Si è dimesso, e con lui tutto il consiglio direttivo. Mario Macalli, presidente della Lega Pro dal 10 gennaio 1997, dopo quasi 18 anni, lascia.
Era un atto dovuto, come pensano molti, soprattutto da quando lo scorso aprile la sezione disciplinare del Tribunale federale nazionale lo inibì per 6 mesi, accusandolo della violazione dell’articolo 1 bis del Codice di giustizia sportiva per aver registrato nel febbraio 2011 quattro marchi (Pergocrema, Pergocrema 1932, Pergolettese e Pergolettese 1932), riconducibili a potenziali nuove società. La richiesta dell’accusa del procuratore Palazzi era di 8 mesi di squalifica.
Che la sua carriera ai vertici del calcio stesse per arrivare ai titoli di coda era intuibile quando lo scorso 10 giugno sono stati perquisiti gli uffici della Figc, la sua abitazione e quella di Tavecchio, mentre Lotito veniva indagato per tentata estorsione: avrebbe fatto avere ad alcune società della Lega Pro dei contributi in cambio dell’appoggio a Macalli durante le elezioni a presidente.
Insomma, le dimissioni erano nell’aria già da un po’ di tempo, ed era il passo più logico anche in seguito alla sfiducia incassata durante l’assemblea di Lega Pro lo scorso 30 giugno, in cui bisognava votare il bilancio relativo alla stagione 2013/14 che già a dicembre non trovò la maggioranza dei consensi. 23 voti a favore, 38 contrari hanno così spinto Macalli a fare un definitivo passo indietro.
Caterina Autiero