Home Calcio Italiano LautaGOL anche in Seleccion. Inter, guarda che Toro quel Lautaro Martinez!

LautaGOL anche in Seleccion. Inter, guarda che Toro quel Lautaro Martinez!

Lautaro ci ha preso gusto e dopo essersi preso l'Inter, ad un anno dalla prima apparizione in Seleccion, si prende anche l'Argentina. Signore e signoriEl Toro Martinez

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Lautaro ci ha preso gusto, in Seleccion come all’Inter: Lautagol. Signore e signori El Toro Martinez

L’Argentina perde contro il Venezuela ma la partita, finita 1-3, conta una rete per l’Albiceleste segnata da un certo Lautaro Martinez non più così sconosciuto neppure da queste parti dell’Atlantico.

Lo scorso anno di questi tempi il solo nome era un interrogativo bello e buono, specie per  gli interisti più scettici. Da quasi sconosciuto arriva a Malpensa e si era già guadagnato l’appellativo di nuovo Gabigol.

Di GabiGOL, però, solo il gol

Lautaro si era presentato ai nerazzurri l’11 agosto con un acrobatico gol segnato all’Atletico durante il tour estivo. Un gol preludio di quello che era ed è Lautaro: tanti muscoli, grinta, fisico e irrefrenabile garra uniti ad un ancora inesplorata qualità.

Atletico Madrid v FC Internazionale - International Champions Cup 2018
MADRID, SPAIN – AUGUST 11: Lautaro Martínez of FC Internazionale #10 scores the opening goal the opening goal during the International Champions Cup 2018 match between Atletico Madrid and FC Internazionale at Estadio Wanda Metropolitano on August 11, 2018 in Madrid, Spain. (Photo by Claudio Villa – Inter/Inter via Getty Images)

Quella che avrebbe dovuto dirla lunga è la sua storia iniziata con un passaggio di testimone che all’Inter avrebbe già dovuto far raddrizzare le orecchie. Un primo novembre 2015, il Racing Club di Avellaneda giocava contro il Crucero del Norte. Mancavano 10 minuti al triplice fischio e dal campo usciva un ex interista, uno che a Milano è tutto fuorché uno qualunque: Diego Milito. Il Principe usciva dal campo per far spazio ad un certo Lautaro Martinez, per la prima volta in campo con i biancoazzurri.

Da lì, è storia. Né troppa, né ancora leggendaria. Ma tempo al tempo perché El Toro ha ancora tantissima qualità da esprimere e versi da scrivere. Al Racing Lautaro ci ha lasciato buona parte di cuore. Sarà per questo che al suo primo arrivo a Malpensa sembrava corrucciato e non sorrideva molto. Spaesato, quasi scocciato, non ha accennato a grandi sorrisi, giusto semplice cordialità di cortesia infrantasi con la fretta di salire in macchina. In cuor suo non avrebbe mai lasciato il Racing né l’Argentina ma Milito era stato convincente in questo: diventa grande e poi torna pure a casa ma da vincente, così come fatto da lui.

Mi casa es tu casa

Così Milito lo porta a Milano, con la complicità di Zanetti e l’intuizione di Ausilio che una volta appurate le doti dell’argentino non se lo’è lasciato scappare. Contatti e contratti, a marzo dello scorso anno Lautaro era già prossimo all’Inter. Per il suo tesseramento, per quanto cruciale, persino Milito in realtà è apparso superfluo. Le referenze più grandi le hanno fornite il campo e la sua professionalità nonostante l’età.

Non c’è voluto molto a convincere l’Inter, Lautaro ha stregato tutti sin dall’inizio. Il suo soprannome, El Toro, non è difficile intuire da cosa provenga: possente, dal fisico massiccio, alto poco meno di 1,75 m per 73 kg circa. E’ una bestia, dicono in Argentina e ad onor di vero lo è. Fisico mastino e imponente, quasi impressionante a giudicare dal quadricipite e considerata l’età.

Ad impressionare però non soltanto il fisico erculeo, ma anche e soprattutto la forza che ne consegue. Il tiro violento e preciso è una delle qualità maggiori dell’argentino, tuttavia a fare di lui un giocatore immenso è una serie di qualità ancora agli albori. Come dimostrato sin dai tempi della Reserva, è in grado di giocare molto bene in entrambe le fasi. La possanza di cui gode lo rende particolarmente abile nella protezione del pallone sbilanciando talvolta l’avversario. La fisicità, però, non interferisce con l’agilità di movimento che al contrario è un’altro dei suoi punti forza.

