Cosa sta succedendo in casa Milan? Facciamo un punto della situazione insieme ad Enrico Flavio Giangreco, giornalista economico, consulente ed esperto di Management dello Sport.
A un anno dal passaggio di società dal gruppo Fininvest al Gruppo finanziario capeggiato da Yonghong Li, il Milan rischia severissime sanzioni da parte della UEFA, tra cui l’esclusione dalle competizioni europee per mancanza di “garanzie” finanziare.
La possibilità che la UEFA viri verso l’estrema sanzione sembra essere, negli ultimi giorni, più concreta che mai, specie da quando il New York Times ha rincarato la dose di pessimismo in tal senso.
Nel progetto presentato dal Milan (vedi sotto ndr), la UEFA ha individuato dei punti di debolezza in merito al rifinanziamento della società in ottica futura, oltre che presente. Per evitare la peggiore delle sanzioni, ovvero l’esclusione da tutte le competizioni europee, il Milan dovrebbe fornire delle garanzie relative al rimborso del prestito al Fondo Elliott.
Cosa sta succedendo in casa Milan?
Ripercorriamo le tappe
Lo scorso anno la società Milan è stata ceduta da parte del gruppo imprenditoriale Fininvest ad una “cordata” cinese facente capo a Yonghong Li. Come spesso accade, l’attore economico in questione (Yonghong Li ndr) non disponendo della liquidità necessaria per l’acquisto dei titoli, ha cercato un supporto economico-finanziario “terzo”, avvalendosi di un player finanziario che supportasse l’operazione.
Il player finanziario in questione è stato individuato nel Fondo Elliott, ovvero un fondo economico dal quale sono stati ottenuti 303 mln di euro necessari all’acquisto dei titoli societari. Denaro, naturalmente, da rimborsare e, cavillo non indifferente, prestito concesso a patto che i conti del Milan fossero sempre in positivo.
E’ chiaro che, dovendosi avvalere di un prestito, alla base ci sia stata una necessità significativa di mezzi finanziari. Ne deriva che, attualmente, l’estinzione del debito (della società nei confronti di Elliott) possa adempiersi soltanto tramite un rifinanziamento mediante il possibile subentro di nuovi attori economici che possano, tramite ulteriori prestiti e quindi immissione di liquidità a beneficio di Yonghong Li, finanziare l’operazione di rimborso, permettendo dunque la continuità progettuale societaria. Continuità progettuale attualmente non garantita dalle condizioni in essere.
La richiesta di voluntary agreement era già stata negata
Al momento del cambio di proprietà, la società Milan disponeva di una situazione di bilancio in negativo in termini di utili, il che comportò un forzato e inevitabile tentativo di compromesso da attuare con la UEFA: il cosiddetto voluntary agreement.
Cos’è il voluntary agreement?
E’ un accordo secondo il quale la società, mediante un dettagliato piano di intervento, il cosiddetto bilancio di previsione, esplica per iscritto le modalità con le quali nel corso degli anni si impegna a risanare una situazione di deficit nel rispetto dei paletti imposti dal FFP, garantendo quindi un pareggio di bilancio.
La proposta di voluntary avanzata lo scorso dicembre (poiché secondo le regole dettate dalla UEFA tutte le proposte di voluntary agreement devono essere effettuate entro il 31 dicembre) dal club rossonero non era stata accettata dalla UEFA.
Quali sono i motivi per i quali la UEFA non ha accolto la richiesta di voluntary agreement?
Le motivazioni certe non possiamo saperle, si può altresì supporre che le previsioni stimate dalla società rossonera e avanzate alla UEFA siano state eccessivamente ottimistiche. Una delle stime avanzate nel dossier presentato dalla società rossonera era la possibilità di maturare un fatturato di circa 90 mln di euro grazie ad operazioni di merchandising e partnership in Cina. Codeste stime però, passate al vaglio del CFBC, non sono state ritenute “valide” al punto da risultare una garanzia solida sulla quale poter fare affidamento.
Rifiutata dunque, da parte della UEFA, la richiesta di voluntary, si è ripiegati verso la richiesta di ammissione al seattlement agreement, provvedimento, utilizzato già in passato con altre società calcistiche quali PSG, Manchester City, Inter, Roma, Galatasaray…
E’ necessario fare inoltre un appunto circa la differenza tra “Voluntary” e “Seattlement” agreement.
Il primo è una proposta di accordo avanzata dai Club, il secondo al contrario è un accorto “transattivo” proposto dalla UEFA. L’obiettivo principale che giace alla base di tali accordi è quello del pareggio di bilancio.
Che cos’è il seattlement agreement?
Il seattlement è un compromesso, o una soluzione che dir si voglia, avanzato dalla UEFA che permette sì ai Club di continuare la loro perdurata nonostante un periodo di crisi, ma che al contempo impone delle contromisure restrittive, calibrate in relazione alle condizioni economiche di partenza, alle quali i Club devono sottostare. Si tratta di un accordo più stringente e vincolante rispetto al voluntary, le sanzioni alle quali si ricorre possono essere di diversa entità: dalla restrizione della rosa, alla più estrema quale l’esclusione dalle competizioni europee.
La situazione attuale
Il fondo Elliott, che aveva stabilito come data finale per il rimborso ottobre 2018, inizia a fremere, anticipando i termini “di rottura”. Mister Li deve infatti versare nelle casse di Elliott 10 milioni entro lunedì prossimo, in caso contrario il fondo americano, così come si legge sulle pagine di Calcio e Finanza, procederà ad esercitare il diritto di surroga esplicato nel verbale dell’ultima assemblea dei soci.
Già nei giorni scorsi si era accennato all’opzione di esclusione dalle competizioni europee malgrado non ci fosse stata una dichiarazione definitiva tantomeno certa da parte della UEFA, che sta valutando tutte le possibili soluzioni del caso e che rimanda al 7 giugno la sentenza definitiva affidata all’Adjudicatory Chamber, camera giudicante della UEFA.
Perché è necessario raggiungere un pareggio di bilancio?
Dal mecenatismo all’aziendalismo
E’ doveroso premettere che negli ultimi anni si è assistito ad un mutamento del panorama calcistico mondiale rispetto al passato, anche quello più recente: si è passati da una gestione “famigliare” ad una struttura aziendalista.
Questo nuovo assetto implica degli inevitabili accorgimenti a livello economico-finanziario, ovvero: a livello aziendale un’impresa può dirsi economicamente attiva quando gli introiti sono superiori o uguali ai costi sostenuti (l’emissione di capitale in uscita non deve superare il capitale in entrata).
In caso contrario, è superfluo sottolineare che, si incapperebbe in una situazione di perdita che, se nel corso del tempo non dovesse essere ridotta ed estinta, potrebbe inevitabilmente portare ad un crack, quindi al fallimento.
Da qui nasce l’esigenza da parte della UEFA di istituire una serie di norme, quindi di organi di supervisione competenti, che possano limitare ed evitare simili situazioni.
Articolo a cura di Egle Patanè con l’ausilio di Enrico Flavio Giangreco
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