In occasione dei suoi primi 50 anni, che festeggerà il prossimo 9 agosto, Filippo Inzaghi, per tutti Super Pippo, ha deciso di regalarsi e di regalare a tutti i suoi tifosi il libro Il momento giusto: il calcio, la mia vita, racconto intimo, sincero, senza pudori, né sconti di un campione che è prima di tutto un uomo. Un uomo che ha fatto anche degli errori, un uomo che ha amato e sofferto, gioito e pianto. Un uomo che ha fatto del calcio la sua passione più grande. E della famiglia il suo porto sicuro.
Oggi Inzaghi, arrivato a quell’età che è per tutti quasi un giro di boa, può dire di essere finalmente un uomo sereno e realizzato, consapevole che per arrivare alla luce ha dovuto attraversare molti momenti bui.
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Sulle pagine del Corriere, Inzaghi ha raccontato perché proprio ora è arrivato… Il momento giusto:
Me l’avevano chiesto già diverse volte. Adesso c’è l’occasione di un compleanno tondo – 50 anni – ho pensato di far scorrere un po’ di ricordi. Ma non troverete nessuna polemica. Se devo dire qualcosa a qualcuno, mi piace farlo guardandolo in faccia. Sono pagine di momenti belli. Vorrei cercare di trasmettere ai giovani la passione che ho messo per questo lavoro. Far capire che siamo fortunati a fare del calcio il nostro mestiere. Vedo tanti talenti che si buttano via perché non hanno la testa. Voglio trasmettere la mia passione per questo sport. Se lo ami fin da piccolo i tuoi sogni – con il lavoro – si possono realizzare.
Fra le pagine del libro possiamo trovare tanti aneddoti legati alla sua infanzia e alla sua famiglia. Inzaghi non ha mai nascosto di essere legatissimo a suo fratello Simone, di tre anni più piccolo:
Mio papà che portava me e Simone a vedere la domenica il Piacenza allo stadio. Poi i primi calci nelle giovanili del San Nicolò, il paese dove abitavamo. Ricordo me e mio fratello – davvero piccoli – che giocavamo nella “buca” del paese, la piazza, trascorrevamo ore a rincorrere il pallone. Così è nata la nostra passione.
Fra i due mai nessuna invidia:
Fantastico, da sempre. Io sono più grande e da ragazzini 2-3 anni si fanno sentire. Facevo già qualche gol e mi sceglievano sempre nelle squadre alla “buca”, ma se non facevano giocare anche Simone – che era tra i più piccoli – non giocavo nemmeno io. Ci siamo sempre divertiti insieme: mai stato un filo di invidia, solo grande rispetto e, soprattutto, siamo sempre stati orgogliosi per i successi l’uno dell’altro.
Inzaghi ha confessato cosa ha scritto a Simone dopo la finale di Champion’s League:
Che è stato strepitoso! Ha ingabbiato la squadra di Guardiola, forse il miglior allenatore al mondo. Ma io non avevo dubbi. Simone ha dimostrato che lavoro, serietà e professionalità possono dare grandi risultati.
Sulle pagine del quotidiano l’ex campione di Juve e Milan ha spiegato anche cosa manca ai giovani di oggi:
Quello che veramente mi manca è guardare i giovani di oggi e vedere che non si divertono come facevamo noi. Una volta con le cartelle della scuola si facevano le porte, ovunque si vedevano bambini inseguire un pallone e, per la disperazione dei vicini, il garage diventava il posto dove fare gol. Adesso purtroppo la tecnologia ha rubato tempo a questi momenti in strada che erano poi la base per crescere, per migliorare la tecnica. In certe piazze ho letto cartelli con la scritta: vietato giocare a calcio. Sono proprio cambiati i tempi.