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Mario Maraschi, viola da scudetto, doriano da derby, ma Vicenza è la sua casa

Mario Maraschi è l'uomo del secondo scudetto viola ma è anche simbolo di un derby della Lanterna in cui fu autore di una rovesciata

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Tante sono le maglie che ha indossato Mario Maraschi ma è soprattutto ad alcune piazze legato.

Dopo l’ inizio in Serie D nel Fanfulla e il passaggio in C alla Pro Vercelli, arriva l’ esordio in Serie A con la maglia del Milan.

Non è, però, con i rossoneri che ha lasciato il segno.

Infatti, l’anno successivo assaporò anche la cadetteria, nelle fila della Lazio.
Fu il capocannoniere della squadra biancoceleste e quella stagione positiva gli valse la chiamata al Bologna (allora campione d’Italia).

Ma, in rossoblu non fu la sua miglior stagione, quindi passò al Lanerossi Vicenza. Qui, con i suoi 8 gol, fu uno degli artefici della salvezza.

Ma non è tutto. Il meglio doveva ancora arrivare…

Passò alla Fiorentina e in viola provò la gioia dello scudetto.
Fu proprio lui a scegliere il club viola tra le varie squadre interessate a ingaggiarlo, come Napoli e Torino. a Firenze fu trasformato da ala d’attacco a centravanti e dopo le 12 reti della prima stagione, ne realizza 14 alla seconda: era la stagione 1968-69 e i gigliati conquistarono il titolo.

Storico il raddoppio realizzato a Torino l’11 maggio 1969 in casa della Juventus per la vittoria decisiva del tricolore che lo rendono uno degli eroi del secondo scudetto viola, quello della Fiorentina «yé-yé» guidata dal Petisso Bruno Pesaola, scrive La Nazione.

Quell’anno i gigliati raggiunsero anche la finale di Coppa delle Alpi.

“Mario ebbe un ruolo fondamentale nella conquista dello scudetto, per i gol, ma anche per la carica  agonistica. Un  entusiasmo che abbiamo continuato a rivedere e ad apprezzare tutte le volte che Mario è tornato a Firenze: per il suo ingresso nella Hall of Fame e per le iniziative delle Glorie Viola”. 

Così lo ricorda Massimo Cervelli, vicepresidente del Museo Fiorentina.

A Firenze è stato solo per tre stagioni, ma ha lasciato il segno con 116 presenze complessive e 49 reti realizzate.

Lasciò i viola nel 1970 e fece ritorno a Vicenza per altre due stagioni in cui fu il protagonista di altrettante lotte positive per la salvezza.

Nel 1972 lascia nuovamente i biancorossi per il Cagliari, ma in Sardegna non riuscì ad ambientarsi quindi, dopo una stagione, decise di cambiare e passò alla Sampdoria.

L’anno prima dovevo andare alla Juventus e invece finii sull’ isola, dove non mi trovai bene, ma andavi dove ti mandavano…”

Con i doriani segnerà 14 reti in 54 partite, una di queste è una rovesciata indelebile nella mente dei tifosi, anche perchè realizzata allo scadere del derby della Lanterna del 17 marzo 1974, che fissò il risultato sull’1-1.

“Chi perdeva, rischiava di finire all’inferno, di fare una vita impossibile a causa degli sfottò dei cugini.
Quando si giocava il derby, all’epoca, Marassi era per tre quarti rossoblù e sono dovuto andare via con la polizia, perché i genoani erano tutti arrabbiati”.

Quel gol, per importanza e gesto tecnico, non può essere dimenticato:

“Stavo poco dentro l’area, con attaccato un difensore, non ricordo chi fosse. Pensai di tentare il colpo di testa, poi capendo che non ci sarei arrivato, d’istinto mi venne di agganciare il pallone abbassandomi con la schiena: capii che poteva venir fuori qualcosa di eccezionale”.

L’anno dopo tornò in Serie D, con il Trento e vinto il campionato chiuse la carriera a Legnago.

Terminata la carriera come giocatore, decise di vivere a Vicenza e rimase nel mondo del calcio scegliendo la carriera di allenatore che lo vide anche sulle panchine dell’Arzignano e del Vicenza calcio femminile.

 

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