Ricordate tutte le volte che avete detto "non vedo l'ora"? Ecco, l'ora è arrivata.#InterIsHere ⭐️⚽ pic.twitter.com/riofgv8q9o
— Inter (@Inter) September 17, 2018
” Ricordate tutte le volte che avete detto “non vedo l’ora”?
“Di forza e caparbietà Matias Vecino prende l’Inter e la trascina in Champions League!”. Ci eravamo lasciati così quattro mesi fa quando la rete di Matias Vecino rifilata alla Lazio in extremis staccava un biglietto di solo andata per l’Europa. Nel frattempo tra mercato, plusvalenze, liste Uefa è già tempo di Champions e quella rete dell’uruguaiano sembra lontana una vita.
Il desiderio e l’ansia di tornare a calcare San Siro con l’aria che sa d’Europa sono comprensibilmente parecchi; l’ultima partita di Champions troppo datata per riesumarne le lacrime, si concludeva con un piagnisteo generale sul manto di San Siro, 2-1 contro l’Olympique Marsiglia che all’andata però si era imposta per 1-0: fuori agli ottavi, da lì più nulla. Un’assenza diventata sempre più pesante col passare degli anni, degli allenatori, delle società…
In questi sette anni di assenteismo, da un lato il deprimente esilio dalla massima competizione europea autoimposto, dall’altro una sempre più crescente voglia di tornare ad esserci che puntualmente si infrangeva nevrotica tra gli scogli di rimpianti e rammarichi di ogni fine stagione. Quest’anno il grande ritorno iniziato con De Vrij (ancora laziale) che affonda Icardi in area come assist del 2-2, poi quel corner e la testa del numero 11 più alta degli altri e da Inter coming, Inter is here.
Ed eccola qua l’Inter, faccia a faccia con una realtà che non offre più tempo, né seconde possibilità specie adesso, dopo un inizio stagione disastroso e una carica psicologica che inevitabilmente i risultati ottenuti non hanno prodotto. Il Tottenham a San Siro potrebbe essere l’incentivo che serve per la ripartenza, o al contrario abbattere ulteriormente i già inquietati animi in caso di sconfitta.
La falsa partenza in campionato ha generato vari malumori, due sconfitte in quattro partite, al fronte di un pareggio e una sola vittoria, contro il Bologna e fuori casa. Il terzo peggior inizio della storia nerazzurra, numeri che non lasciano presagire bene, ma ad onor di logica il tempo potrebbe ancora essere dalla parte di Spalletti e dei suoi uomini. Quarta giornata di campionato, metà settembre, gli 8 punti che separano dalla Juventus – incoscientemente – destano non troppe angosce. Ma sembrerebbe che gli uomini di Spalletti si siano dimenticati le priorità, ovvero quelle di fare bene sin dall’inizio senza rischiare di disseminare punti in giro per gli stadi d’Italia e il mea culpa di Spalletti, tanto quanto quello dei giocatori arrivato nel post partita del match con il Parma non rincuorano né appagano i tifosi che in vista di questa stagione hanno alzato l’asticella delle aspettative. Il tempo è denaro (basti guardare le scorse stagioni) e nel giorno in cui lo sprovveduto De Boer sconfisse i campioni d’Italia per 2-1 al Meazza con le reti di Icardi e Perisic, gli stessi sono chiamati a rispondere ad un appello che loro stessi desideravano da troppo tempo per cominciare a sopperire a tutto il tempo – e il denaro – perso a guardarsi indietro.
La prova del 9: Icardi, mademoiselle Europa
Tra i più forti centravanti d’Europa, Mauro Icardi, capitano nerazzurro esordirà oggi in Uefa Champions League. Se c’è qualcosa che manca al Capitano nerazzurro per essere un vero top player, quel qualcosa è proprio l’esperienza in ambito internazionale. Troppo a lungo tenuto ingiustamente fuori dalla nazionale argentina e una qualificazione in UCL che non si riusciva a conquistare quasi figlia di un sacrilegio, a 25 anni calcherà per la prima volta da quando è all’Inter i terreni di gioco oltre le Alpi riservati ai grandi, dovendo rispondere ad un appello al quale tutti vorrebbero poter rispondere e che lui in primis aveva milioni di volte desiderato pronunciare quel fantomatico “presente”. Ma in Europa la presenza fine a se stessa passa inosservata e questo il numero 9 argentino lo sa bene. La differenza tra l’esserci e non esserci la sanciscono i gol, gli stessi che il capitano nerazzurro non è ancora riuscito a segnare in questo inizio di stagione e che, per un bomber dalla media realizzativa come la sua, fa sussultare in tanti.
