La fase eliminatoria degli ottavi è stato un mosaico di rivincite, di novità, inversione di poli e che sia un Mondiale fuori dai pronostici lo ha confermato, da eccezione che conferma la regola, la Croazia. Sfavorita tra le favorite ( o favorita tra le sfavorite – se preferite -) vince contro la Danimarca, contro la quale l’accesso ai quarti era parso meno arduo di quanto rivelatosi.
FLASH NEWS – Dopo una carambolesca partita finita ai rigori è Croazia ad andare ai quarti
Una gara carambolesca finita dagli undici metri dopo che il capitano croato si è fatto bluffare sulla nitida occasione del vantaggio nella seconda manche dei tempi addizionali, proprio dal dischetto. Jorgensen pericoloso in entrata, stende Rabic mandando Modric a tu per tu con Schmeichel che intercetta il tiro e la blocca, pietrificando il capitano e tutta la nazionale croata.
Incredibile ma vero: prima Messi, poi Ronaldo, infine Modric, dal dischetto i migliori al mondo tremano.
Anche i migliori vacillano, sbagliano e cadono. Specie ai rigori, come insegna la storia, le cui pagine ci narrano aneddoti di rigori maledettamente sbagliati.
Baggio, Maradona, Di Biagio, passando per i più recenti Pellè e Zaza… Insulti per l’errore di un rigore, diceva il buon Tiziano – lo stesso di Sere nere – e tant’è, perché sia insulti che elogi dopo un penalty quasi mai sono rivolti al portiere, bensì al tiratore.
Non questa volta, non in questi ottavi, non in questo Mondiale dove i portieri sono già stati passati al vaglio degli osservatori.
Se proprio contro la Croazia, Caballero aveva fatto insorgere gli argentini specie nell’occasione del primo gol nato su un suo rinvio rivelatosi un vero e proprio assist a Rabic, Modric&co si sono ritrovati assorbiti da uno spettacolo tutto fra i pali. Non soltanto Subasic e Schmeichel. Un altro prodigio tra i pali ha attratto su di sé l’attenzione: Akinfeev.
Akinfeev una prodezza attesa una vita
Cresciuto nel CSKA Mosca, squadra nella quale milita tuttora, aveva deluso nello scorso Mondiale attraendo critiche piuttosto negative.
Debole nelle prese in uscita e sui cross, è puramente tra i pali la sua forza, lì dentro il suo bozzolo. Ed è in quel bozzolo che si è trasformato in farfalla in mondovisione, al punto che l’oppositore del Cremlino Aleksey Navalny ha proposto di nominarlo “Eroe della Russia”, la più alta onorificenza della Federazione Russa.
Eroe della Russia, non solo quindici minuti di gloria, eppure oggi si ri-scopre un ragazzo che era stato messo alla gogna, forse non a torto se a spendere giudizi negativi oltre che i maestri del calcio, sono i fatti. Un passato non idilliaco rispolverato in una carrellata volta all’encomio, che paradosso! 32 anni e una prodezza arrivata quando nessuno si sarebbe mai pensato di aspettarla, e invece il tempo è tiranno e galantuomo, rende a chi ha pazienza di aspettare e su quel trentaduenne disilluso, ombroso e sul quale nessuno pensava di dover scommettere ci punta se stesso. Si allena e impara al punto da sperare di finire proprio ai rigori, dovendosi caricare di tutto, con la consapevolezza che questa volta avrebbe attratto le critiche sì, ma positive.
L’excursus di forfait fatto in questi giorni serve relativamente, oggi da dire ci sarebbe soltanto che dietro una prodezza quasi mai c’è la contingenza del caso, ma un allenamento che per essere avvalorato non necessariamente deve prima godere dell’hashtag di tendenza.
Sulla banconota da 100 rubli emessa in onore ai mondiali di calcio dalla Banca Centrale russa è ritratto un portiere che para un pallone slanciandosi in orizzontale. Incisione che i più romantici considererebbero una veggenza se non fosse che quel ritratto in miniatura è quello di Lev Yashin, la storica leggenda russa, l’unico portiere della storia a vincere un Pallone d’Oro nel 1963 e di cui Akinfeev si trascina l’ombra.
Magari il ragazzino angosciato dal macigno della predestinazione, cresciuto deludendo i pretenziosi paragoni con Yashin, ha deciso che quella banconota sarebbe potuta essere la moneta del riscatto e a Mosca, quel guizzo felino dal riflesso di chi pare leggere l’intenzione, arrivando lì dove sembra ancora incredibile arrivarci, a terra in punta di piede, non è stato frutto di un caso ma una prodezza attesa una vita.
Una carambola perpetuata ai rigori, la conclude Subasic
La partita la apre Subasic che si fa prima confondere dalla mischia poi bluffare da Jorgensen lasciandosi sfuggire il pallone tra le gambe che sgattaiola in rete. Dopo soli tre minuti un grandissimo Mandzukic sopperisce in mezza acrobazia in perfetto stile “Mister No Good” come direbbero a Torino, dove quelle acrobazie nella scorsa stagione sono state ricordi e rammarichi. Nulla ha potuto Schmeichel, spiazzato dalla velocità di sentenza ed esecuzione della rete e quasi incolpevole incassa inerme: è 1-1.
E’ Jorgensen a sembrare l’uomo della serata, quando sul concludersi del secondo tempo addizionale abbatte in area Rabic che, aveva bluffato e superato il portiere danese, e stava per calciare davanti la porta vuota. Dal dischetto ci va Modric ma Schmeichel non vuole più sfigurare e gela il croato intercettandone il tiro e parando e a mo di replay del match precedente, il verdetto è affidato ai rigori.
Eriksen è il primo a sfidare l’estremo difensore croato che attentissimo intercetta la palla, calciata con non troppa potenza sull’angolino basso a sinistra, spazzandola sul palo.
Risponde Schmeichel bloccando il successivo tiro di Badelj. E’ la rete del 3-3 quella che Modric questa volta segna ed è l’ultimo prima di festeggiare. Nel frattempo però, è ancora carambola, Subasic la prende ancora e blocca Schone, Pivaric la indirizza in basso a sinistra ma Schmeichel la para ancora ed è ancora pari.
Jorgensen, l’uomo del primo minuto che si era fatto gioco di lui si presentava per ultimo, per un faccia a faccia decisivo ma è il croato ad avere la meglio perché sul discutibile rigore battuto, Subasic lo scruta fino a prevederlo.
Dal fiuto e intuito sopraffino non si muove e blocca la palla dopo il tiro centrale che il danese aveva spedito in porta ed è rivincita firmata Subasic ma tocca a Rakitic a calciare l’ultimo ma Schmeichel stavolta non intercetta e spiazzato, lascia la Danimarca con tanto rammarico e malinconia ma altrettanto orgoglio.
L’Italia insegna e poi sta a guardare gli altri diventare grandi.
Nel bel Paese la frustrazione di “non esserci” si triplica quando in scena va un calcio all’italiana. Catenaccio e trasciniamoci alla lotteria dei rigori, come fatto dalla nazionale russa.
E mentre, sempre in Italia, l’assetto portieri si sconvolge e tutti ne cercano uno (o dovrebbero)… quello in cui l’Italia sta a guardare è un Mondiale satollo di colpi di scena che potrebbero ripercuotersi sul mercato, da poco iniziato e chissà che i colpi di scena non giungano fino all’Italia.
Egle Patané