Mitra e Maschera, la Juve cala il Poker

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La Juve raggiunge lo storico record di 4 Coppe Italia di fila capitanata dai due suoi uomini più discussi nelle ultime settimane: Medhi Benatia e Paulo Dybala

La Juve strapazza letteralmente il Milan in finale e si aggiudica la sua quarta Coppa Italia di fila. Lo fa in maniera quasi spietata, consumando il tutto in 15′ di predominio, dopo un primo tempo senza infamia e senza lode da parte di entrambe le squadre.

Una vittoria rotonda, clamorosa rispetto alle tre precedenti in cui la Signora aveva faticato di più (2015 e 2016) o comunque dopo il doppio vantaggio si era accontentata di una pacifica amministrazione (2017). Mercoledì sera, invece, in quel quarto d’ora i bianconeri hanno ritrovato una cattiveria che da tempo non vedevamo in campo. Soprattutto nel mese di aprile appena trascorso la Juventus aveva piuttosto sciorinato grossi black out e gare di grande, grandissima sufficienza.

Tanti gli uomini in palla, ma due su tutti: il ‘quattro’ e il ‘dieci’, il Mitra e la Maschera. Benatia e Dybala erano reduci da un aprile che li aveva avvolti in un vortice di critiche tra errori pesanti, litigi dai toni forti e cartellini rossi contro i Blancos: insomma, non proprio il top. Il marocchino addirittura relegato in panchina, a “espiare” la grossa svista che ha permesso a Koulybaly di svettare nell’ area di rigore avversaria e di fulminare Buffon, facendo passare alla Juve una delle settimane più brutte del campionato. E dopo aver improvvisato sui social un sipario quanto mai spiacevole e dibattuto, per aver osato definire ‘viol’ (ossia stupro, violenza) il rigore concesso contro la Signora a Madrid.

Lo confessa  ai microfoni, Medhi: su quell’errore ha rimuginato per 10 giorni. Ma, chiamato in causa in questa importantissima occasione, ha dimostrato quanto sappia imparare dai suoi sbagli. Lui che aspetta le telecamere per lanciare qualche sana frecciata  soltanto perchè in campo due frecce le ha scoccate per davvero: la prima rete con uno stacco di testa perfetto, la seconda a sfruttare l’errore di Donnarumma con l’istinto di un killer. Un difensore a tutto tondo, preciso e attento su Cutrone, che per una sera per farsi perdonare si è improvvisato  pure goleador, mitragliando l’Olimpico con la sua grinta. La vendetta a caldo è meglio della fredda.

Accanto a lui l’altro ‘assente’ del mese scorso, Paulo Dybala da Laguna Larga, che parte in  sordina sotto l’ acquazzone di Roma mantenendosi rigorosamente nella mediana e provando qualche approccio poco convinto. Poi nella ripresa innesta la quinta: illumina, inventa, si diverte. Azzarda un tiro da centrocampo favoloso, calcia dal nulla, la discesa – dribbling (prima della rete di Costa)  con conclusione  potente deviata con perizia dal portiere rossonero è roba da antologia. Insomma, fa quello che meglio gli riesce: comporre sulle note di una talentuosa improvvisazione. Paulo Dybala, con quel viso da eterno adolescente, assomiglia sempre più a un bambino dispettoso che, in barba ai rimproveri degli adulti, decide in tutta autonomia quando è il momento di fare quello che gli viene chiesto.

La Juventus brilla in una serata in cui forse tanti la davano per stanca, abbattuta. Apparsa mentalmente e fisicamente provata nelle ultime uscite, ha regalato a tutti una prova di forza, di quella che viene dal suo DNA. Controvertendo ogni critica con gli uomini più criticati: questa Coppa è di tutti, ma in fondo, un po’ di  più è la loro che, armati di Mitra e vestiti di Maschera, colpiscono e affondano quattro volte il povero Diavolo.

Daniela Russo