“Anche se una persona commette un errore, ha il diritto di tornare a vivere”
-Fernando Santos-
È ciò che sta provando a fare Ruben Semedo, che dopo il carcere ha ricevuto la sua prima convocazione nella nazionale portoghese.
La storia di Ruben ha dell’incredibile. 25 anni, due figli, due arresti e quattro accuse: tentato omicidio, sequestro di persona, rapina, possesso illegale di arma da fuoco. Ma Semedo non è solo questo, è un calciatore, attualmente sotto contratto con l’Olympiakos ma con un passato anche in Benfica, Sporting Lisbona e Villareal.
Il suo incubo inizia quasi due anni fa, nel febbraio 2018, proprio mentre si trova in Spagna e ha un contratto con il Villareal.
Il difensore centrale, insieme al cugino e ad altri complici, sequestrano un uomo. A quanto sembra un amico dell’ostaggio doveva cinque mila euro a Semedo. Il giocatore decide così di attirare l’uomo in casa sua, a Torre en Conill, nella periferia di Valencia. È solo una trappola. Lo fa sedere, lo lega alla sedia, e poi il cugino con un altro amico lo minacciano con mazze da golf e da baseball. La vittima del sequestro ha raccontato che il cugino di Ruben avrebbe anche minacciato di tagliargli il mignolo, mentre Semedo gli puntava una pistola alla tempia.
Se non voleva morire doveva dargli l’indirizzo della persona che gli doveva i soldi. L’ostaggio non aveva l’informazione che volevano e il difensore, insieme ai complici, decide così di derubare il suo appartamento. Alla fine l’uomo fornirà un indirizzo falso per liberarsi dei sequestratori e, in un momento di distrazione di Semedo e compagni, scappa e denuncia tutto alla polizia.
Il calciatore e gli amici non avevano messo in conto che nell’appartamento di lusso dell’ostaggio c’erano le telecamere a circuito chiuso.
È la mattina del 20 febbraio 2018 quando la Guardia Civil arriva casa di Ruben Semedo e lo arresta. E non era la prima volta, già nel 2017 era stato fermato dalla polizia per possesso di arma da fuoco.
Dopo l’arresto rimane in carcere cinque mesi. Rilasciato su cauzione, sta ancora scontando un periodo di libertà vigilata. Ruben però non ha mai dimenticato la sua grande passione, il calcio.
Durante la detenzione si è allenato con la squadra di calcio del carcere e una volta uscito nulla gli ha impedito di ricominciare la sua carriera. Prima in patria, al Rio Ave, poi la chiamata dell’Olympiakos e l’opportunità di giocare anche in Champions League.
I sogni, e le speranze, però per lui non sono finiti qui. Fernando Santos, commissario tecnico del Portogallo, ha infatti deciso di convocarlo in nazionale per le qualificazioni a Euro 2020. Dal carcere alla nazionale dopo solo 15 mesi. Una possibilità per dimostrare che Ruben è davvero cambiato.
Alessandra Cangialosi