“Per me giocare a calcio è un privilegio”: parola di Laura Giuliani.
Sicuramente una delle migliori Azzurre in questi Mondiali di Francia.
Un rigore parato nella prima gara – quello alla Kerr, nel debutto contro l’Australia – e tanti interventi degni di nota che hanno comunicato il suo spessore come portiere e alle compagne la solidità e la sicurezza di cui la squadra ha bisogno. Una sicurezza costruita durante tutta la sua storia, fino alla maglia azzurra: una storia fatta di sacrifici, di vita all’estero, di lavori notturni che le permettessero di dedicarsi durante il giorno a quel grande privilegio che le è stato concesso.
Del resto l’avventura della Giuliani in questo mondo cominicia quando era solo una bambina, come lei stessa racconta:
“In realtà ancora prima dei sei anni, con i miei compagni all’asilo. Non vedevo l’ora di uscire in cortile per giocare con i maschi. Ma il primo ricordo che ho, limpido, è di me stessa che gioco con mia sorella”.
Determinata seppur ancora piccola, Laura (da ragazza educata) chiede il permesso ai suoi di potersi dedicare a quello sport tanto amato. I quali, seppur – forse – sorpresi, la appoggiano. Con un complice in più: il nonno, che l’ha sempre incoraggiata senza alcun pregiudizio. Il suo primo supporter, per il quale il portiere continua a giocare anche ora che non c’è più.
E poi Cristian Cottarelli, suo fidanzato da sette anni: ‘numero uno’ come lei – gioca in eccellenza, nel Chieri – e compagno dentro e fuori dal campo. Uno scambio reciproco e continuo, che li ha portati a un’ unione quanto mai speciale.
Cresciuta nella S.S. La Benvenuta, società di Bollate, è lì che esegue le sue prime parate prima di trasferirsi a Como. Con il Como 2000 debutterà in prima serie, nel 2011: prima di scegliere la suggestione della carriera in Germania.
In terra tedesca Laura si confronta con il calcio ma anche con vari mestieri: lavora in un bar, in fabbrica e fa persino la panettiera. “Il fatto di lavorare contemporaneamente al calcio è stato un modo per staccarmi dalla routine e per avere un’altra visione delle cose. All’inizio ho lavorato per costrizione, poi è stata una scelta”. Un’esperienza di formazione, per lei che della tedesca ha qualcosa anche nel viso e nei colori. Qualcosa che poi – come lei stessa ammette – le è rimasta dentro. La sua ultima annata al Friburgo, tuttavia, la vede sempre in panchina, alle spalle di Laura Benkarth. Lì, la giovane capisce che è arrivato il momento di tornare a casa.
Ad aspettarla, la Vecchia Signora.
Il suo ruolo di estremo difensore è fondamentale benché meno appariscente, rispetto alle compagne attaccanti. Eppure Laura, messa in porta così, perché “quando ho cominciato non sapevano che ruolo affidarmi”, è cresciuta tra grandi esempi – due a caso, Toldo e Buffon – e ambisce a essere come i migliori. Tanto che non vuole sentir parlare di porte più piccole per le donne. Il calcio è uguale per tutti e la Nazionale che lei – come le sue colleghe – vuole difendere con onore sta da tempo lottando per abbattere tutti i pregiudizi.
Stasera la sfida con la Cina, un ottavo di finale che ha sorpreso per prima loro stesse, che si sono tuffate in questo mondiale come ci si tuffa in un bellissimo sogno. Grande sintonia, affiatamento, mente sgombra: sono questi gli ingredienti che spingono le Azzurre oltre il limite, quello stesso che proveranno ancora una volta a superare tra poche ore.
“Quando penso al calcio, penso alla sensazione di quando indosso i guantoni: come un rito sacro. E quando, come sempre, metto prima il sinistro, vuol dire che sta per cominciare la battaglia”.
Siamo tutti pronti a questa nuova battaglia, Laura.
Come sempre tra i pali di quella porta che mai dovrà essere rimpicciolita, perché la sua ampiezza racconta ciò che le donne portiere hanno sudato pur di difenderla. Sarà di sicuro una bella sfida al di là del risultato: il sogno, quello, nessuno potrà portarlo via. Nè a Laura Giuliani, nè a nessuna delle nostre Azzurre.
Daniela Russo