ESCLUSIVA – Luca Serafini: “Il Milan deve ridarsi una dimensione italiana prima di coltivare ambizioni europee”

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Mentre il Milan è impegnato con la tournee americana alla ricerca della sua nuova identità, noi di Gol Di Tacco a Spillo abbiamo voluto chiedere a Luca Serafini, volto noto del panorama giornalistico italiano esperto di un’opinione sul periodo nero dei rossoneri e sulle scelte fatte dalla società in merito a calciomercato e allenatore.
Secondo te per il Milan è meglio giocare l’International Champions Cup oppure l’Europa League?

Colgo l’ironia. Il Milan deve ridarsi una dimensione italiana prima di coltivare ambizioni europee di sorta. È lontano anni luce non solo e non tanto dalle grandi squadre continentali, ma da se stesso.

Come vedi la scelta di Montella come nuovo allenatore?

La migliore delle opzioni possibili, nel senso che è stata una candidatura condivisa e sponsorizzata, anche dall’esterno, quindi immagino sarà difeso e sostenuto come invece non sarebbe accaduto con Brocchi e tantomeno con Giampaolo.

Secondo te per il Milan puntare sui giovani è la scelta giusta?

Sarebbe la scelta giusta. Poi però senti parlare di Albiol, Paletta e Caceres. Sono anni che al Milan si parla di giovani e italiani poi arrivano gli Essien…

La vittoria con il Bayern Monaco, dove la squadra ha giocato bene, può essere il segnale della rinascita?

Non scherziamo. Il sole d’agosto disegna miraggi e oasi oppure tempeste, poi quando comincia la stagione le cose vanno spesso diversamente. L’estate 2015 con Mihajlovic fu una delle migliori degli ultimi anni, poi abbiamo visto com’è andata.

Tu chi avresti preso per rinforzare i vari reparti?

Ci sono molti giocatori di qualità in Italia e in giro per l’Europa, basta saperli cercare e scovare. Alcuni li hai proprio sotto agli occhi. Ma un anno fa il Milan si è fatto scappare Dybala, quest’anno Pjaca, quindi di che parliamo? Servirebbero 2 giocatori di qualità per reparto, ma per cominciare Benatia, Schneiderlin o Wanyama e appunto Pjaca sarebbero stati utilissimi, ma parliamo di gente che costa soldi. Quindi…  

Ti saresti mai immaginato che il Milan sarebbe finito nelle mani dei cinesi?

Ancora non immagino nulla per la verità. Il Milan è già straniero da tempo, in mano Berlusconi del quale non si capisce più l’idioma quando parla di calcio: lancia slogan e luoghi comuni a raffica, ma in concreto sembra ignaro dello sfascio. Il problema è che quando un club di calcio europeo va in mano agli arabi, questi ci mettono le loro ambizioni, il loro management, i loro soldi, le loro strategie. Cinesi e thailandesi fino a oggi hanno messo pochi soldi e nessuna idea. La storia recente dell’Inter parla molto chiaro. La storia del Milan ai cinesi continua a somigliare più a una favola che a un romanzo a lieto fine. 

Secondo te che fine farà il Milan?

Dal 2012 sembra che peggio non possa andare, invece va regolarmente peggio, eccome. Bisogna essere ottimisti: è un club che ha attraversato momenti bui e tempestosi da Felicino Riva a Buticchi, da Colombo a Farina. Questa invece è semplicemente la tormentata fine di un’epopea, che per delirio da onnipotenza Berlusconi non è riuscito a rendere fisiologica, trasformandola invece nel drammatico crollo di un impero sia pure sportivo. Peccato, aveva tutto (compresi i soldi) per chiudere trionfalmente la sua era e poi passare la mano. Ma il Milan è il Milan, è sopravvissuto così tante volte al baratro che stavolta può permettersi persino di non avere paura.
Barbara Roviello Ghiringhelli