In un momento storico in cui pensare e parlare di calcio è davvero difficile, è bello ripensare a quelli che sono stati (o sono ancora) i monumenti calcistici della presidenza di Aurelio De Laurentiis.
Il calcio ai tempi del COVID-19.
Ormai ogni aspetto della vita di ognuno di noi è legata indissolubilmente a questa sigla che fa paura, che ricorderemo fino all’ultimo dei nostri giorni (perché è impossibile che resti solo un brutto e lontano ricordo, ha fatto troppi danni…), che ha letteralmente messo ai box le nostre vite, i nostri progetti, i nostri sogni, le nostre passioni.
Ah già, le passioni! Quelle vere, viscerali, che ci fanno battere il cuore, litigare e allontanare, ma anche avvicinare e condividere.
Lo sport, ad esempio, quello sano e beatamente competitivo, quello che ci fa disperare una domenica si, l’altra pure e anche nei turni infrasettimanali e nelle coppe. Quel bel calcio che ormai da quasi un mese manca nelle vite dei tifosi.
Tutto fermo, tutto in forse, tutto incolore, inodore, insapore.
Nell’attesa che il brutto finisca e che quello che di bello ognuno aveva nella propria quotidianità, largo spazio ai ricordi allora.
Forse solo quelli, in questo preciso momento storico, possono essere una piccola dose di medicina, ingerita magari col contagocce, per sopportare meglio questa quarantena forzata, questo dramma mondiale che ci lega ai pensieri e alle nostre case.
Per chi, come la scrivente, ama il calcio in maniera invereconda, e tifa Napoli fino al midollo, riguardare le vecchie immagini delle passate stagioni azzurre e provare ancora le stesse emozioni, è uno dei pochi modi per mantenere viva e intatta la passione.
Il Napoli di ieri di Maradona, di Careca, di Alemao, di Bruscolotti, di Giordano.
Quello ancora più “vecchio” di Vinicio, quello ancora di Krol…
Il Napoli di oggi, dal 2004 più precisamente, ossia dall’inizio dell’era De Laurentiis, dalla risalita dopo l’abisso del fallimento e della C, fino ai fasti europei con Mazzarri e Sarri.
Di questo Napoli, dei suoi campioni, di quelli che sono arrivati all’ombra del Vesuvio che erano già famosi e quelli che lo sono diventati calpestando l’erba del San Paolo ed entrando nel cuore della gente.
Allora, cara scrivente, secondo te, chi sono le sette meraviglie del Napoli di ADL?
A seguire, una breve e del tutto personale classifica fatta col cuore:
7) Calaiò: lavoratore instancabile, artefice della doppia promozione della squadra azzurra dalla C alla B e poi alla massima serie. Bello e bravo, resta indimenticabile bomber non solo sul campo ma pure nel cuore di molte azzurre (io).
6) Quagliarella: la breve parentesi partenopea, il trasferimento alla Juve, l’etichetta di traditore appiccicata addosso con infamia fino al chiarimento del perché di una scelta difficile e dettata da una vicenda personale assurda. Un professionista esemplare, un campione dentro e fuori il campo, uno che Napoli non ha mai dimenticato.
🇦🇷 ¡Gracias por todo, @PochoLavezzi! 😍
💙 #ForzaNapoliSempre https://t.co/ciNemb7RKy
— Oficial SSC Napoli (@sscnapoliES) November 29, 2019
5) Lavezzi: il Pocho, lo scugnizzo, quello votato all’eccesso, il “cuore pazzo” come lo denominava Auriemma. Quello delle cavalcate velocissime e delle reti mozzafiato. Praticamente la napoletanità innestata in un argentino.
4) Higuain: il cuore davanti a tutto. Un quasi sconosciuto proveniente dal Real Madrid che a Napoli è diventato un re, il re del record di gol, di uno in particolare in rovesciata contro il Frosinone… Poi l’addio e la Juve, le polemiche, le ripicche, l’astio e anche per lui l’etichetta di Giuda ma un campione è un campione…
E chi tifa Napoli non può dimenticare Gonzalo!
3) Cavani: un mostro! Assolto padrone del campo, dell’area di rigore, della tecnica, del fisico possente, delle reti impossibile, quello che “matava” i tori (il suo soprannome, “Matador”, è oramai storia).
Napoli lo invoca ancora oggi che, alla veneranda età di 33 anni, incanta ancora ogni volta che è in mezzo al campo, palla al piede.
2) Mertens: un autentico figlio di Napoli. Simpatico, piacione, alla mano, il folletto dalle esultanze stravaganti e dai gol risolutivi. Quello che ti salva la partita, che ti fa ridere, che ti fa capire quanto ama Napoli e quanto gli piaccia ancora stare a Napoli. Manca poco per il titolo di migliore marcatore della storia del club azzurro. Dries/Ciro è una parte di Napoli, lo sarà, nei secoli.
1) Hamsik: la bandiera, il Capitano, il re dei registi azzurri, il padrone del centrocampo. Insostituibile, concreto, serio, mai sopra le righe, riservato. Un giocatore il cui nome ogni tifoso vorrebbe poter gridare per l’esempio dentro e fuori il campo dato in dodici, memorabili anni in maglia azzurra.
Questi i sette della scrivente, quelli dell’era ADL, quelli dei pianti di gioia per un gol fatto e di disperazione per uno mancato, per una Coppa Italia alzata al cielo e per un urlo Champions dalla curva del San Paolo.
Nella speranza che tutto questo possa tornare, ora restano le memorie e le speranze, quelle di vedere i propri idoli ancora cavalcare il prato verde, emozionarsi ed emozionare.
Simona Cannaò