Michel Platini, che da bambino sognava di diventare il nuovo Pelé, grazie a volontà di ferro, doti tecniche e calcio spettacolare diventò il re indiscusso del pallone
“Pelé sono io”. Questo si ripeteva come un mantra un ragazzino di origini italiane, trapiantato in Lorena, tirando calci ad un pallone in mezzo ad un cortile, sognando di replicare le gesta dell’indiscusso fuoriclasse brasiliano. Si faceva chiamare, non a caso, Peleatini, unendo in solo idioma il suo cognome a quello del suo idolo.
Un gioco, in fondo ma anche una volontà d’acciaio di diventare un calciatore. E non un calciatore qualunque…
Il ragazzino è Michel Platini che la storia sportiva avrebbe in seguito dipinto come come un re del calcio.
La sua è una storia di doti e di talento ma anche di perseveranza e di passione; se sulla carta Michel non ha “le fisique du rol” (tanto da essere preso in giro dai compagni di scuola) e ha invece qualche problema di salute in compenso dimostra di avere sin da piccolo la stoffa del campione.
Dell’atleta che non si arrende, non solo di una favola vivente.
Appena diciassettene, Platini firma con il Nancy, in terza divisione, il primo contratto da professionista. Il 3 maggio del 1973 fa il suo debutto con la prima squadra e segna un paio di settimane dopo, contro il Lione. Segnerà molto anche con la squadra successiva, il Saint Etienne, e per tutta la sua carriera, nonostante il suo ruolo di centrocampista, battendo tra l’altro spesso calci di rigore e punizioni e dimostrando di essere più prolifico della media degli attaccanti della sua generazione.
Il calciatore Platini cresce ogni giorno di livello, se ne accorgono gli addetti ai lavori, se ne accorge l’avvocato Agnelli. Platini arriva alla Juventus nel 1982, e si materializza così il sogno di giocare in Italia.
In quell’Italia che con la Nazionale aveva già incontrato nel 1978 quando batte due volte Dino Zoff su punizione, firmando due gol (di cui uno annullato) indimenticabili per la maestria d’esecuzione.
Agnelli vede nel campione d’oltralpe la sua stessa idea di calcio come spettacolo puro e naturalezza, e ne diventa il suo più grande estimatore:
Che cosa rende più felice la vita? Vedere giocare Platini per dieci minuti
Nella Juventus, Platini è capocannoniere del campionato per tre anni di fila; segna con una media di quasi un gol ogni due partite, va a rete 104 volte in 224 match dimostrando senza ombra di dubbio di essere un regista della squadra, non un semplice centrocampista ma un poliedrico fuoriclasse che trova soluzioni in diretta.
Tanto da vincere tra il 1982 e il 1985 per tre volte il “Pallone d’Oro”.
La Juventus, nei suoi anni, è sempre di più identificata con lui: due scudetti (1983 – 84 e 1985 – 86), Coppa Italia nel 1983, Coppa delle Coppe, Supercoppa Europea ma soprattutto la Coppa dei Campioni con la rete decisiva di Michel, in quella notte di tragedia del 29 maggio del 1985, nella finale tra la Juventus e il Liverpool, a Bruxelles (gli hoolingans inglesi assaltarono i tifosi italiani all’interno dello stadio Heysel. Il bilancio fu di 39 morti).
Ha solo 32 anni quando si ritira: la stella del calcio decide di eclissarsi forse troppo presto, come lo rimproverò lo stesso Agnelli. Ma la sua luce continua a brillare come uno dei migliori giocatori di sempre della storia del calcio mondiale.
Silvia Sanmory