La devastante capacità di capitalizzazione nell’area piccola lo ha reso tra i più pericolosi nel suo ruolo, se non fosse che la mancanza di freddezza sotto porta che talvolta fa capolino lì quando non dovrebbe, penalizzano parecchio il rendimento finale del giocatore. Un esempio lampante ed eloquente potrebbe essere la collezione di fotogrammi di gol teoricamente fatti ma praticamente mancati; bruciano ancora tanto le non-reti contro il Milan o il Sassuolo nella passata stagione (per dirne alcuni). Persino contro il Parma le occasioni sprecate sono state parecchie e se all’indomani di Inter-Sassuolo (prima del miracolo di Matias) del capitano si parlava di classe sopraffina indiscutibile ma mal dosata e talvolta inquinata da cali improvvisi di freddezza o determinazione, ad oggi purtroppo non possiamo che confermare.
L’eccezione che conferma la regola potrebbe – ci auspichiamo lo sia – essere proprio la partita di stasera, dove a scendere in campo sono i veri grandi e non solo di stazza fisica. Dalla parte opposta all’argentino infatti, un altro classe ’93, che a differenza di Icardi ha avuto la fortuna di sciorinare le sue qualità ad un pubblico molto più ampio, complice il Mondiale al quale lui è stato convocato e protagonista. Parliamo di Herry Kane il centravanti che nel 2017 ha ricordato al mondo che esiste vita oltre Messi e CR7 collezionando 56 reti totalizzate nell’anno solare, miglior marcatore di Russia 2018 con 6 reti realizzate. Perisic and co non temono l’huracan di Pochettino, specie perché una vaga idea di come bloccarlo potrebbero avercela proprio i croati che lo hanno sfidato e battuto in semifinale di Russia 2018, durante la quale proprio il 44 nerazzurro ha giocato la miglior partita, se non della carriera, degli ultimi anni. Realizzando un gol e un assist e regalando di fatto la prima finale della storia alla Croazia.
Perisic e Icardi chiamati al dovere per ri-prendersi quel palcoscenico dal quale troppo tempo sono stati esiliati perché il tempo è galantuomo e talvolta sa rendere più di quanto tolto a patto però che venga onorato. Questa sera gli uomini di Spalletti hanno novanta minuti per onorare l’attesa di un sogno rimasto tale fin troppo a lungo e per riprendersi una rivincita lontana quasi sei anni.
Inter e Tottenham, uno contro uno per la quinta volta nella storia
Ripartire da dove ci si era interrotti, da quella notte al Meazza vissuta con il cuore in gola per 120 minuti lunghi e brevi allo stesso tempo conclusasi col peggiore dei rimpianti. Quando Antonio Cassano fece sognare San Siro facendo credere che l’impossibile fosse ancora possibile, a tanto così dalla qualificazione ai quarti di Europa League, con una sconfitta per 3-0 alle spalle e 4 gol da segnare per compiere un’impresa che sembrava perduta. Stramaccioni in panchina e Cassano che la apre, poi Palacio e un autogol di Gallas prima che Adebayor con un destro chiudesse il discorso. Inutile la disperata rete sul finire di Ricky Alvarez che fece emozionare il popolo nerazzurro che usciva dall’Europa con le lacrime agli occhi ma la testa alta. Tottenham e Inter non si incrociano da allora, presentandosi a questa prima partita di UCL 2018-19 con un perfetto equilibrio di risultati, 2 a testa le vittorie sui 4 incontri precedenti, e ancora una volta entrambe si ritrovano accomunate da un destino: cercare una scossa psicologica nel match che potrebbe e deve fare la differenza.
Il Tottenham reduce da due sconfitte consecutive infatti dal canto suo non sta vivendo un’ottimo avvio di stagione e la trasferta a Milano potrebbe essere uno spartiacque. Certo le assenze di Llorris, Dele Alli e Sissoko turbano un po’ le idee di Pochettino che come svelato ieri in conferenza stampa teme l’organizzazione di Spalletti. Gli Spurs tra l’altro, nei testa a testa con gli italiani non dispongono di una mole di ricordi positiva, motivo per il quale sia Pochettino che i suoi uomini tengono a non sfigurare e a complicare il cammino dei meneghini che inevitabilmente interseca il loro.
Non c’è più tempo quindi per piangersi, né da una parte né dall’altra del centrocampo e per l’Inter nella fattispecie guardarsi indietro a rimirar lo passo serve solo a riesumare mostri di cui ad oggi curarsi non serve affatto.
Non ti curar di loro ma guarda e passa. Time is over, l’attesa è finita,
Inter sei qui:
«Lèvati sù
… a riveder le stelle»
Egle Patanè
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