L’Inter è finalmente tornata alla vittoria, la prima del 2019, la prima dopo Empoli, la prima dopo tre sconfitte consecutive clamorose e assurde. Dopo il pareggio casalingo spompo e sterile di reti con il Sassuolo si sono susseguiti i ko contro Torino, Lazio (in Coppa Italia) e Bologna.
Dal mercato al rinnovo di Icardi, di vicende extra-calcistiche piombate addosso la Beneamata ce ne sono state fin troppe e il turbinio creatogli attorno ha ulteriormente minato e destabilizzato una solidità d’animo che l’Inter ha dimostrato di non possedere ancora del tutto.
Spalletti, tradito sul campo e ‘fuori’ dai suoi alfieri principali, sembrava aver perso più che la bussola le redini di un cavallo in piena corsa imbizzarrita che ha rischiato di farlo sobbalzare giù dalla groppa con un tonfo dalle conseguenze irreversibili. Contro i felsinei lo sbando e il caos si erano impossessati di campo e squadra e l’immediato risvolto è stato deteriorante psicologicamente. Il solo punto in tre partite mentre le dirette rivali innescavano la miccia di ripartenza stringendo morsa e carreggiata infuocavano gli animi forse più del dovuto: l’Inter sembrava un fiore in fase di appassimento.
Dagli occhi lucidi del post Bologna agli occhi lucidi del post Parma
A percepire e calibrare l’impatto psicologico sulla squadra di certi cicloni mediatici sembra essere stato soltanto Spalletti che ha continuato a parlare di destabilizzazione per cause contingenti e certamente evitabili. Destabilizzazione e inquietudini che nessuno meglio dell’allenatore percepisce e conosce; non è un caso l’intuizione del toscano di includere nei 21 da portare a Parma Keita Balde nonostante l’impossibilità di impiego per l’infortunio non del tutto riassorbito; l’ex laziale infatti, come sottolineato dall’allenatore stesso, ha il pregio di tenere alto lo spirito di gruppo e l’ilarità all’interno dello spogliatoio e nella gara di ieri il numero 11 nerazzurro è stato il dodicesimo uomo, contribuendo alla causa come collante di un gruppo che necessitava unione e fiducia per ritrovare verve indispensabile contro un Parma sull’onda dell’ottimismo ed euforia che il pareggio allo Stadium della scorsa settimana aveva inevitabilmente regalato.
1-0 per Spalletti che con la sua mossa è riuscito nell’intento, Keita il motivatore ha sortito l’effetto sperato così come la motivazione che il toscano ha impartito ai suoi nei giorni precedenti alla partita. L’Inter scesa in campo ieri sera al Tardini sembrava quella che durante la stagione in diverse occasioni aveva convinto guadagnandosi applausi ed encomi; quella con il coltello fra i denti e le idee ben chiare di ciò che andava fatto: serenità, spirito di squadra e grinta.
Una squadra lontana anni luce da quella spaesata, nevrotica, disordinata e sprovvista che domenica scorsa al Meazza ha sconcertato e a tratti inorridito. La Beneamata è tornata se stessa ritrovando tutti quegli elementi che per Spalletti sono le componenti da Inter che lui stesso faticava a riesumare in se stesso e nella squadra.
Il risveglio di Aurora
Dopo essersi punta il dito con il fuso dell’arcolaio ed essere caduta nel sonno più profondo, la bella addormentata riceve il bacio e si risveglia da quel torpore che iniziava a preoccupare. I nerazzurri lasciano la prima parte di gara in mano ai padroni di casa che si rendono pericolosi con Gervinho che colpisce la traversa, ma la coppia Skriniar-De Vrij e un ottimo Asamoah tengono alto il muro difensivo permettendo al resto dei compagni di prendere le misure necessarie a cucire addosso agli uomini di D’Aversa un abito dalle maglie sempre più stringenti.
I meneghini crescono con lo scorrere del cronometro e se a livello tecnico non realizzano la partita migliore della stagione, riescono finalmente a centrare un obiettivo che sembrava esser diventato figlio di un sacrilegio.
