Un soldato come Sinisa Mihajlovic perde le battaglie, ma difficilmente le guerre.
Eccolo dunque al Bologna, pronto per una nuova avventura.
Lì, su quella panchina che lo ha visto muovere i primi passi da allenatore dopo essere stato il vice di Mancini in nerazzurro.
Una prima esperienza, quella al Bologna, breve e non facile, che servì a fargli le ossa già dure come il marmo.
Esonerato dopo sei mesi, riuscì a collezionare una sola vittoria.
Al Catania invece Mihajlovic si prende le sue prime soddisfazioni da allenatore.
Da sempre amante delle situazioni complicate, riesce a conquistare con gli etnei la salvezza matematica e a sconfiggere avversari come Inter e Juventus pur giocando fuori casa.
Record di punti, con un volo dal terzultimo al tredicesimo posto.
Nonostante tutta Catania sia in festa, le dimissioni dell’allenatore serbo arrivano come un fulmine a ciel sereno. Ciò che si seppe sulla decisione di Mihajlovic rimane nella lettera che mandò alla società catanese.
È con la Fiorentina che Sinisa milita sulla stessa panchina per più di una stagione. In Viola però viaggia spesso in anonimato e nel novembre del 2011, nonostante avesse espresso il desiderio di restare a lungo a Firenze, il presidente Della Valle scontento dei suoi risultati ricorre all’esonero.
Le esperienze amare in Serie A lo (ri)portano nella sua Serbia, della cui nazionale diventa commissario tecnico. Sfortuna vuole che i serbi si ritrovino in un girone con Belgio e Croazia, mancando così la qualificazione per i mondiali brasiliani.
Il club sembra un habitat più congegnale a Mihajlovic, che preferisce ritornare in Italia ad allenare la Sampdoria, squadra che gli regalò tante soddisfazioni in gioventù.
È con i blucerchiati che arriva la sua vera consacrazione da allenatore.
La media punti della Samp si alza notevolmente e la fiducia nei confronti di Mihajlovic cresce a vista d’occhio. Nel secondo anno al club sfiora la zona Champions e conquista un ottimo settimo posto.
Anche stavolta triste e a tratti ingiustificato l’addio a fine stagione, tramite una lettera destinata a tutto il popolo sampdoriano; pochi giorni dopo, a testimonianza nell’ineccepibile lavoro svolto a Genova, Football Leader decide di premiarlo come allenatore dell’anno.
Al Milan la strada è molto più in salita e all’indomani della finale di Coppa Italia persa contro la Juventus anche l’avventura in rossonero ha vita breve. È stato il Torino invece la sua ultima panchina in Serie A prima del nuovo approdo al Bologna.
Anche con i granata l’epilogo per Mihajlovic è stato rappresentato da un esonero, dopo una prima metà di stagione molto positiva e all’insegna dei goal che al giro di boa del campionato non è stato possibile ripetere.
Unica parentesi europea quella neanche mai iniziata con lo Sporting Lisbona, di cui il serbo è stato allenatore per appena nove giorni.
Federica Vitali