Se Icardi è il classico attaccante da area che attende il servizio dei compagni, Lautaro non riesce a star fermo, andando alla costante ricerca della palla. Irrefrenabile e iperattivo, si muove in orizzontale quanto in verticale scendendo spesso persino oltre il centrocampo, inserendosi tra le linee nel tentativo di strappare il pallone dal piede degli avversari e innescare la manovra offensiva.

Dotato di velocità, si lancia in contropiede ma l’ottima visione di gioco gli permette anche di accompagnare l’azione facendosi trovare sempre pronto a ricevere e scaricare, in porta come sui compagni. Nonostante il gol sia nelle sue corde come la ricerca della porta, riesce a render onore al 10 che porta sulle spalle nonostante il trequartista non sia esattamente il ruolo che più gli si addice. L’agilità di movimento anche nei giochetti di gambe fa sì che riesca a puntare l’avversario con ottimi risultati. Liberarsi dell’avversario e nell’eventualità scaricare sui compagni, addentrarsi in area, muoversi sulle fasce, andare verso il fondo e tagliare verso il centro lo rendono quel giocatore che sarebbe potuto servire ad irrobustire un attacco potenzialmente micidiale, se saputo accoppiare a Mauro Icardi.

Le suddette qualità, già parecchio evidenziate ai tempi del Racing, lo inserivano bene idealmente in un modulo a due punte. Tuttavia Spalletti ha dimostrato difficoltà di duttilità in tal senso e l’impasse a variare il 4-2-3-1 lo aveva relegato ad una panchina ingiustificata specie dinnanzi ad un’altrettanta ingiustificata titolarità fissa di Perisic. Ciononostante ogni qual volta entrava in campo Lautaro riusciva a risultare quasi sempre determinante. Contro il Napoli così come con il Parma, il Toro entra, il Toro incorna.

Icardi gli ha servito l’assist per il gol più bello: la titolarità

La fortuna del diez nerazzurro è stata paradossalmente la sfortuna del connazionale e amico Maurito. Se c’è qualcosa di buono, forse l’unica, di tutto il putiferio venuto fuori con la questione Icardi è proprio lo spazio che il numero 9, con la sua assenza, ha inevitabilmente lasciato a Lautaro. Con il suo assenteismo Mauro ha lasciato un vuoto lì davanti che Spalletti non ha potuto che colmare con Martinez.

Al Tardini, dove entra al 77′ ci mette soli due minuti per andare in gol e svoltare una partita fino a quel momento pietrificata. Il Parma, l’ultima delle partite giocate da ‘riserva’. Da lì a quattro giorni l’Inter si capovolge e con lei la stagione di Lautaro.

Ad ogni no di Mauro, un sì sempre più convincente di Martinez. Con freddezza e cinismo si prende carico dell’Inter iniziando ad imporsi come leader indiscusso. Da Vienna un crescendo di prestazioni fatte da personalità e qualità che non gli sono mai mancate e che, al contrario, aspettavano soltanto di essere espresse. Andando in gol o meno, la sua presenza è risultata sempre più determinante: la sua assenza con l’Eintracht, nella partita di ritorno, è stata più influente di quanto si auspicava. A mancare più che il gol, il suo carattere.

Inter.it

Carattere però che non è mancato al derby. Infuocato dal rosso di cui si era infiammato per l’occasione San Siro, il Toro non ha potuto che gasarsi e nel suo primo derby di Milano ha imbastito una prestazione monumentale. L’assist per il gol di Vecino è solo una delle tante sfumature di Lautaro. L’argentino, mai domo, sempre sull’attenti e magistrale nelle letture delle azioni come delle giocate, riesce ad anticipare movimenti di compagni quanto avversari. Batte tutti sul tempo e non a caso è impeccabile negli inserimenti anche di testa. La cosa che più lo rende maestrale è quella freddezza che, nella scorsa partita, ha glaciato Donnarumma più di tutti. Perfetto dagli undici metri, insacca il terzo gol e si prende non solo San Siro, ma una città intera.

Getty Images

Già prima del derby Lautaro aveva intascato la convocazione in Nazionale e ad un anno esatto dalla sua prima apparizione in Seleccion, arrivata il 23 marzo 2018, Lautaro si prende pure l’Argentina. Già amato da quella parte dell’Atlantico, ieri si prende tutte le lodi. Malgrado la sconfitta, infatti, ha dato modo di brillare persino più di un non proprio qualunque Leo Messi.

 

Egle Patanè

 

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