Milan-Lazio diventa una partita ideologica

Nel giorno del 25 aprile facciamo un piccolo ripasso di storia e invochiamo un tifo diverso che non viva il calcio come una guerra nè una lotta ideologica

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Milano, 24 aprile, semifinale di coppa Italia Milan-Lazio

In corso Buenos Aires, nella capitale italiana della moda succede l’incredibile: i tifosi ultras laziali, gli Irriducibili (in tutto 19), e 3 tifosi interisti, espongono uno striscione con su scritto “Onore a Benito Mussolini” con tanto di orgoglio e saluto romano alla vigilia del 25 aprile, giorno in cui si celebra la Liberazione dalle truppe nazifasciste dall’Italia, in parte.

 

Purtroppo è tutto vero… quindi è il caso di fare un piccolo ripasso di storia

Oggi, 25 aprile, ricorre l’anniversario della liberazione d’Italia, chiamata anche Festa della Liberazione o anniversario della Resistenza.
È una giornata dedicata alla memoria, in cui si ricorda la fine dell’occupazione nazifascista, avvenuta il 25 aprile 1945, a conclusione della Seconda guerra mondiale.

Fu scelta questa data perché quel 25 aprile furono liberate le città di Milano e Torino ed a seguire le altre città italiane dopo venti anni di dittatura fascista.

Per arrivare al simbolico 25 aprile ci sono volute lotte, ribellioni, battaglie, morti e feriti, rese vane dal momento in cui c’è qualcuno che sostiene ancora tutt’oggi colui che ha portato a tutto questo.

Il 25 aprile non può essere un derby tra fascisti e comunisti!

Il fatto ancora più eclatante è che non si tratta di una manifestazione contro questo giorno o contro determinate forze politiche attuali.
Semplicemente “sono 14 idioti” (cit. Matteo Salvini, Ministro dell’Interno, tifoso milanista) che prima di andare a vedere una partita e sostenere la propria squadra hanno deciso di tirare in ballo la politica o le loro idee fasciste, in uno dei corsi principali di Milano proprio vicino Piazzale Loreto dove furono impiccati a testa in giù Benito Mussolini e Claretta Petacci, il 28 aprile del 1945.

Sul web scatta l’indignazione, la presa in giro e si smascherano i sostenitori di una ideologia ormai morta che cerca di resuscitare quelle volte in cui viene fatto il saluto romano (simbolo fascista).

Rendiamoci conto che uno degli episodi più raccapriccianti della storia dell’umanità è avvenuto non tanto tempo fa, appena 74 anni sono passati dalla fine della seconda guerra mondiale.
I nostri nonni, i nostri padri, hanno vissuto questa tragedia, ci sono morti sotto queste armi e questa dittatura, che non aveva alcun preciso senso logico di esistere, di un’Italia che passa nel corso di 20 anni da un’alleanza all’altra per accaparrarsi maggior potere possibile, senza successo, anzi aggravando la situazione economica, politica, di delinquenza italiana che accusiamo tuttora. E quando coloro ancora in vita riescono a raccontare ciò che è accaduto lo fanno con voce tremante, gli occhi lucidi nei quali si legge sofferenza della guerra e l’orgoglio della resistenza.

‘Un popolo che non conosce il suo passato è un popolo che non può comprendere il dramma del presente e l’opportunità del futuro.’

(Sandro Pertini, 25 Aprile 1945)

Pertini, si può dire, fu il promotore della ribellione di questo giorno. La mattina per via radio invitò a occupare fabbriche, istituti pubblici, scuole e negozi inscenando uno sciopero generale. E parole non furono più giuste.

Varie interviste raccapriccianti smascherano l’ignoranza attuale italiana alla domanda “Perché si festeggia il 25 aprile?” o “Liberazione da cosa?” …

Allora viene da pensare che il patriottismo lo si ha solo quando conviene: razzismo, non accoglienza, discriminazioni razziali sugli stessi cittadini italiani che siano del nord o del sud.

