Emanuele Calaiò appende definitivamente le scarpette al chiodo e dice addio al calcio giocato.
Napoli non dimenticherà mai l’arciere che ha fatto sognare e gioire una città intera fino alla scalata della Serie A quando una tifoseria intera vide solo il baratro.
L’ex attaccante di Pescara, Napoli, Siena, Parma, e tante altre, ha annunciato l’addio al calcio giocato: lavorerà per la Salernitana come dirigente del settore giovanile giovanile.
Il compito di Emanuele sarà quello di osservare e individuare nuovi talenti. Giovani da scoprire e farli diventare dei campioni e magari attaccanti come lui. La sua carriera calcistica non è stata gloriosa, ma sicuramente il Robin Hood del calcio italiano ha lasciato bei ricordi nelle città in cui ha scoccato le sue frecce.
I motivi dell’addio
Emozionato ma convinto della decisione presa, Calaiò ha spiegato i motivi che lo hanno spinto a dire basta a campionato iniziato e senza aver raggiunto l’obiettivo dei 200 gol in carriera.
Dopo una carriera da 197 gol in 604 partite la soddisfazione più grande l’ha avuta con l’amore dei tifosi. Ma le belle favole a volte hanno un finale dolce-amaro, infatti Emanuele pone fine alla sua carriera con queste malinconiche parole :
“Ho sofferto tanto per la squalifica dell’anno scorso. Avrei potuto continuare, ma non c’è sempre il lieto fine. Dirigente della Salernitana? A gennaio faccio 38 anni, ho anticipato di qualche mese il mio ritiro perché mi è stato proposto un ruolo importante in società ed è quello che volevo fare in futuro, l’ho colto al volo. Restare a casa a girarmi i pollici non era il mio obiettivo. Sarò responsabile del settore giovanile“.
“Finisce un ciclo ma inizia un nuovo percorso; c’è dispiacere ma sono felice di quanto fatto nella mia carriera. In ogni città in cui ho giocato ho lasciato buoni ricordi. Ringrazio tutti, presidenti, allenatori e compagni di squadra in cui ho giocato”,
dice l’ormai l’ex calciatore 37enne. E i messaggi ricevuti in questi giorni, dall’uscita della notizia, non sono mancati. Calaiò ringrazia pubblicamente anche la famiglia:
“Non dimentico i sacrifici di mia moglie e dei miei figli che mi hanno seguito ovunque, quelli dei miei genitori che mi hanno sostenuto. Sono contento di questa scelta anche se mio padre Giovanni e mio figlio Jacopo sono dispiaciuti perché avrebbero voluto vedermi ancora in campo. Avrei potuto continuare per qualche mese, ma non sempre c’è il lieto fine nelle storie. Ora spero di poter dare nel mio nuovo incarico quello ho dato da calciatore”.
L’addio di Calaiò significa ripercorrere nostalgicamente certi episodi, tante emozioni, esultanze, è il momento dei ricordi di una lunga carriera, scandita da momenti belli ma anche da cancellare.
“I ricordi più belli sono i campionati vinti, e i gol che mi hanno emozionato. Il peggiore? La squalifica dello scorso anno. E’ stato il periodo più buio della mia carriera. Ho sofferto tanto. Il Napoli? Ci vivo ed ho trascorso momenti bellissimi, così come altrove”.
L’amore per Napoli non si dimentica e a volte addirittura si radica nel cuore, lo dimostra proprio il fatto che vive nella città azzurra che lo ha consacrato come colui che guidò il Napoli fino ad arrivare di nuovo all’ambita Serie A. Così infatti parla di Napoli e dei napoletani:
“Penso di aver fatto bene a Napoli. Abbiamo vinto due campionati, fatto tanti gol. Vuol dire che sono apprezzato come giocatore e come uomo. Napoli mi ha adottato. E’ da quando ho 17 anni, da quando mi sono fidanzato con mia moglie, napoletana, che vivo a Napoli. Adesso vivo qui, è casa mia. Mi fa piacere, ho fatto bene e quando per i napoletani, un giocatore del Napoli fa bene, viene portato in alto. Abbiamo vinto due campionati e riportato il Napoli dove merita”.
Si può definire Emanuele come il primo top player del nuovo corso azzurro, dell’era ADL.
Il Napoli lo acquistò dal Pescara, strappandolo alla concorrenza di Fiorentina, Parma e Roma, quel bomber di categoria superiore che serviva come il pane a un Napoli spaesato. Emanuele Calaió scese in Lega Pro per vestire l’azzurro e per realizzare un sogno, quello dei napoletani: voleva riportare in serie A la squadra del cuore della moglie (vomerese doc) e del primo figlio. E ci riuscì.
Ancora spunta un sorriso sul viso dei tifosi se si parla di lui: le corse sotto la curva per simulare lo scocco di quella freccia e le esultanze del “sì” con la testa, quelle son cose che non dimenticheremo mai. Dopo la parentesi da protagonista al Siena, a gennaio 2013, il ritorno a Napoli: non poteva rifiutare la chiamata azzurra. Un uomo che per questa squadra ha messo tutto se stesso, impegno, dedizione, cuore, valori che ci hanno portato fin qui, dove siamo, a livelli molto alti.
Grazie di tutto arciere.
Chi ama non dimentica.
Valentina Vittoria