Spesso si usa il detto “buon sangue non mente” e nel caso di Henrikh Mkhitaryan non c’è frase più azzeccata.
In molti non sanno che quella sfrenata passione di calciare un pallone proviene appunto dal suo stesso sangue: suo padre Hamlet, considerato uno dei più forti attaccanti sovietici dello scorso secolo.
Hamlet Mkhitaryan ha iniziato la sua carriera nel 1980 – a 18 anni – nell’Ararat dove divenne presto un leader. Divenne nel 1984 secondo miglior marcatore nel campionato sovietico.
Vinse anche il premio “Cavaliere d’attacco” per aver realizzato tre triplette e addirittura un poker; premio attribuitogli dalla rivista Soviet Soldier al calciatore che avesse segnato con maggiore frequenza più di due gol a partita.
Hamlet ha giocato anche per metà stagione nel Kotayk’ Abovyan. Nel gennaio del 1989 nacque suo figlio Henrikh a Eravan in Armenia.
Nel luglio dello stesso anno Hamlet si trasferì in Francia al Valence per quattro stagioni dove riuscì a portare la sua squadra dalla terza divisione francese alla Ligue 2.
Successivamente si trasferì all’Issy nel 1994 dove però rimase solo per sei mesi. Dopo poco scoprì di avere un tumore al cervello e decise di ritornare in patria a Eravan.
Dopo tre operazioni chirurgiche per cercare di asportare il tumore, le speranze pian piano si affievolirono fino purtroppo alla morte il 2 maggio del 1996 a soli 33 anni.
Henrikh, rimasto al capezzale di suo padre, decide di promettere a suo padre di seguire il suo stesso sogno, guidato dalla grinta e dalla forza di suo padre.
Così – dopo essere diventato orfano di suo padre a soli 7 anni – entra nelle giovanili del P’yownik che lo accoglie come una famiglia e lo tiene sotto la sua ala protettiva fino ai 14 anni.
Vola in Brasile per un provino con il San Paolo dove conosce Oscar ed Hernanes, anche loro poi diventati professionisti di livello internazionale.
Ritorna in Armenia e disputa quattro stagioni nella massima serie dispensando gol e assist. Da lì inizia la sua vera carriera, si trasferisce in Ucraina e da quel momento è stato sempre un salire di livello sempre a partire dallo Shaktar Donetsk per poi sbarcare ufficialmente nell’Europa che conta alla corte di Jurgen Klopp al Borussia Dortmund.
Dalla Germania all’Inghilterra, passa al Manchester United nel 2016 sotto la guida di Josè Mourinho. Purtroppo però, dura poco la permanenza nei Red Devils tant’è che dopo una stagione e mezzo si trasferisce all’Arsenal.
Nei Gunners perde un po’ della sua verve e il suo fiuto del gol ma diventa il migliore assist man della Premier League nelle ultime due stagioni.
Metti un giorno un ‘armeno’ all’ombra del Colosseo… Henrikh Mkhitaryan
Passa così alla Roma nell’estate del 2019 dove diventa il primo giocatore armeno a sbarcare in Serie A. E’ il capitano della sua Nazionale armena ed è anche il miglior marcatore con 29 reti all’attivo.
Nel suo profilo social ufficiale il calciatore ha postato qualche anno fa un’immagine sua in braccio a suo padre con una frase:
“Mio padre mi ha ispirato…spero sia orgoglioso di guardare in basso”
Henrikh, a 24 anni di distanza dalla morte di suo padre, non ha dimenticato quella promessa fatta a lui poco prima di morire: Avrebbe inseguito il suo sogno e lo avrebbe reso orgoglioso.
Ora di certo potrà guardare al passato con un sorriso perchè quella promessa fortemente voluta è riuscito a mantenerla. Adesso, a 31 anni, può voltarsi indietro e vedere il suo bellissimo percorso calcistico ricco di trofei in bacheca e medaglie nel cassetto.
Henrikh ha un altro motivo per essere sereno, è appena nato il suo primogenito a cui ha dato il nome proprio del suo caro padre Hamlet.
Il calciatore nel post ufficiale dell’annuncio per la nascita del suo bebè si è domandato se anche lui diventerà un futuro calciatore. Speriamo a questo punto che la tradizione continui…
Raffaella De Macina
Fonte immagine copertina: Profilo ufficiale Facebook