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La triste storia di Willy Monteiro Duarte: lo sdegno di una nazione e della Roma che lui amava tanto

La morte del giovane Willy Monteiro Duarte nel ricordo della AS Roma

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Il giovane Willy Monteiro,  massacrato a Colleferro dal branco, sognava la Roma. La Società lo ha ricordato in un commovente tweet.

 

Troppo dolore aleggia ancora all’indomani del brutale omicidio, avvenuto a Colleferro, del ventunenne Willy Monteiro Duarte, aggredito a morte da quattro giovani, subito dopo identificati e posti in stato di fermo.

Omicidio preterintenzionale, sulle prime: ma il tutto è in itinere, specie se verranno resi noti gli scenari che hanno portato a questa vile e brutale aggressione ai danni del giovane, intervenuto durante una rissa per difendere un amico.

Lui, giovane di grandi promesse, tifoso della Roma, tifoso del giallorosso per eccellenza, idolo Francesco Totti, calciatore in forza al Paliano, grande lavoratore, aspirante cuoco.

Ecco chi era Willy. Un ragazzo come tanti, con i sogni che hanno tutti quelli della sua età, con la faccia pulita e le mani che sanno cogliere la fatica del lavoro ma anche la bellezza di una passione, come può essere quella del calcio.

Tanti sogni, tante speranze, tanta vita davanti: tutta la vita davanti per Willy, che invece la vita l’ha persa per la violentissima aggressione da parte di quattro giovani per i quali evidentemente la vita deve avere pochissimo valore, specie se è quella degli altri.

Un episodio triste e gravissimo, che ha innescato in una marea di gente, l’indignazione e la rabbia, sfogata anche e soprattutto sui social, contro i quattro aggressori.

Alla rabbia e all’indignazione si è aggiunto il cordoglio sincero di tantissimi.

Tra questi la stessa AS Roma, squadra del cuore di Willy e suo sogno mai nascosto di indossarne la gloriosa maglia, che ha espresso rabbia e commozione attraverso un tweet condiviso da oltre duemila utenti.

 

Anche la Lega Nazionale dilettanti ha espresso il suo cordoglio per la morte del giovane. Era uno di loro… Col pallone nel cuore.

 

Messaggi accompagnati dalla foto di Willy, col suo sorriso pieno di vita, col viso pulito di chi sa che, anche con quel sorriso stampato in faccia, avrebbe potuto conquistare il mondo.

Troppa rabbia, troppa tristezza, troppe polemiche che hanno altresì sporcato questa già orrida vicenda.

Polemiche di chiaro sfondo razzista, becere come sempre; polemiche sui quattro giovani, accusati di usare in maniera errata le regole della cosiddetta MMA (in inglese mixed martial arts, in acronimo MMA).

Con MMA si indica uno sport da combattimento a contatto pieno il cui regolamento consente l’utilizzo di tutte le tecniche sportive delle arti marziali (muay thai, judo) e degli sport di combattimento (lotta libera, grappling, pugilato, kickboxing).

Una disciplina come un’altra, certo, circoscritta a tale negli ambienti preposti e non certo utilizzata per sopraffare l’altro o incutere paura.

Ecco, la polemica generalizzata su chi pratica questa disciplina è stata furente, quando ben si sa che è il cattivo uso che si fa di ciò che si possiede, anche se questi giovani, col culto esclusivo del corpo e dell’ego, sono riusciti ad infangare anche la suddetta disciplina sportiva, dopo averla utilizzata nel peggiore dei modi con un giovane indifeso.

Tutto però è diventato sterile.

Ora è tutto troppo straziante, troppo inaudito, troppo indigeribile. Tutta questa violenza gratuita, scatenata dal branco sul singolo, fa male alla società cosiddetta “civile”, che di civile sembra invece non avere quasi più nulla.

Ci è rimasta la voglia di giustizia, di legalità? Ci sono rimasti i valori del rispetto dell’altro, della sacralità della vita o dovremmo solo limitarci a commemorare Willy ogni anno e aver paura che altri dieci, cento o mille Willy muoiano per la cieca violenza di altri?

Simona Cannaò

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