Pocho, solo a dire questo nomignolo mi vengono i brividi.
Quanti ricordi affiorano alla mente dopo la tua decisione.
Pocho. Che poi ricordo che all’epoca nessuno sapeva cosa significasse ma nonostante ciò tutti ti chiamavano così, tutti ti idolatravano.
L’altro giorno hai dato la notizia di voler appendere gli scarpini al chiodo, di punto in bianco, e tutti i tifosi napoletani ancora non ci credono.
Si, lo so, non giochi sotto il Vesuvio da un bel po’ di anni ma il tuo addio al calcio giocato apre la chiusura del trio delle meraviglie, quella che noi tifosi speravamo arrivasse il più tardi possibile. Non so, forse per tenere ancora vivo un ricordo ormai lontano.
Dopo essere passato dal mare di Napoli alla Tour Eiffel parigina fino alla Muraglia cinese, a 34 anni decidi di smettere con lo sport della tua vita che non ti ha portato ad essere il migliore, vero, ma a essere uno di “quello amato dai tifosi“.
A Napoli lo sei ancora, anche se le nostre strade si sono divise da anni ormai ma mai perse di vista.
Non c’è tifoso azzurro che non ricordi la tua presentazione, assieme ad Hamsik, quel 16 luglio del 2007, in un Napoli neo promosso in Serie A. Due ragazzini arrivavano tra le contestazioni esterne generali. Tu con quel poco di pancetta e quel ciuffo davanti gli occhi. A stento reggevate quella maglia, come se non capiste il peso di essa.
E infatti entrambi ve ne siete resi conto dopo. Quella maglia è diventata la tua seconda pelle. E tu, il nostro pensiero fisso.
Quella maglia rappresentava una storia meravigliosa di una società, tra i suoi alti e bassi, ma soprattutto raccontava di noi tifosi. Da bravo argentino che si rispetti, qui a Napoli, ci hai fatto battere di nuovo i cuori e sognare intensamente: dai tuoi primi dribbling e dal tuo primo gol con questa maglia contro l’Udinese. Un amore così grande, un idolo in campo per i tifosi non c’era dai tempi di Maradona, diceva mio padre. Io Diego non l’ho vissuto, ma mi sento ugualmente fortunata a aver vissuto te.
Tu, Ezequiel Ivàn Lavezzi, ci avevi rubato “el corazòn” proprio come el D10S.
Eravamo pazzi di te, ti dedicammo pizze, canzoni, tatuaggi, adesivi e murales. E tu eri pazzo di noi.
Alla storia del Napoli passerà soprattutto questo: il tuo saper essere giocatore ma allo stesso tempo tifoso di questa squadra (ancora oggi), l’esserti immerso completamente nello strato sociale della tifoseria napoletana ed aver tirato fuori lo scugnizzo nascosto in te. I tuoi giri in motorino e quei rigori tirati con i ragazzini nei Quartieri Spagnoli. Probabilmente nessuno potrà mai capire questo legame viscerale.
Da ragazzino che sei arrivato te ne sei andato da uomo. Da sbarbatello con capelli lunghi, ad uomo con capelli sistemati, qualche capello bianco e la barba. Ti abbiamo cresciuto, ti abbiamo accolto e tu ci hai ripagato a suon di gol, riconoscimento ed amore.
Quando in campo c’eri tu era magia; assieme a Cavani e Hamsik, era spettacolo. Piroette, dribbling, tocchi di tacco e di spalla, gli assist, le accelerazioni imprendibili, i tuoi gol impossibili. Per noi eri il Pocho, ma anche Arsenico e champagne che “prima li stordisce e poi li stupisce”.
Per noi sei il mostro che fece una tripletta nella prima di Coppa Italia; sei quello che diede una pallonata ad Allegri in una partita contro il Cagliari e, nella stessa, sei anche colui che dopo essere stato espulso continuò a guardare la partita sotto il tunnel degli spogliatoi esultando al gol extratime.
Sei quello che si rifiutò di abbracciare i bianconeri in una partita, colui che salvava le partite all’ultimo minuto, colui che si inventò quel gol da terra contro il Milan.
Colui che ci fece sognare in Champions contro il Chelsea e Liverpool, e in Europa League insieme a quell’altro pazzo di Cavani. Sei colui che non smetteva di esultare e urlare dopo la vittoria della Coppa Italia.
Sei quello che amava vivere a Napoli, farsi i giri in motorino con Navarro, andare in barca vicino ai Faraglioni di Capri; sei quello che, una volta nel PSG, ha salutato il pubblico in lacrime per il ritorno da ex, sei colui che a Parigi si faceva le foto sotto i ristoranti napoletani e che negli allenamenti in Cina indossava pantaloncini azzurri.
A Napoli saranno passati grandi come Hamsik, Oro colato, il più longevo, Capitano eterno; Cavani, il Matador l’extratterestre; Higuain, che detiene il record assoluto da capocannoniere della storia della Serie A; Maggio, il superbike che sulla fascia seminava tutti.
Ma tu.. tu sei probabilmente di più.
E’ un legame, è un amore che non si può spiegare. Il nostro, tra te e noi tifosi, è un qualcosa che va oltre il calcio e che non si può spiegare a parole, è un qualcosa di viscerale, un amore a prima vista e un amore che non è mai finito.
Tu in campo ti divertivi e ci divertivi. Hai folgorato tutti i tifosi azzurri, compresa me. La tua fu la prima maglia del Napoli che chiesi a mio padre e anche se in seguito ne ho avute altre, la tua resta LA MAGLIA, quella che ha fatto la storia del nuovo corso del Napoli, quella che indosso ancora per andare allo stadio anche se è “vecchia” e ha sulle spalle il nome di un giocatore non più del Napoli.
Grazie di tutto Pocho, per i sorrisi, le esultanze, il tuo essere ribelle, il tuo amore.
Valentina Vittoria