Novembre 2014, l’Inter non portava a casa risultati, esonero a qualche giorno dal derby; Mancini subentra velocemente a Mazzarri ritrovandosi catapultato sulla panchina nerazzurra nella stracittadina Milan-Inter. Quel giorno una coreografia della nord recitava “Stessa storia, stesso posto, stesso bar”. Sembra esser tornati a qualche anno fa e pensare a quel derby, che alla fine non vincemmo neanche, viene quasi naturale. Ci risiamo. Novembre, un esonero, un derby alle calcagna e una qualificazione in Europa ormai utopica; ripensandoci, oggi, da esporre al derby ci sarebbe “Stessa storia, stesso posto, stesso… No! Non stesso bar, stesso interrogativo”. Mancini al posto di Mazzarri, De Boer al posto di Mancini, Vecchi al posto di De Boer, gli allenatori cambiano ma i risultati non così tanto. L’Inter non si fa mancare nulla e, se i mostri li ha già tirati fuori il giorno prima di Halloween, all’indomani istituisce un’inquisizione da caccia alle streghe e, sul patibolo, ci finisce quello che, fra tutti, era forse il male minore. Male minore? Ma Frank De Boer è stato quello che ha tenuto fuori rosa Brozovic per un mese, non ha ancora utilizzato Barbosa, continua imperterrito a schierare Santon, sostituisce Eder che se la prende, mette Perisic sulla destra e non si fa capire, almeno così dicono. Siamo sicuri sia il male minore? I numeri non sono d’aiuto nel supportare tale tesi e dalla parte di De Boer non si schiera più nessuno, neppure l’avvocato del diavolo e allora, non importa a nessuno se “I giocatori danno massimo il 60-70%”, non importa a nessuno se in campo quel 60% non sanno neppure esprimerlo bene e inevitabilmente si vira per quella che sembra la soluzione più efficace e immediata.
Thohir parlava di grandi cose, riportare l’Inter in alto insieme, un progetto a lungo termine (allenatore compreso); ribadiva la ricerca di nuovi partner economici redarguendo ogni rumors circa la cessione, per poi ritrovarsi, qualche settimana più tardi, a sgretolare quanto costruito in tre anni, almeno in propaganda. Contropiede del Suning e dall’Indonesia si va in Cina, Thohir detiene il 30% e a farsi benedire, oltre che la maggioranza, vanno anche l’allenatore e il tanto acclamato progetto. Reclutato De Boer, l’olandese fa ingresso ad Appiano Gentile a dieci giorni dall’inizio del campionato, un campionato di cui Frank conosce poco o forse nulla; non si parlava di lungo termine? Chi semina, raccoglie e per un raccolto proficuo, l’attesa, la pazienza e il sacrificio sono elementi fondamentali. L’Inter, però, non ha tempo, non dà tempo, non perde tempo, neppure nelle valutazioni. La repentina scelta di affidare la squadra a De Boer ne era già il preludio e, se è vero che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, con analoga repentinità l’olandese è stato scaricato. Nulla che non possa essere giustificato; ottobre, tredici punti, quattro vittorie in campionato (e una in Europa), uno spogliatoio che poco sembrava seguire il tecnico, saremmo pure d’accordo se, riavvolgendo il nastro, la storia non suonasse familiare. Benitez, Gasperini, Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri, Mancini. Una carrellata di tecnici, una quadratura che non si trova, una squadra allo sbando che lascia il tempo che trova, svogliatezza e poca concentrazione in campo, errori individuali determinanti, autobiografie, selfie, dichiarazioni di ogni tipo, tifosi polemici, una situazione che lascia riflettere se non a tratti preoccupare, la colpa? Che ce lo chiediamo a fare? Dell’allenatore, è ovvio! E allora avanti il prossimo; il prossimo però non c’è, perché nella fretta e nella repentinità, l’Inter si è scordata di guardarsi intorno e dopo la caccia alle streghe, via alla la guerra di successione e i braccio di ferro decisionali. Da oriente si punta in alto – arridaje – proponendo nomi declamatori e stranieri; i Re Magi troveranno la stella cometa? Da Appiano, il fronte Ausilio-Zanetti vira per l’autarchia e il profilo giusto prevede l’italianità; uno che conosca lingua e ambiente, possibilmente alto, magro, brizzolato, di nome Stefano ed ex allenatore della Lazio. Kia Joorabchian – superagente Suning- propone Marcelino, ex tecnico del Villareal, e non sono ancora da escludere Hiddink e Guidolin e, mentre a livello manageriale si consuma la convulsa ricerca dell’allenatore magico, l’Europa intanto chiamava e il Southampton attendeva i nerazzurri che, con un posto vacante vengono provvisoriamente affidati a Stefano Vecchi. Reo di non possedere una bacchetta magica e, privo di modalità e tempistiche per dare un’impronta alla squadra cade al St. Mary’s Stadium dopo aver visto i suoi passare in vantaggio grazie ad una prodezza di Maurito, per poi vedere il risultato ribaltarsi grazie alla complicità di Nagatomo che mette a segno. Sì ma nella rete sbagliata. Di male in peggio. O semplicemente al peggio non c’è mai fine, eppure, non volendosi macchiare di peccaminosa avventatezza, dovremmo astenerci da giudizi affrettati dando per spacciato un percorso ancor prima di essere intrapreso, ciò che preoccupa e lascia pensare è, piuttosto, il calendario. L’Europa è quasi sfumata e il prossimo step è la sfida casalinga con il Crotone, per poi andare in standby prima delle delicate sfide contro Milan, Fiorentina e Napoli. Il futuro è più incerto che mai, il presente grigio e il passato, diremmo, nero. La bufera Inter di cui tanto si parlava, alla fine, è arrivata, il naufragio consumato e l’arca sulla quale salire dà segni di cedimento. Da Milano verso Nanchino si inviano segnali di fumo: rimediare al danno prima che la nave affondi e Suning, che nell’affare allenatore vuole avere largo potere decisionale, dalla lontana Cina è approdata a Milano in mattinata. All’Hotel Gallia, dove è stata prenotata una sala a nome dell’F.C.Internazionale, si svolgeranno i casting a partire da questa sera.
Intanto un presidente che garantisca una presenza concreta e costante non dispiacerebbe a nessuno…
Egle Patanè