Finalmente arriva il principe che risveglia la bella Aurora che di bello, però, al di là del risultato non ha avuto troppo. Ad esser certosini, gli errori sotto porta e l’inghippo dalla trequarti in su non è ancora stato sciolto, specie perché l’uomo delle certezze sembra essere ripiombato in quel periodo di magra che di tanto in tanto lo risucchia.
Icardi che succede?
Mauro Icardi, quello dei gol da record, nella giornata di ieri ne ha oltrepassati ben due, ma in negativo: ieri allo scoccare del 45′ l’argentino registrava una magra di score a fronte dei suoi ultimi 16 tiri in porta, dato mai registrato in carriera, e al 90′ registra un negativo di goal nelle ultime 7 partite, ben 644 minuti, dato che non si registrava dai tempi della Sampdoria.
Lautaro come Gabigol? Semmai LauinGOL
Per un argentino che si perde uno che si trova e a spezzare l’incantesimo ci pensa quel numero diez che in molti avevano già bollato come il nuovo Gabigol. Così come con il Napoli risolve una partita che sembrava non sbloccarsi, ma ancor più che quel giorno con gli azzurri, la posta in gioco personale questa volta è ben più alta, dopo i fatidici errori contro Torino, Lazio e Bologna, alcuni quasi imperdonabili, la voglia di riscatto è fin troppo straripante e il Toro ci impiega soltanto centosessantuno secondi per entrare in partita ma soprattutto andare in rete.
Dopo il gol poi annullato di Danilo D’Ambrosio per l’ausilio di braccio di cui il napoletano si avvale, questa volta neppure il Var può salvare Sepe and co, la rete è valida e perfetta: dopo 366 minuti l’Inter ritrova finalmente il gol.
La principessa si risveglia ed è ilarità generale di cui non ci si può privare, tantomeno preoccuparsi di non farlo. Spalletti primo fra tutti sorride come non accadeva da quell’Empoli-Inter ma a il sorriso di Luciano non è soltanto frutto del risultato. A rendere il sorriso all’uomo di Certaldo è anche e soprattutto il pupillo ritrovato che se con il Bologna non aveva fatto malissimo, ma neanche benissimo, a Parma ha rimesso a posto i critici riprendendosi il suo posto e gli applausi che latitavano da ormai troppo tempo.
Il Ninja si ri-prende il suo posto e gli applausi
A mancare solo il gol come ciliegina che avrebbe farcito una torta che nei suoi 88 minuti di gioco ha comunque reso parecchio ghiotta. Se, però, a svegliare Aurora dal torpore ci ha pensato Lautaro Martinez, il cavallo con il quale l’argentino ha affrontato la selva nera porta il 14 sulle spalle. La palla che Lautaro ha infilato alle spalle di Sepe infatti è stata servita dal centrocampista belga che negli ultimi tempi aveva latitato per prestazioni ma anche e soprattutto presenze. Perisic con l’ausilio del solito provvidenziale Marcelo Brozovic recupera palla al centrocampo strappandola dai piedi di Kucka e la serve al Belga che galoppa aprendosi un corridoio perfetto per Martinez che di forza irrompe in area, non si lascia contrastare e infila sotto la traversa il gol vincente.
Nel post partita Radja si presenta ai microfoni parlando con una maturità di cui le vicissitudini recenti avevano fatto dubitare. Parole che i nerazzurri speravano di udire da ormai un po’ di tempo a questa parte specie dopo quell’Inter-Napoli al quale fu escluso per quel genere di motivazioni che poco gradiscono i tifosi, nella fattispecie quelli della Nord di Milano, esigente per antonomasia.
Leadership, buona prestazione e parole di miele e il primo passo per la rappacificazione è imboccato, ma il tifoso più scettico si mantiene cauto perché come qualcuno tiene a sottolineare non è certo una rondine a far primavera, ma per quant’è vero che ben lungi dal lasciarsi ammaliare da una buona prestazione e un’orazione ben pronunciata Radja Nainggolan, più che a parole si esprime e risponde con i fatti e ancora una volta sono le statistiche a sposare la sua causa più che quella dei contestatori.
Egle Patanè