«Prima viene l’uomo, poi il calciatore. Educazione, rispetto, profitto scolastico. E voglio vedere la pagella: se non vai bene a scuola, non giochi nell’Atalanta».
Sono parole di Fermo – detto Mino – Favini, storico talent scout dell’ Atalanta ma, diciamoci la verità, figura al di sopra di ogni colore.
Non so quanti di voi l'abbiano conosciuto o sapessero chi fosse e cosa faceva. È stato uno scopritore di talenti. E voleva che i suoi calciatori fossero prima di tutto uomini e che coltivassero l'educazione. Il suo calcio era… il Calcio. Un ricordo affettuoso. #Favini
— riccardo cucchi (@CucchiRiccardo) April 23, 2019
Una vita passata a trovare la stoffa del campione tra decine e decine di ragazzi visti, osservati, esaminati: con quell’ innato suo fiuto ne ha annoverati a decine, molti dei quali poi arrivati a vestire la maglia della Nazionale.
Da Pietro Vierchovod a Stefano Borgonovo, da Simone Padoin a Simone Zaza, da Gianluca Zambrotta a Alessio Tacchinardi: e la lista potrebbe continuare per molto.
Cresciuto nelle giovanili del Meda, suo paese natale, Mino esordisce in Serie A con la Dea Atalanta dopo essere stato legato in B a Como e Brescia. Tornerà ancora a Brescia per poi concludera la sua carriera da attaccante alla Reggina, sempre in serie cadetta.
Ma la sua vera strada si spiana quando appende le scarpette al chiodo: il Como lo chiama in qualità di responsabile del settore giovanile. Sotto la sua osservazione emergono alcuni dei nomi sopraccitati e altri come Egidio Notaristefano e Andrea Fortunato. Il primo esame cui Favini li sottopone è quello del rispetto delle regole e della buona educazione. Una condizio sine qua non per un uomo d’altri tempi, per il quale la vita privata ha sempre avuto la precedenza su qualsiasi altro status, calciatore compreso.
Perché quello che hai dentro lo trasmetti, inevitabilmente, fuori.
E’ all’inizio degli anni ’90 che Percassi lo chiama alla Dea, cui resterà legato fino al 2015 mettendosi in mostra come uno dei più grandi scopritori di talenti a livello europeo e rendendo il vivaio bergamasco uno dei più floridi nel Continente. Così il Mago di Meda lavora assiduamente alla sua fucina ricca di ottimi calciatori e di qualche bel campione, tra intuizioni geniali (capì quanta importanza potessero avere nel calcio moderno i calciatori di ‘piccola taglia’) ai successi della Banda Prandelli con la Primavera orobica a incantare il mondo del calcio giovanile nell’anno 1992/93.
Ambrosio; Foglio, Viali, Pavan, Tresoldi; Capecchi, Tacchinardi, Poloni, Locatelli; Morfeo, Pisani: arrivava tutti dal vivaio e tutti hanno poi fatto i professionisti . Era l’ incarnazione del lavoro – perfetto – di Favini e del suo staff.
Mino Favini se n’è andato a 83 anni sempre a Meda, dove aveva riportato un ictus che pian piano lo ha sconfitto. Restano la sua educazione, la sua intelligenza unita a sensibilità, la sua competenza sul campo: bagaglio prezioso di cui l’Atalanta resta depositaria e che confida in Giampiero Gasperini, lui che così bene ha fatto sua la lezione del Maestro del nostro calcio.
#Atalanta in lutto per la scomparsa di Mino #Favini.
Ciao grande Mino ??? https://t.co/pfM0Ad92mi pic.twitter.com/xjmcEseJh7
— Atalanta B.C. (@Atalanta_BC) April 23, 2019
Daniela Russo