Mattia Caldara, quel bravo ragazzo che la Signora ha mandato al Diavolo

L'insolita vicenda di Mattia Caldara, juventino da una vita, figlio della Dea e ora alla corte del Milan: gli occhi di tutti saranno puntati su di lui, per capire a chi veramente sia convenuto lo scambio

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Mattia Caldara, difensore centrale: nato il 5 maggio e già questo basterebbe da solo a far parlare di uno predestinato a indossare la casacca bianconera della Vecchia Signora. Ma, certamente, non è stata la sua data di nascita a convincere la Juventus, un anno e mezzo fa,  a scommettere su questo giovane bergamasco classe 1994.

Acquistato nel gennaio 2017 dai Campioni d’ italia dopo una attenta corte all’ Atalanta, Mattia ha tutto ciò che richiede il profilo tipico dello ‘stile Juventus’. Un ragazzo pacato, di buona educazione, cresciuto con la figura di Giorgio Chiellini quale lontano mentore e come Chiellini  prossimo a incamminarsi sulla percorso accademico, nonchè amante in senso lato della cultura, specialmente della letteratura russa. E proprio dallo storico numero 3, in una delle sue prime uscite da Capitano della Vecchia Signora, definito ‘perfetto’ per la Juve.

‘Vittima’ di una operazione di mercato che ha sconvolto – nel bene e nel male – due piazze tra le più importanti in italia, Caldara ha dovuto invece cedere il posto proprio a colui che era stato chiamato a rimpiazzare; le sue parole all’ indomani della cessione hanno un sapore dolceamaro, quasi di nostalgia per qualcosa che non è stato: “Speravo un giorno di avere la possibilità di essere un calciatore della Juve, e invece…”. Un destino strano e bizzarro che ha lo portato nel giro di due mesi a vestire tre maglie differenti e a sfoggiare quella che sognava da sempre solo in una tourneé estiva, di poca risonanza per qualsiasi possibile valutazione.

(Immagine Getty)

Il futuro e vero valore di Mattia Caldara verrà probabilmente fuori in casa rossonera, dove sono passati e cresciuti fior di difensori, mostri sacri come Franco Baresi e Paolo Maldini: è lì che il giocatore potrà definitivamente affermarsi quale colonna portante della difesa Nazionale, sfruttando appieno quel potenziale che la Dea  gli ha saputo forgiare e tirare fuori, proprio sotto gli occhi esperti del ritrovato Paolo.

Avvezzi entrambi a una difesa a tre, simili sotto certi aspetti (come il senso della posizione)  e diversissimi in altri (nella fase di impostazione del gioco), Mattia Caldara e Leonardo Bonucci si sono scambiati in un attimo divisa e posto e ancora non sappiamo bene a vantaggio di chi.  Perché se è vero che il viterbese ha dalla sua affiatamento con i compagni e esperienza, il bergamasco, forte di ben sette anni in meno e margini di crescita indefiniti, è ancora tutto in divenire. Di certo, il giovane centrale resta un rimpianto per la Juventus: il rimpianto di aver corteggiato e coccolato una promessa ma di non averla poi mantenuta, abbagliata dal riflesso di qualcosa che al momento sembra più sicuro e conosciuto ma che rischia di trasformarsi in Chimera. Per contro, il Milan ‘rischia’ di aver trovato una coppia di centrali di tutto rispetto per almeno un lustro, probabilmente la più forte in circolazione a marchio made in Italy.

Per quanto tutti consapevoli che i giovani facciano fatica a trovare un posto nella Juventus – figuriamoci poi in questa di CR7, evidentemente proiettata verso il successo tanto agognato in Europa – ci chiediamo comunque se non sia stato un azzardo concedere a un’avversaria come il Milan, in piena rinascita, un ragazzo che per qualità e personalità possiede tutti i numeri per fare meglio del suo predecessore – sostituto: laddove per personalità si intende qualcosa di comletamente diverso da quello che viene riconosciuto a Leonardo Bonucci, e non per questo meno efficace. Ma a meno che in un futuro le carte in tavola cambino ancora, per il momento è il Diavolo a fregarsi le mani per l’occasione concessagli dalla Signora.

La quale, a sua volta, deve veramente augurarsi che gli ultimi anni di Leonardo Bonucci siano i più sfavillanti, caratterizzati da poche parole, ancor meno ‘colpi di testa’ e quanto meno margine di errore possibile.

Daniela Russo