i migliori!”.

Era un altro calcio, erano altri tempi, era un’altra Italia.

Federica Vitali