Mi viene da pensare ad un testo sulla Resistenza, letto tante volte in questo giorno:

Mentre leggo penso alle tante discriminazioni fatte quotidianamente.
Mentre leggo penso ai barconi mai arrivati alla costa come quelle camere a gas.
Mentre lo leggo penso ai miei nonni che hanno vissuto ciò: l’occupazione, la guerra, la ribellione, la resistenza. E penso sia giusto ricordare questa giornata oltre che come quella della Liberazione, come quella della riconoscenza e gratitudine nei confronti di questi corpi e queste forti menti che hanno lottato per un futuro, migliore e non ritornare a 74 anni fa, un futuro dove ci fosse e si respirasse libertà donataci proprio da loro.

Coloro che hanno donato la propria vita per un ideale, ora i loro nomi sono affissi su innumerevoli lapidi murarie che passano quasi inosservate sotto i nostri occhi.
Se ci si soffermasse a leggere o solamente a pensare si possono assaporare tutti i valori che hanno cercato di trasmettere per far sì che le loro lotte e la loro morte non sia stata vana: l’onore, la fratellanza, il rispetto, la dignità.

 

Libertà di pensiero è un concetto diverso dall’esprimere quella che è una ideologia, come il fascismo, ormai da anni bandito in Italia.

Qui ovviamente scattano due fazioni: “tolleranza per tutti” e “limitazione della libertà di pensiero”.

Ci pensa lo studioso Karl Popper a spiegarvi la soluzione teorizzando il paradosso della tolleranza:

una società, per poter continuare ad essere libera deve essere intollerante verso coloro che potrebbero minacciare la libertà con le proprie idee o azioni.
Bisogna quindi essere intolleranti con gli intolleranti,
per poter continuare ad essere liberi!
”.

Nel calcio, come nella vita, determinati episodi vanno subito denunciati

Si indaga per “manifestazione fascista”, considerata tale dall’articolo 5 della Legge Scelba del 1952, l’ipotesi di reato per la quale potrebbero essere denunciati ed indagati gli ultrà della Lazio.
Gli ultrà neofascisti si sono dileguati subito dopo il gesto, per blitz della polizia.
“I 14 idioti” (sembra il titolo di un film comico) sono stati quasi tutti identificati e il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha espresso il suo disgusto del gesto dicendo che certi limiti non devono essere superati.

Atti di istigazione all’odio razzista e razziale, xenofobia e bigottismo, tutte queste estremizzazioni di idee (giudicate dalla società contemporanea come sbagliate) non sono altro che frutto di repressione quotidiana che scatena odio ingiustificato verso persone “diverse” da loro. A partire dal tifo.

Nel 2019 è impensabile che negli stadi, o fuori, avvengano determinate situazioni scatenate dai gruppi ultras o da semplici tifosi. Qualsiasi tipo di sport dovrebbe essere e parlare solo di sport.

L’odio, il razzismo e il sessismo lasciamoli da parte: esistono napoletani per bene e non, così come milanisti, romanisti, laziali, interisti, juventini ecc ecc.; invocare il Vesuvio o il Duomo di Milano in fiamme serve solo a far prendere ossigeno al cervello, a secco fino a pochi istanti prima; un giocatore di colore non è una scimmia, chi ha il cervello da scimmia sono solo coloro che pensano e dicono queste assurdità; una donna può arbitrare o giocare alla pari (e talvolta per talento anche meglio) di un uomo.

 

Che lo sport sia solo sport, e che la politica e le ideologie non contengano odio e guerra.

2019, ma sembra ancora di stare a cento anni fa.
Il cambiamento parte da noi per non restare attaccati a questo mostruoso passato!
Che il tifo si allontani al più presto dalla mediocrità e la smetta di vivere tutto come una guerra.

Valentina Vittoria